Economia circolare: cos’è, dove e cosa porta?

L’economia circolare nasce in antitesi e in alternativa a un modello economico basato sul processo e sul percorso “estrarre-produrre-consumare-dismettere”, ovvero l’economia lineare
Rubrica Libri: Economia Circolare per Tutti

Spesso se ne parla, o se ne sente parlare. Molte volte viene proposta come una soluzione utile e virtuosa per limitare i danni provocati dall’Uomo al Pianeta. E come uno degli strumenti per realizzare Sostenibilità e Sviluppo sostenibile. Altre volte viene descritta come una panacea in grado di rendere possibili cose mirabolanti, quasi miracolose.
Ma cos’è, in concreto, l’Economia circolare? A cosa serve, e come si fa? Innanzitutto, è il caso di sottolineare che di fatto oggi non esiste una definizione univoca di Economia circolare. Secondo un articolo accademico del 2017 di tre ricercatori e studiosi, esistevano già circa 115 definizioni di Economia circolare. Oggi potremmo essere arrivati tranquillamente a quota 150 o forse molte di più.

“L’Economia circolare oggi non ha ancora formulato una sua teoria generale, un modello relativamente semplice che abbia una definizione chiara e condivisa”, rimarca Walter Stahel, nel suo volume ‘Economia circolare per tutti’ pubblicato da Edizioni Ambiente. E sottolinea: “in pratica, c’è spesso un caos concettuale attorno a questo principio. Allo stesso tempo, per sapere che cosa è l’Economia circolare bisogna analizzarla nella sua complessità, non ingabbiata in una definizione sintetica”.

Economia circolare: non solo “riciclare, riusare, ridurre”

Copertina Libro Economia Circolare per tutti

Uno dei suoi (tanti) slogan ispiratori può essere quello delle 3R, “riciclare, riusare, ridurre”. Perché l’obiettivo non è e non può essere soltanto il riciclo, ma ancora di più la riduzione degli sprechi e dell’uso delle risorse. L’Economia circolare è uso condiviso, produzione artigianale, attitudine alla cura, riutilizzo, manutenzione. È recupero, conservazione, evitare sprechi e duplicazioni superflue, estensione del ciclo di vita dei prodotti, Remanufacturing.

“L’Economia circolare industriale si occupa di mantenere e gestire il controllo lungo l’intero ciclo di vita degli Stock produttivi creati dall’uomo, che siano oggetti o materiali”, spiega Stahel, “i proprietari e utenti – tutti coloro che da ‘consumatori’ diventano ‘utenti’ – devono agire in modo che gli oggetti industriali rimangano in buono stato”. Proprio per non doverli sostituire.

Quando è stata la prima volta che si è parlato di qualcosa di simile? Nel 1966 l’economista Kenneth Boulding introduce, nel suo libro ‘The Economics of the coming spaceship earth‘, l’idea della Terra come una navicella spaziale che ha a disposizione un quantitativo limitato sia di risorse sia di possibilità di smaltimento dei rifiuti: la nostra sopravvivenza appare dunque legata alla capacità di usare bene e custodire con cura quello che abbiamo a disposizione, rigenerando i materiali che utilizziamo. Il viaggio parte da lì. In Italia, sul quotidiano La Repubblica l’espressione ‘economia circolare’ appare per la prima volta il 12 marzo 1998, mentre nell’archivio storico dell’agenzia di stampa Ansa c’è una prima citazione nel 2003.

Una alternativa all’economia lineare (dello spreco)

Che differenza c’è tra Economia circolare e quella lineare (tradizionale)? L’economia circolare nasce in antitesi e in alternativa a un modello economico basato sul processo e sul percorso “estrarre-produrre-consumare-dismettere”, ovvero l’economia lineare. É stata già la prima rivoluzione industriale, quindi nella seconda metà del Settecento e inizi Ottocento, a sviluppare la produzione di massa, e quindi il consumo di massa: da allora, riusare, riadattare, riciclare prodotti e oggetti è stato sempre meno necessario, potevano e possono essere facilmente sostituiti ricomprandone di nuovi. Ai produttori conviene tutto questo, per vendere prodotti nuovi.

L’Economia industriale lineare “finisce al Punto vendita, dove la proprietà e la responsabilità legale vengono trasferite all’acquirente. I rifiuti sono il problema non del produttore, ma di qualcun altro”, fa notare l’autore del libro. Che rileva: “un’Economia circolare inizia invece al Punto vendita, e punta a mantenere il valore e l’utilità degli oggetti industriali, e il valore e la purezza dei materiali industriali, il più a lungo possibile. Ha sempre avuto l’obiettivo di ottimizzare l’utilizzo degli oggetti, non la loro produzione; di preservare il valore d’uso degli Stock di beni. Per esempio, vendere le prestazioni dei beni – come un servizio d’uso –, al posto dei beni stessi, permette ai cittadini alla moda e consapevoli di continuare a godere dell’uso di beni che cambiano frequentemente, ma senza generare rifiuti”.

Economia circolare, competenze verdi, green jobs

È la buona gestione delle risorse e la cura delle stesse – e di ciò che generano –, al posto di efficienza e produttività spinte, ma consumatrici e distruttive di risorse. Tutto ciò, libera risorse che restano disponibili o che possono essere adoperate per altri scopi ‘sostenibili‘. E materiali sprecati, invece, equivalgono a soldi sprecati. Per questo, l’Economia circolare è migliore – dal punto di vista economico, ambientale e sociale – dell’economia attuale del “prendi, produci, vendi, usa e butta via”.

Cosa fare per sviluppare l’Economia circolare

Cosa si può fare per sostenere e sviluppare l’Economia circolare? Come singolo individuo, si sostiene l’Economia circolare ad esempio decidendo di riparare un oggetto, invece di buttarlo e comprarne uno nuovo, o di comprarne uno di seconda mano. In questo modo, tra l’altro, si sostiene l’economia locale piuttosto che l’industria globale.

Come produttore, si sviluppa l’Economia circolare decidendo, ad esempio, di vendere beni con una garanzia più lunga, con una garanzia di Buy-back, o affittando beni invece di venderli.

Come politico, si favorisce l’Economia circolare per esempio introducendo tasse sui rifiuti e sul consumo delle risorse piuttosto che sul lavoro. Secondo questa visione, il lavoro umano è una risorsa rinnovabile, e quindi circolare, e non dovrebbe essere tassato, o il meno possibile: 11 Stati americani, tra cui Florida e Texas (due potenze dell’economia Usa), non tassano il reddito da lavoro. In questo caso, lo fanno più per scelte liberiste che ‘circolari’, ma ciò dimostra che il successo economico di un territorio non dipende dalle imposte sul reddito.

Una proposta tra le tante potrebbe essere, ad esempio, questa: passare da un sistema di tassazione del lavoro a uno di tassazione dell’impiego sui materiali non rinnovabili. La materia prima seconda e i modelli di business dell’Economia ‘rinnovabile’ sono circolari, quindi dovrebbero essere esentati o ricevere aliquote fiscali ridotte, non addebitando l’Iva sulle attività per la conservazione e il riuso. Tutto questo significa procedere verso un futuro sostenibile.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, imprese, tecnologie e innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con InnovationPost, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como.
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