Mobotix acquisisce Vaxtor Group

Mobotix rafforza il proprio business con l’acquisizione di Vaxtor Group, multinazionale spagnola specializzata in soluzioni di analisi video basate su intelligenza artificiale (AI), riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) e Deep Learning.
Vaxtor è conosciuta per la propria tecnologia di analisi OCR, e in particolare per il riconoscimento automatico delle targhe (ALPR).
Una tecnologia che, se usata in combinazione con telecamere di nuova generazione, consente di leggere in modo automatizzato lettere, numeri o qualsiasi altro dato rilevabile, con la possibilità di registrare ed elaborare tali informazioni in modo veloce.

Grazie a questa acquisizione, Mobitix può offrire soluzioni e applicazioni rivolte in particolar modo ai settori della pubblica amministrazione, del commercio al dettaglio e dei trasporti, ma anche a quelli della logistica e della produzione per il tracciamento di container, veicoli o aerei cargo.

“Questa acquisizione permette di ampliare le nostre capacità di sviluppo in ambito di intelligenza artificiale e Deep Learning e, pur mantenendo Vaxtor una propria indipendenza, le sinergie commerciali e di sviluppo apporteranno vantaggi significativi per entrambe le parti” ha sottolineato Thomas Lausten, CEO di Mobotix. Dello stesso avviso Juan Vercher, CEO e fondatore di Vaxtor che ha evidenziato come la collaborazione strategica tra le due realtà permetterà di offrire soluzioni sempre più innovative

Integrazione tecnologica con Vaxtor

Da un punto di vista tecnologico l’offerta che ne deriva è sicuramente già ad uno stadio avanzato: le soluzioni Vaxtor sono state da tempo studiate per integrarsi perfettamente nella piattaforma di telecamere ad alte prestazioni Mobotix 7 e le App di analisi video offrono l’ulteriore vantaggio competitivo di poter essere sfruttate in modo decentralizzato a bordo della telecamera, eliminando la necessità di un costoso hardware periferico.
Tra i prossimi step è prevista l’integrazione nel software di gestione video Mobotix Hub.

Tecnologie smart city per transizione ecologica ed economia circolare

Che ruolo hanno le tecnologie smart city negli obiettivi ambientali della transizione ecologica e del PNRR? Perché il futuro delle città intelligenti dipende (molto) dalla sostenibilità che si riesce a ottenere? I centri urbani sono il cuore pulsante del cambiamento verso nuovi modelli socio-economici. Il motivo è principalmente statistico: il 78% dei cittadini europei vive nelle città e l’85% del Pil globale viene da queste aree. La rivoluzione green & digital, dunque, non può che partire da qui: dall’efficientamento degli edifici, dei trasporti, dell’industria e dei servizi alle persone.

C’è anche un dato economico, confermato dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano. Nel 2020, in piena pandemia, il mercato italiano della smart city valeva 560 milioni di euro, in crescita dell’8% sull’anno precedente. Oggi, le risorse del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) aprono una nuova stagione di questo percorso, dove le città si fanno epicentro della transizione ecologica e leva di ripartenza per l’intero sistema Paese.

Cosa significa transizione ecologica

Il termine transizione ecologica sottende l’idea di un passaggio da un sistema produttivo ed economico intensivo a un modello fondato sulla sostenibilità ambientale, sociale e finanziaria. Gli obiettivi che la maggior parte delle nazioni si è data per questo cambiamento epocale risalgono all’Accordo di Parigi del 2015. I firmatari si sono impegnati in quest’ambito a contenere l’aumento della temperatura media del pianeta a 1,5 °C per rallentare gli effetti dei cambiamenti climatici. L’Unione Europea, del resto, ha più volte dimostrato l’intenzione di giocare un ruolo chiave in questa partita, attraverso strumenti e strategie ben definite. Si va dal Green Deal al pacchetto Fit to 55%, fino alla Renewable Energy Directive, spingendo verso il Net Zero by 2050 (azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050).

La proposta Ue per la transizione ecologica si articola nelle seguenti direttrici:

A disposizione di aziende e amministrazioni pubbliche, stanziamenti pari a mille miliardi di euro nell’arco del prossimo decennio.

PNRR e transizione ecologica: il ruolo delle rinnovabili è importante

Tecnologie smart city, sostenibilità e PNRR

In accordo con gli obiettivi dell’Unione europea, il Governo italiano ha approvato ormai un anno fa il PNRR. Il documento nasce all’interno del programma Next Generation EU per la ripresa post pandemia, che impone agli stati membri di destinare il 37% dei fondi contemplati dai rispettivi piani nazionali a progetti di transizione ecologica. Quest’ultima, a sua volta, dovrà essere supportata da una transizione digitale, che occupa il 20% delle risorse del PNRR.

Le sei missioni del PNRR

In particolare, il percorso della ripresa italiana si snoda lungo 6 aree di intervento, definite missioni:

Alla seconda voce, quella della transizione verde, sono dedicati 68,9 miliardi di euro sui 210 miliardi totali.

Il peso della rivoluzione verde

“Intervenire per ridurre le emissioni inquinanti, prevenire e contrastare il dissesto del territorio, minimizzare l’impatto delle attività produttive sull’ambiente è necessario per migliorare la qualità della vita e la sicurezza ambientale – si legge nel PNRR -. Oltre che per lasciare un Paese più verde e un’economia più sostenibile alle generazioni future”.

