Transizione energetica degli edifici? Come accelerarla con l’integrazione

Dalle ultime direttive Ue allo Smart Readiness Indicator, dalla "termopsicologia" degli utenti alle competenze degli installatori: Mce 2024 punta i riflettori sull'automazione come fattore abilitante della transizione energetica degli edifici
La transizione energetica degli edifici abilitata dalla building automation

Edifici connessi, impianti efficienti, utenti consapevoli: la ricetta della transizione energetica italiana? Sicuramente, l’avvio di una efficace strategia di integrazione tra riscaldamento, raffrescamento e mondo elettrico nell’edilizia. In un settore alla costante ricerca di equilibrio tra esigenze di sostenibilità e costi della riqualificazione, nella crescente complessità tecnologica.

Dunque, la prima risposta è sì. La filiera impiantistica si trova al bivio, tra sfide e opportunità, che può “consacrare” il ruolo della building automation nella corsa ai target 2030 e 2050. A patto che aziende, professionisti e istituzioni, sappiano coinvolgere a pieno anche i cittadini come consumatori consapevoli dei benefici degli smart building.

Questi e altri temi hanno animato la tavola rotonda online “Smartness – Building automation: fattore abilitante della transizione energetica”, organizzata da RX Italy, in collaborazione con ElettricoMagazine, tra le iniziative di avvicinamento alla prossima edizione di MCE – Mostra Convegno Expocomfort.

Webinar Mce sulla transizione energetica degli edifici
I relatori del webinar “Smartness – Building Automation: fattore abilitante per la transizione energetica” dell’11 ottobre 2023

Edifici, impianti, utenti: la transizione energetica riguarda tutti

“Questa preziosa occasione di confronto ci avvicina ai temi chiave del periodo che stiamo vivendo – esordisce Massimiliano Pierini, managing director di RX Italy -. L’edilizia smart, efficiente e sostenibile sarà centrale anche nel programma di MCE 2024, in quando ogni impianto intelligente, anche nel comfort, deve anche essere gestito in modo intelligente. L’innovazione tecnologica, i target ambientali e gli aumenti dei costi ci chiedono di accelerare il processo di integrazione”.

Come cambierà l’approccio alla progettazione degli edifici? Dall’esperienza professionale dei protagonisti di tutta la filiera – progettisti, tecnici, installatori, aziende -, emerge un quadro di rinnovamento importante. Ecco i principali contenuti emersi dal webinar condotto da Alessia Varalda.

Primo step, la progettazione integrata

“Negli ultimi anni abbiamo notato un balzo in avanti per l’integrazione impiantistica e la building automation nel settore residenziale, complice il superbonus – spiega Alessio Vannuzzi di Ohmega Progettazioni -. In futuro, l’uso massiccio del Bim darà una spinta ulteriore a tutto il settore. Alla base, tuttavia, troppo spesso manca il concetto di progettazione integrata. Ovvero, concedersi più tempo, prima di sviluppare il progetto, per lo scambio di informazioni tra professionisti. Così, l’integrazione diventerebbe una scelta ovvia o comunque un processo naturale. Perché gli attori coinvolti si renderebbero subito del fatto che sfruttare la tecnologia per creare efficienza sia la cosa migliore per tutti”.

Certo, sulle nuove costruzioni è relativamente “facile”. La sfida è intervenire con la ristrutturazione. “Non possiamo certo radere al suolo metà degli edifici italiani in quanto energivori – continua Alessio Vannuzzi -. Ogni caso va studiato e personalizzato, dove non si possono sfruttare i sistemi filari ci sono le tecnologie senza fili, con la possibilità di creare sistemi misti”.

Gestione intelligente  per la transizione energetica degli edifici

Considerando che buona parte dei consumi degli edifici è dovuta agli impianti HVAC il presidente di Knx Massimo Valerii aggiunge che “gran parte della decarbonizzazione degli edifici avviene grazie all’elettrificazione, ma non basta. Nel nuovo concetto di progettazione entra in gioco l’efficienza energetica generata proprio dai sistemi di automazione. Ovvero, installare impianti tecnologicamente più complessi e, contestualmente, integrarli per ottenere più efficienza”. Insomma, le soluzioni da sole non fanno la transizione energetica. Serve conoscere a fondo anche le caratteristiche dei nuovi prodotti e come implementarne l’interazione.

