Edifici smart e green: l’Italia frena, ma raccoglie le forze per ripartire. Le tecnologie digitali, infatti, possono fare la differenza nel percorso di efficientamento energetico del parco immobiliare italiano e nei relativi obiettivi di sostenibilità. E lo smart building si fa sempre più punto di incontro concreto tra integrazione e sostenibilità, trasformazione digitale e transizione ecologica. In che modo? Migliorando rendimento e comfort tramite sistemi di gestione connessi, ottimizzando l’uso delle fonti rinnovabili, tagliando i consumi finali e garantendo salute e sicurezza alle persone.
Questa è la chiave degli edifici e delle città del futuro, ma la priorità oggi è superare gli effetti dell’emergenza Covid-19. Infatti, i dati dello Smart Building Report 2021 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano parlano chiaro: nel 2020 gli investimenti sono scesi dell’11% rispetto all’anno precedente. Ci vorranno anni (e ulteriori azioni strategiche) per tornare ai livelli pre crisi.
Dove e come muoversi? Vista la complessità degli edifici connessi, la premessa terminologica è doverosa. “Possiamo definire un building davvero intelligente solo quando tutte le sue componenti impiantistiche operano in modo integrato e digitale – precisa Davide Chiaroni, vicedirettore dell’E&S Group durante la presentazione del report -. Ci troviamo di fronte a una sfida importante. Le policy e le risorse economiche ci sono, ma serve più rigore nel mettere a sistema il nuovo paradigma degli edifici smart e green”.
Un’Unione Europea che vuole azzerare le emissioni di gas serra al 2050 non può non mettere mano in maniera consistente al suo parco immobiliare
L’adozione di una infrastruttura di supervisione e controllo degli impianti, infatti, minimizza il consumo energetico e garantisce comfort, sicurezza e salute. Dall’analisi dei dati raccolti, poi, scaturiscono azioni consapevoli in ottica di efficienza energetica e contenimento dei consumi. Un link, quello tra digitalizzazione e sostenibilità degli edifici, già ampiamente riconosciuto come driver delle politiche nazionali e internazionali per la decarbonizzazione.
Da tempo l’Unione Europea ha deciso di spingere sulla decarbonizzazione attraverso stringenti azioni di policy. Basti pensare al Green Deal Europeo e alla Renewable Energy Directive, per raggiungere il cosiddetto Net Zero by 2050. Da qui, l’emanazione di una serie di direttive e strategie per incentivare l’efficientamento e la digitalizzazione degli edifici, ritenuti responsabili del 40% dei consumi energetici occidentali. In quest’ottica, diventa molto rilevante lo strumento finanziario del Next Generation EU.
Ci sono anche policy comunitarie più specifiche, come la Renovation Wave Strategy del 2020. Un ambizioso programma dettato da un quadro di partenza europeo decisamente preoccupante:
A fronte di tutto questo, i principali obiettivi da raggiungere entro il 2030 (partendo dai dati 2015) sono:
La strategia definisce anche i principi basilari delle azioni da intraprendere, quali efficienza energetica, accessibilità economica delle ristrutturazioni, decarbonizzazione e integrazione delle rinnovabili negli edifici. Qui si gioca il futuro degli edifici smart e green in Europa.
L’Italia, come gli altri Paesi Ue, ha definito il proprio Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) suddividendo gli stanziamenti europei in diversi ambiti di intervento. Il totale delle risorse è pari a 235,1 miliardi di euro, da “spalmare” su 6 missioni, a loro volta suddivise in 16 componenti, funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nel PNRR. Non mancano, naturalmente, le misure relative all’efficienza energetica alla digitalizzazione nelle costruzioni.
In particolare, le missioni di interesse per il comparto sono:
Va sottolineato, tuttavia, che il raggiungimento degli obiettivi net-zero building richiede ingenti investimenti per ridurre i consumi, aumentare la penetrazione delle rinnovabili e favorire l’infrastruttura digitale negli edifici. Perché solo attraverso la sensoristica applicata è possibile gestire correttamente i carichi elettrici e termici, rendendo i building più sostenibili.