Come passare dalle parole ai fatti? Trattandosi di soldi in arrivo dall’Ue, il PNRR ha dovuto esplicitare con precisione i capitoli della spesa green. La Missione 2 (M2) inerente la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” comprende: interventi per agricoltura sostenibile e gestione dei rifiuti; programmi di ricerca per le rinnovabili; investimenti per lo sviluppo delle filiere industriali della transizione ecologica e sostegno alla mobilità sostenibile. Altrettanto importante, l’efficientamento degli edifici pubblici e del parco immobiliare privato.

Focus sulle rinnovabili

All’interno della M2 spicca soprattutto il tema dell’energia pulita. La Componente “Energia rinnovabile, idrogeno, rete e transizione energetica e mobilità sostenibile”, vede uno stanziamento di oltre 23 miliardi di euro per accelerare la decarbonizzazione italiana. Il tutto attraverso l’aumento della quota di produzione di energia da fonti rinnovabili, il potenziamento delle infrastrutture di rete e la promozione dell’idrogeno.

Sull’energia green, serve soprattutto sviluppare nuovi impianti (anche off-shore) e “riaccendere” quelli esistenti. Ma il PNRR punta anche alla diffusione delle comunità energetiche e dell’autoconsumo collettivo, accompagnati dalle smart grid e dalla contestuale ottimizzazione infrastrutturale della rete.

Economia circolare: a che punto siamo

Le città intelligenti e la transizione green sono sempre più spesso associate a un terzo aspetto dello sviluppo sostenibile: l’economia circolare. Intesa come uso condiviso, attitudine alla cura, riutilizzo e manutenzione. Ovvero recupero, conservazione, riduzione degli sprechi, estensione del ciclo di vita dei prodotti e remanufacturing. Come tradurre tutto questo nel contesto economico italiano?

Economia circolare: la sua importanza e i problemi del PNRR

Non fermiamoci ai rifiuti

Parlare di circular economy significa definire una strategia di filiera. Questo perché il riciclo dei materiali a fine vita (valorizzazione energetica compresa) è solo la parte finale di un modello di crescita rigenerativa da rifondare. Dove conta soprattutto favorire una visione trasversale che interconnetta tutti i player coinvolti verso un nuovo paradigma industriale e sociale.

Insomma, bisogna mantenere i prodotti il più a lungo possibile nel circuito attraverso l’estensione della loro vita. La svolta si avrà solo quando le tante “R” dell’economia circolare, in primis i concetti di riuso e rilavorazione, prenderanno il sopravvento negli investimenti sostenibili, scardinando i sistemi di economia lineare. Perché andare in questa direzione? Il problema riguarda soprattutto la scarsità delle risorse del pianeta, l’incompatibilità tra crescita della domanda di beni e servizi e capacità di soddisfarla e, certamente, l’incontrollabile produzione di rifiuti.

L’economia circolare del PNRR non basta

Al di là del cambiamento “culturale”, il potenziale dell’economia circolare in Italia è grande. Secondo il Circular Economy Report 2021 dell’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano, 1 azienda su 2 sta guardando concretamente a questo tipo di investimento, mentre cala la percentuale dei totalmente diffidenti. Crescono gli imprenditori interessati a pratiche manageriali circolari ma c’è ancora confusione metodologica e strategica sugli ambiti di intervento.

La questione è anche di tipo istituzionale: il principale sostegno viene ancora una volta dalla Missione 2 del PNRR. Le risorse ammontano a 5,27 miliardi di euro, dei quali 2,8 sono riservati alla sostenibilità della filiera alimentare. 1,5 miliardi di euro di quanto rimane andranno alla realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e all’ammodernamento di quelli esistenti. In sostanza, si torna a “svilire” il concetto di economia circolare nella sua ampia caratterizzazione di economia del riciclo. Segnali positivi si intravedono tuttavia nelle previsioni di riforma del PNRR, che dovrebbero integrare i concetti di ecodesign, ecoprodotti, blue economy, bioeconomia e materie prime critiche.

Perché unire sostenibilità e smart city

Il rapido excursus sull’economia circolare ci riconduce al tema centrale del nostro approfondimento: la digitalizzazione al servizio della transizione ecologica. Due sfide interconnesse la cui componente più affascinante e difficile riguarda proprio lo sviluppo delle smart city.

Attualmente, infatti, le città coprono circa il 3% della superficie terrestre ma generano il 70% delle emissioni mondiali di CO2. Lo dice il rapporto Net Zero Carbon Cities – Systemic Efficiency Initiative di Enel, Schneider Electric e World Economic Forum, sottolineando anche che i centri abitati consumano il 78% dell’energia primaria globale. Uno squilibrio destinato a peggiorare, se consideriamo che oggi il 54% della popolazione mondiale si concentra nelle città, ma entro il 2050 potremmo arrivare al 68%.

Tecnologie smart city: tutte le applicazioni possibili

Le 6 caratteristiche di una città intelligente

La smart city è frutto di due processi evolutivi: i servizi pubblici e l’attività privata. I due ambiti interagiscono in modo sempre più rapido ed efficace grazie all’impiego delle nuove tecnologie della comunicazione, della mobilità, dell’ambiente e dell’efficienza energetica.

Nel complesso, una vera città intelligente si fonda sui seguenti punti:

Tecnologie smart city: quali sono e cosa fanno

Eccoci alle tecnologie abilitanti delle città del futuro. Qui, l’intelligenza è data da un insieme di servizi, politiche e progetti che, nel complesso, la rendono più sostenibile, efficiente e sicura. Le fondamenta tecnologiche stanno nelle reti in banda larga, con fibra ottica e 5G, che permettono di gestire gli enormi flussi digitali che caratterizzano le città intelligenti. Connessioni ulteriormente alimentate dall’IoT (Internet of Things), ovvero dalla capacità degli oggetti di essere riconoscibili digitalmente, di comunicare dati su sé stessi e di accedere a informazioni aggregate.