Efficienza e automazione: cosa dice la normativa

La normativa, volente o nolente, ha un peso nella smartness degli edifici. La Direttiva Ue 2023/1791 sull’efficienza energetica, per esempio, si pone il nuovo obiettivo di ridurre il consumo di energia finale dell’11,7% entro il 2030. Una sfida importante, ancora da recepire a livello italiano, che non rappresenta l’unico strumento in tema di transizione energetica e automazione. Si va dalla prestazione energetica degli edifici all’indice SRI – Smart Readiness Indicator, passando per la Direttiva “Case Green”.

Perché aggiornare la Direttiva sull’efficienza energetica

Il percorso comunitario della decarbonizzazione, partito ormai anni fa, richiede adeguamenti periodici anche in tema di efficienza. Luca Piterà, segretario generale di AiCARR Associazione, evidenzia i concetti cardine della recente revisione:

  • obiettivo “energy efficiency first”: l’efficientamento resta prioritario, le rinnovabili subentrano dopo aver ottimizzato gli impianti;
  • maggiore attenzione ai sistemi energivori non oggetto di diagnosi;
  • utente sempre al centro: va sensibilizzato e informato gratuitamente circa i propri consumi.

Sulla modalità e la gratuità della consultazione in tempo reale dei consumi, si apriranno scenari complessi ma necessari.

Prestazione energetica degli edifici, un concetto di sistema

Tra le norme tecniche c’è anche la UNI EN ISO 52120-1:2022. Un riferimento primario per la certificazione della prestazione energetica e della building automation negli edifici. “Si tratta di una norma di sistema, non di prodotto – spiega Massimiliano Magri di Anie Csi -. Classifica il livello di automazione degli edifici considerando il complesso e non solo i componenti dell’impianto. Diventa importante nel momento in cui tutta la filiera sia in grado di progettare e installare correttamente i sistemi per ottenere la classe corretta. Tutto deve funzionare al momento dell’asseverazione, non a posteriori”.

Tavola rotonda Smartness di MCE

Tradotto, la building automation deve funzionare e dimostrarsi “adattiva” anche nel caso di comportamenti scorretti da parte dell’utente. Qui entra in gioco l’auspicabile sinergia con i decision maker politici. “La termoregolazione smart, per esempio, avrebbe il potere di scardinare il limite orario all’uso degli impianti e i relativi interventi manuali dell’utente, che spesso generano inefficienze – continua il relatore -. A favore di modelli basati su intelligenza artificiale e integrati alle previsioni meteorologiche, per riuscire a utilizzare la tecnologia solo quando e come serve”.

Quale futuro per lo Smart Readiness Indicator

Se non troviamo come standardizzare la misura del livello di intelligenza di un edificio, rischiamo di perdere il valore abilitante della building automation. In quest’ottica l’Europa ha definito uno specifico indicatore. Lo Smart Readiness Indicator (SRI) considera infatti tutte le possibili funzioni dell’edificio intelligente. Attraverso un indice da affiancare, appunto, all’attestato di prestazione energetica. Perché questo strumento assuma la rilevanza che merita servono competenze di tipo elettrico, termotecnico e informatico. Tutti gli operatori della filiera dovranno altresì conoscere molto bene le normative legate alla building automation, adeguandosi per tempo a un percorso che renderà di fatto vincolante questo indice.

Case a zero emissioni

La discussione della EPBD IV, più nota come Direttiva Case Green, porta con sé pareri contrastanti. “Considerando che in Ue ci sono circa 220 milioni di edifici costruiti prima del 2001, la quarta revisione della norma smette pensare al nuovo per rivolgersi solo al patrimonio esistente – afferma Luca Piterà -. Il passaggio coinvolge anche il concetto di nzeb: non più zero energy building, bensì zero emission building. Questo perché con elettrificazione e decarbonizzazione il fabbisogno di energia aumenta, non possiamo negarlo. Conviene concentrarsi sull’energia a basse emissioni e sull’efficienza”. Non finisce qui. Gli edifici devono essere sostenibili, ma anche preservare comfort, salute e sicurezza delle persone. Una sfida enorme per il patrimonio immobiliare italiano, dove ancora una volta la building automation può fare la differenza.

La transizione energetica va dall’utente (non il contrario)

In tutto questo, gli occupanti degli smart building sono pronti? L’impressione è che non riescano a cogliere i benefici delle tecnologie efficienti. Infatti, la gestione della casa intelligente ha le sue peculiarità, così come per ottimizzare la mobilità elettrica gli automobilisti devono cambiare le proprie abitudini di guida. Il maggiore sforzo della filiera è forse quello di mettersi nei panni di chi usa la tecnologia in oggetto.