Eccoci alle cifre del 2020. Lo Smart Building Report 2021 declina investimenti e tendenze secondo i tre principali aspetti dell’architettura digitale degli edifici. Partiamo da building devices and solutions, ovvero le tecnologie impiantistiche legate a energia, efficienza, safety & security, comfort e salute. Poi ci sono le automation technologies, che comprendono la sensoristica connessa agli impianti e finalizzata alla raccolta dati, oltre agli attuatori che eseguono i comandi elaborati dal terzo e ultimo livello: le piattaforme di controllo e gestione. Come anticipato, l’ammontare complessivo degli investimenti ha subito una flessione prossima all’11% rispetto al 2019, a causa soprattutto della pandemia.
La ripartizione dei 7,67 miliardi di euro spesi nei settori residenziale e terziario (escluse le superfici opache) è dominata dalla categoria building devices and solutions, al 63% del totale. Il 16% è relativo alle automation technologies, il 15% alle piattaforme di gestione e controllo e un rimanente 6% riguarda l’infrastruttura di rete.
Nei building devices and solutions vincono le tecnologie finalizzate alla produzione di energia elettrica e alla produzione efficiente di energia termica. Parliamo del 52% del totale investito e di circa 4,8 miliardi di euro. Il comfort abitativo (27%) “vale” 1,3 miliardi di euro e la sicurezza degli abitanti e degli asset si attesta intorno a 1 miliardo di euro, al 20% di share. Ancora marginale, ma in continua crescita, il contributo delle tecnologie legate alla salute degli occupanti (0,3%).
Ma le tecnologie degli smart building non finiscono qui. Secondo gli esperti del PoliMi, si vedranno interessanti sviluppi anche negli impianti fotovoltaici con sistemi di accumulo (a seguito dell’entrata in vigore della Direttiva RED II), nell’illuminazione (Internet of Light – IoL), nelle tecnologie IAQ e nelle stazioni di ricarica private per i veicoli elettrici.
Gli investimenti nelle altre due categorie, invece, hanno superato i 2,3 miliardi di euro. Nello specifico, lo Smart Building Report 2021 riporta le seguenti cifre:
Anche qui si registra una leggera contrazione rispetto all’anno precedente, meno evidente di quella relativa alle soluzioni tecnologiche del building (-14,3%). Infine, all’infrastruttura di rete si associa un volume d’affari di circa 500 milioni di euro. L’89% riguarda le ristrutturazioni e il 60% di questa percentuale tocca gli edifici residenziali.
Dulcis in fundo: quanto incide (o inciderà) il Superbonus 110% sulla digitalizzazione degli edifici? A un anno dall’entrata in vigore del Decreto Rilancio, i dati pubblicati dall’Agenzia delle Entrate confermano la percezione emersa già nella scorsa edizione dello Smart Building Report, nel quale si evidenziava un forte interesse da parte del mercato di riferimento.
A livello statistico, il 31 agosto 2021 risultavano presentate 37.000 asseverazioni per la realizzazione di interventi. Il tutto per un valore di 5,7 miliardi di euro, che corrispondono a oltre 6,2 miliardi di detrazioni. Inoltre, il 69% degli investimenti stanziati si riferisce a lavori già completati. Sul fronte applicativo, i condomini assorbono circa il 47% della spesa totale, sebbene abbiano effettuato solo il 13% delle richieste. Le abitazioni unifamiliari e funzionalmente indipendenti, invece, a fronte di oltre 29.000 asseverazioni hanno generato un volume di affari pari rispettivamente al 33% e al 20%.
L’estensione del periodo di scadenza del Superbonus, di recente approvazione, non fornisce comunque le garanzie sufficienti agli operatori del settore per intraprendere progetti a medio-lungo termine e rilanciare lo sviluppo degli edifici smart e green. Emerge infatti l’esigenza di incentivi a medio termine, per strutturare interventi con una prospettiva temporale superiore a un anno e avere così la certezza di riuscire a completare i lavori. Restano poi i timori legati al caro materie prime e ai prezzi dei componenti necessari per realizzare gli interventi. L’introduzione dell’Ecobonus al 110%, infatti, ha generato un effetto volano sui prezzi di polistirene e ponteggi che ha ridotto notevolmente i margini di guadagno dei professionisti e la volontà dei clienti di iniziare i lavori.