Questa architettura genera le principali applicazioni delle smart city: dalla gestione dei rifiuti ai lampioni intelligenti, dai semafori agli smart parking, dalla sicurezza dei cittadini (es. videosorveglianza) al monitoraggio delle reti energetiche e idriche. Ma le città sono fatte soprattutto di edifici: ecco gli smart building, in ambito domestico e nel terziario. Completa l’opera della transizione ecologica e delle tecnologie smart city il grande tassello dell’Industria 4.0.

L’ascesa del 5G

Gli innumerevoli componenti di una smart city hanno sostanzialmente due modi per comunicare. Mediante una connessione fisica (cavo di rete) oppure utilizzando uno standard di trasmissione wireless. Quest’ultimo diventerà preponderante, considerata la diffusione esponenziale dei dispositivi mobili o comunque privi di connettività fisica. Quanto allo standard wireless più adatto per garantire velocità e capienza di trasmissione al tempo delle smart city, la risposta è nel 5G. La rete 5G, unita alla sensoristica, permetterà maggiori capillarità, efficienza e affidabilità nella raccolta dei dati.

A che punto siamo? Secondo un recente report di EY la crescita del 5G tra la fine del 2020 e i primi mesi del 2021 viene principalmente delle offerte commerciali. La copertura 5G della popolazione italiana con almeno tre operatori ha raggiunto il 20%, raddoppiando in un anno, mentre uno degli operatori ha già raggiunto il 91% con l’infrastruttura “5G ready”. Nel leggere questi dati bisogna però considerare che l’insieme delle infrastrutture digitali include anche cloud computing, reti IoT e sensoristica, ambiti che necessitano di ulteriori sviluppi.

Rete 5G come tecnologia abilitante delle città intelligenti

Tecnologie smart city: l’importanza dei dati

Per essere intelligente, fornire servizi efficienti e gestire le infrastrutture, una città deve essere in grado di valutare necessità reali, dando risposte concrete. Ecco perché il successo di una smart city è collegato alla sua capacità di sfruttare i dati raccolti sul campo. Attuare un approccio data driven, significa infatti estendere l’analisi delle informazioni a situazioni più complesse.

La raccolta dei dati può esser eseguita in moltissimi modi, ad esempio installando sensori sui lampioni e in corrispondenza delle infrastrutture urbane o negli edifici, ma ogni oggetto connesso rappresenta una potenziale fonte. Solo immaginando una rete di sensoristica che copre l’intera città, è possibile ragionare concretamente sulla gestione del centro urbano. Si riesce per esempio a intervenire subito in caso di anomalie, ma anche a prevenire guasti o danni grazie a una manutenzione ordinaria mirata. Altri fattori monitorabili sono l’inquinamento atmosferico e acustico, le abitudini dei cittadini in termini di mobilità e di fruizione del tempo libero.

Esempi di smart city nel mondo e in Italia

Le tecnologie smart city vi sembrano ancora lontane? Basta guardarsi intorno: i casi virtuosi non mancano, nelle città di tutto il mondo. Londra, per esempio, dispone di un “Office of Technology and Innovation” destinato agli sviluppi tecnologici digitali. La capitale inglese sta infatti lavorando su assistenza sanitaria, Big Data, trasporti, connettività, cybersecurity ed energia connessa. Anche Amsterdam ha fatto notevoli passi avanti grazie a una partnership pubblico-privata che si occupa di città digitale, risparmio energetico, mobilità, economia circolare e servizi ai cittadini. Sempre in Europa, Barcellona si è concentrata soprattutto sulla copertura Wi-Fi gratuita. Ma anche sulle applicazioni IoT per ridurre i costi energetici e accrescere la sicurezza stradale. Interessante l’attività di Singapore, che con il programma “Smart Nation” sta installando sensori in tutta la città per acquisire informazioni sulla vivibilità locale.

Sul fronte nazionale primeggia Torino, segnalata dall’Università di Harvard come modello italiano per la smart city. Complici di questo risultato soprattutto il Polo nazionale della mobilità sostenibile e della manifattura, un centro di ricerca con focus su e-mobility e l’Intelligenza Artificiale. Roma, invece, ha scelto di intervenire sul suo problema più grande: il traffico. Lo sta facendo con specifici progetti dedicati a smart parking, trasporto pubblico e attraversamenti pedonali. La nostra carrellata si conclude con Milano e il suo “Smart City Lab”. Un incubatore dedicato alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie smart city e soluzioni per la metropoli del futuro.

Report e-mobility: la filiera si muove, ma con diverse velocità

Il report “E-mobility Industry survey – La transizione della filiera della mobilità e il ruolo delle politiche industriali”, realizzato da Motus-E, ANFIA, ANIE Federazione, ANCMA e dall’Università di Ferrara, ha visto l’intervento di 122 imprese che operano sia nella filiera della mobilità tradizionale che in quella elettrica, con l’obiettivo di dare una prima evidenza dello stato della transizione industriale: dai costruttori di veicoli finiti (24% del campione), ai vari livelli di fornitura, compresi i fornitori di servizi, che rappresentano, ormai, il 25% del totale.

I numeri del report e-mobility

I numeri parlano chiaro: per ben il 65% degli operatori della componentistica, la mobilità elettrica al momento non rappresenta una priorità.