Mai sentito parlare di termopsicologia?

Fondamentale, dunque, spiegare i vantaggi dell’integrazione e garantire al contempo libertà di comportamento, onde evitare effetti rebound. Spesso, invece, le persone vengono lasciate sole e non sono in grado di verificare se le prestazioni di un immobile siano conformi a quelle di progetto. Oppure non sanno come trarre il meglio dall’uso degli impianti, considerando che non possono più semplicemente gestire l’impianto dal pulsante on/off della caldaia.

“Il nostro settore deve fare i conti con la psicologia dell’utente, che definisco termopsicologia – afferma Massimiliano Magri -. Si tratta di studiarne attitudini e reazioni per non mandarlo nel discomfort. Una regolazione può dirsi intelligente quando riesce a parlare con l’utente, per ottimizzare comfort e consumi, quasi senza che l’interessato se ne accorga. L’occupante deve anche essere informato dei propri consumi in tempi e modi comprensibili: non dalle bollette delle utilities ma da sistemi di monitoraggio più intuitivi. Questo processo richiede tempo, possiamo impegnarci, unendo le forze, per agevolare l’uso quotidiano delle tecnologie che installiamo”.

IoT e intelligenza artificiale

Va in questa direzione la nascita di piattaforme pensate per il cliente finale. Come racconta Marco Albieri di Samsung “il concetto di IoT nella smart home si applica alla gestione di tutti i dispositivi di diversi marchi, in ecosistemi aperti, flessibili e scalabili. Dalle pompe di calore, tecnologia strategica per la decarbonizzazione, agli impianti fotovoltaici, fino a sistemi di sicurezza ed elettrodomestici. Il tutto, con un occhio di riguardo per la consapevolezza dei consumi collegati a ciascun oggetto smart. Insomma, il ruolo dell’installatore o del progettista è fondamentale nello spiegare l’uso ottimale dell’impianto, ma non possiamo lasciare tutto nelle loro mani”. Questa integrazione accessibile aiuta le persone a comparare i consumi e a prendere decisioni.

smart Home e le tecnologie IoT

Un secondo aspetto, lato cliente finale, riguarda l’intelligenza artificiale. “C’è spazio per l’AI anche nell’automazione – aggiunge Albieri -. Per esempio, è possibile impostare limiti di spesa mensili sulle piattaforme di gestione. Prima di superare il tetto, il sistema andrà a cambiare in automatico le modalità operative dei dispositivi connessi, per abbassare i consumi senza venire meno a comfort e sicurezza”.

Nuove competenze per nuove sfide

Altro tassello del sistema edificio-impianto-occupante, il professionista della building automation. Per spingerla, sono necessarie nuove figure? Risponde Massimo Valerii: “le competenze vanno certamente aggiornate perché i sistemi di oggi sono più sofisticati e integrati. Installatore, progettista e filiera tecnica in molto casi non sono adeguatamente formati. Auspico una presa di coscienza su questa necessità, poi certamente servono anche figure nuove, perché gli impianti non sono più segmentati come un tempo”.  L’obiettivo, infatti, è creare connessione: una pompa di calore super performante da un lato, e i migliori pannelli e inverter fotovoltaici dall’altro, non portano efficienza. Per questo, bisogna maggiormente sui system integrator. Creando un valido sistema di certificazione delle competenze, a tutela della filiera e soprattutto dell’utente.

Sì, ma la transizione energetica costa

“Fare efficienza costa”, i relatori sono tutti d’accordo. Dunque, è il concetto stesso di sostenibilità economica a dover essere lungimirante, considerando i vantaggi misurabili nel tempo. A ciò si aggiunge la consapevolezza di investire non solo per le nostre “tasche”, ma anche per la tutela dell’ambiente e per il comfort delle persone.

Il tema comunque non è trascurabile. Ne parla la stessa Direttiva EBPD, che tiene particolarmente a sottolineare il rapporto costi-benefici. Nell’ambito degli interventi di riqualificazione, per esempio, la building automation offre ritorni dell’investimento più veloci rispetto al cappotto. In conclusione, fare efficienza e smartness, oggi e per le future generazioni, significa ampliare gli orizzonti strategici, economici e applicativi.

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Maria Cecilia Chiappani

Copywriter e redattore per riviste tecniche e portali dedicati a efficienza energetica, elettronica, domotica, illuminazione, integrazione AV, climatizzazione. Specializzata nella comunicazione e nella promozione di eventi legati all'innovazione tecnologica.
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