Al contrario, il 40% degli OEM sta lavorando per specializzarsi anche in questo ambito.

Interessante anche il tema della formazione, presente anch’esso nel report: quasi la totalità dei costruttori di veicoli finiti (il 94%, per la precisione) sta già investendo in questa direzione.

Nel complesso, l’indagine è utile per quantificare l’effettiva portata delle trasformazioni in corso e delle opportunità e criticità ad esse connesse, grazie a un’importante base di analisi da cui poter partire per affrontare i nodi che affliggono il sistema industriale italiano – come i rapporti con la pubblica amministrazione e i suoi finanziamenti, i rapporti con il sistema nazionale dell’istruzione e della formazione professionale – provando ad identificare soluzioni singole o coordinate per orientare rapidamente le nuove traiettorie di sviluppo.

Il report offre dunque una fotografia articolata ed eterogenea, che mostra quanto sia complesso il “nuovo” settore dell’e-mobility e la relativa transizione dalla “vecchia” mobilità.

Nell’indagine sono presenti infine le priorità delle aziende, ma anche le diverse velocità di risposta alla sfida industriale e culturale dell’elettrificazione della mobilità all’interno della filiera.

Superbonus, il bilancio alla fine del 2021

Il termine dell’anno rappresenta un’occasione naturale per fare dei bilanci e la cosa vale anche per il Superbonus. Tanto più che a facilitare il compito ci sono i dati forniti da ENEA che da qualche mese ha deciso di monitorare attentamente l’andamento della maxi agevolazione. Questo significa la quantificazione dell’ammontare economico dei lavori, la ripartizione per tipologia di immobile degli interventi effettuati nonché l’individuazione della loro dislocazione sul territorio nazionale.

Da pochi giorni sul sito ENEA sono quindi disponibili tutti i dati più significativi relativi all’andamento del Superbonus alla fine del 2021, numeri che fra l’altro evidenziano l’accelerazione dei relativi lavori nella parte conclusiva dell’anno scorso. Al 31 dicembre il totale degli investimenti che sono stati ammessi a detrazione ha raggiunto i 16 miliardi e 204 milioni di euro (contro i 5 miliardi e 685 milioni di euro al 31 agosto), mentre ragionando in termini di lavori già ultimati (il 69%) , il totale degli investimenti ammessi a detrazione risulta pari a 11 miliardi e 181 milioni di euro (3 miliardi e 910 milioni di euro al 31 agosto).

Dati superbonus al 31 dicembre 2021

Dati superbonus al 31 dicembre 2021suddivisi per tipologia di abitazione

Quasi centomila asseverazioni presentate

Se si guarda al numero di asseverazioni che sono state presentate, il totale nazionale è di 95.718 con la quota maggiore che riguarda gli edifici unifamiliari sebbene il corrispettivo economico prevalente spetti invece ai condomini. Infatti, le 14.330 asseverazioni presentate per quest’ultimi corrispondono ad un totale di 7 miliardi e 758 milioni di investimenti (4 miliardi e 894 milioni se si considerano i lavori già realizzati).

Le asseverazioni presentate per gli edifici unifamiliari sono state invece 49.944 per un corrispettivo di 5 miliardi e 424 milioni di investimenti ammessi a detrazione (4 miliardi e 21 milioni il corrispettivo dei lavori già realizzati). Nel computo vanno poi inserite le asseverazioni relative alle unità immobiliari funzionalmente indipendenti, che sono state 31.441 per un controvalore di 3 miliardi e 20 milioni di investimenti ammessi a detrazione (2 miliardi e 264 milioni il corrispettivo dei lavori già realizzati).

Fra i dati forniti da ENEA c’è anche la rilevazione riguardante la media dei singoli investimenti in regime di Superbonus a seconda della tipologia di abitazione. L’importo maggiore è comprensibilmente relativo ai condomini, con una media di 541.405 euro per intervento, cifra che scende a 108.602 euro per gli edifici unifamiliari mentre l’importo medio dei lavori compiuti sulle unità immobiliari indipendenti è di 96.076 euro.

Dati regionali Superbonus al 31 dicembre 2021

Dati Superbonus al 31 dicembre 2021 suddivisi per regione

Lombardia e Veneto le regioni leader

Non manca un approfondimento geografico, con tutti i dati sopra citati che vengono specificati per ciascuna regione. Al riguardo, la prima considerazione riguarda la prevalenza, in termini assoluti, del Nord Italia nel ricorso al Superbonus, peraltro giustificata dalla presenza del maggior numero di edifici e di abitanti. Ciò non toglie che il ricorso alla maxi agevolazione fiscale risulta essere abbastanza diffuso anche sul resto del territorio nazionale.

Nello specifico, la regione che al 31 dicembre 2021 risulta avere il maggior numero di asseverazioni depositate è la Lombardia (14.385) seguita dal Veneto (12.646), dal Lazio (8.257) e dall’Emilia Romagna (8.204). Fra le regioni meridionali quella con il maggior numero di asseverazioni depositate è la Sicilia (6.307) che precede la Campania (5.488).

La leadership della Lombardia resta anche andando a considerare il valore degli investimenti ammessi a detrazione (2 miliardi e 622 milioni di euro), seguita dal Veneto (1 miliardo e 676 milioni) e dal Lazio (1 miliardo e 457 milioni). Nel Meridione il corrispettivo maggiore degli investimenti ammessi a detrazione riguarda invece la Campania (1 miliardo e 171 milioni di euro) seguita dalla Sicilia (1 miliardo e 48 milioni).

Luce artificiale come quella naturale?

Illuminare un ambiente interno non significa semplicemente posizionare sorgenti di luce artificiale per poterci vivere o lavorare. L’ormai diffuso concetto di Human Centric Lighting, infatti, ha radicalmente spostato l’attenzione sugli effetti che la luce può avere sulla vita delle persone.

Qui, entrano in gioco aspetti come il ritmo biologico, la salute e la sfera emotiva degli individui, concatenati e influenzati dal contesto di riferimento. Quanto c’entra l’illuminazione? Molto, se consideriamo che il nostro ciclo vitale segue il naturale cambiamento della luce nel corso delle giornate e delle stagioni. Ecco perché avvicinare la scelta delle soluzioni di lighting alla possibilità di riprodurre i benefici della luce naturale può davvero cambiare – in meglio – il vivere domestico.

Luce artificiale in home office con la linea Sun@Home

Luce artificiale a misura d’uomo (e di smart worker)

La tecnologia c’è, ed è pronta a supportare la nuova idea di casa Human Centric Lighting. I LED a spettro completo SunLike della famiglia di lampade Sun@Home forniscono qualità della luce e migliore resa cromatica in termini di naturalezza e comfort. Inoltre, adattandosi automaticamente al corso della giornata, sostengono idealmente il ritmo biologico umano.

La proposta Ledvance si rivolge a tutti gli abitanti della casa, garantendo concentrazione ed energia nelle attività diurne e un adeguato riposo durante la notte. La gamma comprende infatti 19 prodotti: dalle soluzioni per l’home office (da tavolo, da terra e per monitor) all’illuminazione d’atmosfera, fino agli apparecchi da parete, da incasso e a soffitto. Aumenta il benessere psico-fisico, aumentano le prestazioni in ogni ambito, smart working, compiti del semplice relax sul divano.

Come funzionano le lampade Sun@Home

Sun@Home, lo dice la parola stessa, porta il sole negli ambienti domestici assecondando le esigenze della routine quotidiana. E lo fa cambiando in modo ideale atmosfera e temperatura di colore. Qualche esempio? All’alba le lampade accompagnano il risveglio operando a 2.500K. Durante il giorno, poi, la luce bianca diurna (5.000K) migliora il livello di attività e di vigilanza aumentando l’efficienza di chi lavora da casa. La sera, l’elevata qualità della luce del focolare (2.200K) ha un effetto equilibrante e che ci prepara al sonno.

Lampade connesse Sun@Home di Ledvance

Illuminazione smart e una casa più sana

L’influenza benefica sul corpo umano non è l’unico vantaggio di queste soluzioni a LED, che sono anche smart e controllabili via app. Grazie alla gestione automatica dei ritmi biologici, inoltre, gli utenti possono utilizzare altre funzioni intelligenti per il benessere, come il risveglio naturale con la luce in dissolvenza o la regolazione dell’illuminazione in base al clima.

Un ultimo aspetto riguarda la qualità dell’aria domestica: lo speciale rivestimento trasparente delle lampade Sun@home sanifica gli ambienti, riducendo germi, batteri e cattivi odori. Così, la luce artificiale chiude il cerchio del benessere coniugando comfort visivo, salute ed efficienza.

Tadiran Group entra in VP Solar per sviluppare il business delle rinnovabili in Europa

È stato siglato un accordo tra Tadiran Group e VP Solar che sancisce l’ingresso del gruppo israeliano nella compagine societaria di VP Solar, garantendo la continuità della guida operativa al fondatore e CEO Stefano Loro, che ne rimane co-proprietario.

In questo modo, si crea una alleanza strategica per la distribuzione di sistemi energetici innovativi e rinnovabili.

Chi è Tadiran Group

Tadiran Group è un’azienda presente da oltre 60 anni nel mercato israeliano (è quotata alla Borsa di Tel Aviv) che si occupa della produzione di sistemi di condizionamento ed energetici rinnovabili.

L’obiettivo è quello di crescere in maniera consistente in Europa; per questo l’ingresso in VP Solar rappresenta un biglietto da visita di tutto rispetto per l’azienda israeliana, conosciuta anche per aver sviluppato l’innovativa tecnologia Air Care O2, attraverso la quale l’azienda si prefigge lo scopo di assicurare la salubrità dell’aria negli edifici, eliminando virus e batteri.

Cosa prevede l’accordo con VP Solar

La partnership prevede che VP Solar prosegua la forte crescita sperimentata sotto la guida del suo fondatore, l’Ing. Stefano Loro, che in oltre 20 anni ha portato l’azienda ad affermarsi in Italia e in Europa.

Stefano Loro CEO VP Solar

Il fondatore e CEO di VP Solar, Stefano Loro

“Siamo entusiasti che il Gruppo Tadiran abbia voluto unirsi a noi per potenziare ulteriormente le nostre strategie di crescita in Italia ed Europa. – afferma Stefano Loro – Grazie a questa partnership si rafforzano le condizioni affinché il nostro team possa raggiungere rapidamente nuovi e significativi obiettivi, consolidando la storica dinamicità ed affidabilità dell’azienda”.

“Tadiran Group sta espandendo le sue attività in Europa, segnando un ulteriore passo nella sua strategia di crescita. – afferma Moshe Mamrud, azionista di riferimento e CEO di Tadiran Group – La partnership con VP Solar è un passaggio strategico verso l’importante e crescente mercato europeo, con lo sviluppo di attività stabili e profittevoli”.

I clienti di VP Solar potranno contare su un ulteriore potenziamento di competitività e disponibilità di prodotti e servizi logistici internazionali integrati, con sviluppo di piattaforme digitali dedicate, grazie al piano di investimenti previsti nei prossimi anni e alle sinergie che offre questa nuova partnership.

Come trasformare un edificio esistente in uno Smart Building

Uno Smart Building è un edificio reso intelligente dalla tecnologia, che permette l’automazione, l’ottimizzazione del funzionamento degli impianti e il risparmio energetico. Proprio questi sono i motivi per cui oggi si parla tanto di queste costruzioni, viste come la soluzione per un futuro più sostenibile dell’edilizia. Del resto, da quasi un anno è in vigore l’obbligo di costruire solo edifici NZEB a ridotti consumi energetici e l’attenzione al tema è in continua crescita, anche in relazione agli obiettivi di sostenibilità posti dall’Europa e dall’Italia per il 2030 e il 2050. Ridurre i consumi energetici del settore civile, che oggi rappresenta più del 40% del fabbisogno energetico, è davvero importante se si vogliono raggiungere i target prefissati.

Costruire nuovi edifici Smart e a energia quasi zero, però, non è sufficiente. In Italia, la maggioranza del patrimonio edilizio (circa il 70%) è altamente energivoro e costruito decenni fa. Questo significa che proprio la riqualificazione degli edifici esistenti rappresenta la più grande opportunità per il risparmio energetico in edilizia.

Perché trasformare un edificio esistente in uno Smart Building

Riqualificare un edificio esistente non necessariamente significa renderlo intelligente. L’intervento potrebbe essere diretto “solo” a migliorare le prestazioni dell’involucro, isolando le superfici disperdenti e sostituendo gli infissi, e degli impianti. Interventi puntuali di questo tipo, permettono miglioramenti locali che, nel complesso, riducono effettivamente il fabbisogno energetico dell’edificio.

Allora perché trasformarlo in uno Smart Building? Rendere un edificio intelligente significa migliorarne il controllo e favorire elevate prestazioni anche in fase di utilizzo. Proprio questa fase, infatti, è quella più critica nel caso si esegua una riqualificazione standard: per quanto ben isolato e performante siano un edificio e i suoi impianti, una gestione scorretta da parte dell’utente può comunque provocare sprechi energetici e consumi troppo elevati.

In uno Smart Building, invece, tutti gli impianti e i dispositivi fanno parte di un unico sistema integrato, funzionando l’uno in relazione dell’altro, in modo automatizzato e ottimizzato. In un certo senso, è l’edificio stesso a rilevare le proprie necessità e regolare di conseguenza il funzionamento degli impianti. Senza contare i grandi vantaggi che derivano dal raccogliere dati sull’edificio stesso, sugli impianti e sul comfort interno. Questo permette di prevenire guasti, intervenire in modo tempestivo in caso di problemi e assicurare sempre le migliori condizioni possibili per chi abita l’edificio. Si applica, quindi, un approccio predittivo, basato sull’analisi dei dati storici per l’elaborazione di previsioni future.

controllo edificio per renderlo smart building

Le tecnologie per lo Smart Building

Trasformare un edificio esistente in uno Smart Building significa integrare, in corso di riqualificazione, tutta la tecnologia abilitante necessaria.

Questo comporta l’installazione di tutti i devices e le soluzioni necessari per il funzionamento integrato dell’edificio, ponendo attenzione a tutti i temi principali come il risparmio energetico o la sicurezza. La scelta delle migliori soluzioni impiantistiche deve essere fatta attentamente, valutando tutte le offerte del mercato e prediligendo soluzioni efficienti e che favoriscano la sostenibilità. Ne sono un esempio gli impianti fotovoltaici abbinati a sistemi di storage o le pompe di calore, piuttosto che i nuovi sistemi di videosorveglianza e controllo degli accessi. L’introduzione di questa tecnologia avviene di pari passo con la ristrutturazione e riqualificazione degli impianti esistenti, che nella maggior parte dei casi richiedono comunque un importante aggiornamento.

Di fondamentale importanza, poi, è la sensoristica, che oggi permette livelli avanzati di monitoraggio e raccolta dati in tempo reale. In questo caso, la scelta parte dalla definizione dei parametri che si intende monitorare, per poi installare un insieme di sensori distribuiti nell’edificio. Solo a titolo di esempio, ci sono sensori in grado di monitorare la qualità dell’aria, il livello di illuminazione naturale, il consumo energetico in tempo reale.

La raccolta di questi dati, richiede necessariamente l’introduzione di appositi software, dei veri e propri sistemi di gestione ed elaborazione dei dati, grazie ai quali è possibile effettivamente controllare l’intero edificio. Oggi, la maggior parte delle soluzioni è web based, sfruttando le potenzialità del Cloud.

La connettività è fondamentale

La connettività e il trasferimento delle informazioni possono avvenire in vari modi, ma quando si parla di Building Automation, soprattutto nel caso di grandi edifici, generalmente si fa riferimento a sistemi cablati, che assicurano la comunicazione tra sensori, dispositivi, attuatori e sistemi di controllo e gestione. L’alternativa è ricorrere a protocolli di comunicazione wireless, grazie all’Internet of Things. In ogni caso, è fondamentale un’infrastruttura di telecomunicazione all’interno dell’edificio.

Mentre sfruttare il Wi-Fi è meno invasivo, per quanto riguarda il cablaggio, in occasione della ristrutturazione dell’edificio esistente è necessario studiare attentamente l’impianto elettrico per poi intervenire con la sua totale ristrutturazione. È importante ricordare che quando l’impianto ha più di 25 anni andrebbe comunque sottoposto ad attività di manutenzione importanti e, proprio questa, potrebbe essere l’occasione per dargli una nuova funzione

È un sensore di sicurezza intelligente il primo dispositivo Matter di Netatmo

Il protocollo Matter è stato sviluppato da un consorzio comporto da più di 220 aziende.

È pensato per aumentare l’interoperabilità dei dispositivi per la casa intelligente, indipendentemente dal marchio produttore, e superare così i limiti imposti dai dispositivi che lavorano con tecnologia proprietaria e su protocolli non aperti.

Netatmo, società appartenente al gruppo Legrand, ha presentato in occasione del CES 2022 di Las Vegas il suo primo dispositivo basato su Matter: un sensore di sicurezza intelligente.

Cos’è Matter

Le smart home sono ricche di dispositivi intelligenti. Il problema è che non tutti parlano tra di loro e, a dispetto degli standard presenti sul mercato, talvolta è difficile configurarli e utilizzarli al meglio. Matter è un protocollo che vuole porre rimedio a questa situazione.

Sensore Netatmo protocollo Matter

Netarmo, insieme ad altre circa 220 aziende membri della Connectivity Standard Alliance, ha contribuito allo sviluppo di questo protocollo unico capace di far dialogare tra loro tutti i dispositivi compatibili.

Grazie a questo standard, i consumatori non dovranno più preoccuparsi di sapere se un nuovo prodotto connesso sarà compatibile con gli altri già in loro proprio possesso.

Matter è basato su tecnologie IP come Wi-Fi e Thread; quest’ultima è stata ideata da Google e adottata poco dopo da Apple. Si tratta di una tecnologia a bassissimo consumo che imposta una rete mesh con gli altri dispositivi presenti in casa. È sufficiente disporre di un router (tendenzialmente già presente nelle case della maggior parte degli utenti, come i dispositivi Nest, Apple TV, mini HomePod ecc.) e si creerà una connessione tra i vari dispositivi della casa senza che risentano della distanza dal router principale o dalla presenza di pareti divisorie.

Il sensore di sicurezza intelligente Netatmo

Il sensore di sicurezza intelligente Netatmo ha una duplice funzione: è infatti dotato sia di un sensore di contatto, sia di un rilevatore di movimento a infrarossi. In questo modo può essere utilizzato per applicazioni diverse come il monitoraggio di un ambiente o la verifica di apertura o chiusura di una porta o una finestra.

Sensore di sicurezza a infrarossi Netatmo

Posizionato su porte e finestre, infatti, ne rileva l’apertura per avvisare l’utente attraverso lo smartphone o il tablet. In alternativa, il sensore a infrarossi permette anche di rilevare i movimenti all’interno di una stanza.

La compatibilità con Matter consente al sensore di Netatmo di interagire con altri dispositivi intelligenti: ad esempio, può dare input di accensione al riscaldamento quando qualcuno è nella stanza, e di spegnerlo se non c’è nessuno.

Il sensore è anche compatibile con la tecnologia Thread ed è in grado di lavorare insieme a tutti i dispositivi compatibili, indipendentemente dalla loro marca.

Samsung partecipa alla Home Connectivity Alliance

Samsung Electronics ha annunciato la propria partecipazione alla Home Connectivity Alliance (HCA). L’obiettivo è promuovere l’interoperabilità e una maggiore sicurezza della smart home, insieme ad altri produttori di prim’ordine in questo settore.

Al centro delle innovazioni Samsung per la casa intelligente c’è la semplificazione di alcune attività quotidiane grazie alle tecnologie digitali, al fine di migliorare l’esperienza di vita delle persone.

Samsung collabora inoltre con tutti gli altri membri della Home Connectivity Alliance per offrire una tecnologia davvero smart e inclusiva, nella quale l’utente è al centro, attraverso l’interoperabilità tra elettrodomestici, impianti HVAC e TV

La Home Connectivity Alliance

Samsung Electronics è membro fondatore della HCA insieme ad Arçelik A.Ş., Electrolux Group, Haier, GE Appliances e Trane Technologies. L’alleanza riunisce i maggiori produttori di dispositivi connessi, nell’ottica di aumentare la compatibilità tra dispositivi smart di vari marchi.

Come parte integrante di questa alleanza, Samsung collaborerà con le altre aziende della HCA allo sviluppo di linee guida condivise per l’interoperabilità cloud-to-cloud, con particolare riferimento ai requisiti di protezione dei dati e sicurezza dei consumatori.

I vantaggi per i clienti Samsung

Gli utenti che utilizzano dispositivi di Samsung potranno utilizzare e controllare anche elettrodomestici di altri marchi tramite la piattaforma SmartThings dedicata alla casa intelligente, semplificando in questo modo l’integrazione tra dispositivi nuovi e meno recenti nella propria casa connessa.

Allo stesso modo, i consumatori potranno accedere ai dispositivi Samsung dalle applicazioni di altri membri HCA.

Grazie alle partnership promosse dalla HCA, SmartThings continuerà a introdurre innovazioni che apriranno nuove frontiere verso i dispositivi smart, permettendo a un numero sempre maggiore di utenti di godere dei vantaggi di una vita connessa.

Pompe di calore geotermiche: cosa sono e come funzionano

La pompa di calore è l’innovazione che ha modificato in modo sostanziale la climatizzazione degli ambienti confinati, rendendola più economica e sostenibile. Ma come funzionano le pompe di calore geotermiche? Possono essere utilizzate in tutte le stagioni? Iniziamo con il sottolineare che le pompe di calore rappresentano un’alternativa ecologica ai classico sistema di riscaldamento e possono essere impiegate sia per il riscaldamento sia per il raffrescamento dell’abitazione.

Funzionamento delle pompe di calore geotermiche

La pompa di calore è una macchina termica in grado di trasferire calore da una sorgente a temperatura più bassa a una a temperatura più alta.

Il ciclo frigorifero in pompa di calore ha un sistema allo stesso tempo semplice e intelligente: esso sfrutta come sorgente di calorie e frigorie l’energia termica presente in elementi naturali, come l’aria, l’acqua o la terra. Nel caso degli impianti geotermici il sistema si avvale di uno scambio fra il circuito del fluido termoportante e l’energia geotermica, piuttosto costante in quanto la temperatura del terreno ad una certa profondità è abbastanza stabile sull’ordine dei 14 °C. Il fluido termoportante asporta calore dal terreno oppure vi apporta il calore prelevato dall’ambiente chiuso scambiandolo con il terreno e ritorna a contatto con l’aria o l’acqua di distribuzione interna arrecando appunto rispettivamente calorie o frigorie.

La costruzione di sistemi geotermici è forse quella più premiante grazie alla stabilità dei valori della sorgente, perché questo permette di ottenere una discreta sicurezza sulla prestazione specifica e sulla costanza che la caratterizza, fattori significativi quando si sceglie questa soluzione.

Tale significatività è particolarmente importante a causa del costo iniziale di installazione del sistema, che per la sua complessità è più oneroso economicamente e più complesso tecnicamente di quelli che sfruttano come sorgente energetica l’aria o l’acqua. La costruzione richiede materiali e competenze importanti, che hanno un loro ritorno sull’investimento sicuramente meno rapido, ma dall’altra parte possono generare la tranquillità di una minore aleatorietà della prestazione riscaldante o raffrescante in ragione di andamenti climatici non abituali e pertanto energeticamente svantaggiosi come nel caso dell’aria.

pompe di calore riscaldamento e raffrescamento

Quali sono i vantaggi?

La generazione di calore da una sorgente non a pagamento, la geotermia, è il primo indice che determina la convenienza economica di questo sistema, che va pensato come già detto in una logica di lungo periodo, perché i costi iniziali non sono indifferenti. Anche in questo caso non si utilizza energia elettrica per riscaldare o raffreddare il fluido termoportante, ma si ricava energia termica dal terreno: ancora una volta il rapporto fra l’energia elettrica consumata e l’energia termica prodotta è estremamente favorevole. In quanto la corrente è sempre e solo dedicata a mettere in circolazione l’aria o l’acqua all’interno dei circuiti specifici di climatizzazione nell’ambiente.

Non dimentichiamo anche l’opzione di produrre (oltre a calore o fresco) anche acqua calda sanitaria (ACS), riducendo così ulteriormente gli oneri che abitualmente derivano da un suo riscaldamento attraverso energia elettrica o gas.

La “neutralità” ambientale di questo sistema va al di là dei bassi consumi energetici e del conseguentemente altrettanto basso livello di emissioni prodotte per la generazione della prestazione, perché – non dimentichiamolo – il sistema non comporta altro dal punto di vista dell’impatto che la messa in contatto del circuito frigorifero con il terreno a una profondità congrua a garantire la stabilità della temperatura di apporto.

Installare dunque una pompa di calore geotermica consente di ottenere un significativo risparmio economico in bolletta che può arrivare al 50% rispetto a una caldaia a metano, anche il 65% rispetto a una caldaia a gasolio o GPL.

Gli incentivi a disposizione

Ma i vantaggi non finiscono qui, infatti esistono incentivi e detrazioni fiscali per chi decide di installare strumenti di riscaldamento e raffrescamento che diminuiscano i consumi energetici elettrici.
Nello specifico, rispetto al tema delle pompe di calore geotermiche, esistono diverse tipologie di incentivo corrispondenti ad altrettante situazioni di installazione:

SuperBonus 110% – inserimento della pompa di calore nell’ambito di un intervento volto al miglioramento di due classi energetiche o al raggiungimento della massima è incentivato con un credito d’imposta del 110% del calore dell’intervento, cedibile a una banca o a una finanziaria o scontabile in fattura.

EcoBonus 65% – un incentivo nell’ordine del 65% dell’importo è previsto per coloro che acquisteranno un nuovo condizionatore a pompa di calore ad alta efficienza energetica per sostituire uno di classe inferiore.

Conto Termico 2.0 – prevede bonus economici per il miglioramento dell’efficienza e del risparmio energetico degli edifici e per la produzione di energia rinnovabile.

Pompe di calore geotermiche: vanno bene per qualsiasi applicazione?

La scelta di adottare il calore del terreno è una scelta estremamente vincente dal punto di vista della “certezza del risultato”: come abbiamo detto la temperatura del terreno è la meno soggetta ad alterazioni di qualsiasi sorta legate alle condizioni di un’annata con un inverno particolarmente freddo o un’estate particolarmente calda che renderebbero poco sfruttabile una pompa di calore ad aria.

Ma è anche vero che esse richiedono un attento studio di fattibilità del progetto, che valuti adeguatamente gli spazi a disposizione per la realizzazione del circuito geotermico, stimi il fabbisogno calorico e affronti anche con la dovuta cura la protezione delle acque sotterranee. Un sistema a pompa di calore geotermico è quindi un investimento importante, che richiede un’accorta ed esperta valutazione del rapporto fra i costi e i benefici per renderlo adeguatamente ammortizzato nel tempo.