Partiamo dalla definizione, ovvero quella di materie prime critiche. Tre parole che indicano degli elementi destinati ad assumere un’importanza sempre più strategica nella crescita delle economie più sviluppate, ed ai quali il gruppo Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha dedicato un interessante approfondimento nella prospettiva dell’Unione Europea.
Il report si apre spiegando che “le materie prime critiche, definite tali per la loro importanza economica e per il rischio di fornitura ad esse associato, sono cruciali per la produzione di molte tecnologie strategiche ai fini degli obiettivi europei di neutralità climatica e leadership digitale”. Sottolineatura assolutamente non casuale, considerato che proprio CDP ricopre un ruolo chiave per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che tanti fondi destina alla transizione energetica e digitale dell’Italia.
Il documento illustra quindi l’importanza delle materie prime critiche per molte tecnologie strategiche nei settori delle rinnovabili, mobilità elettrica, difesa e aerospazio e “presenta le possibili aree di intervento per l’Europa e per l’Italia nella prospettiva dell’autonomia strategica indispensabile per la transizione ecologica e digitale”.
Ebbene, il problema – perché di questo si tratta – è che nonostante la loro importanza strategica i Paesi dell’Unione Europea evidenziano una dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche superiore all’80%, nonché un ruolo spesso marginale nelle altre fasi delle catene del valore generate dalle relative tecnologie di adozione e sviluppo.
Un deficit grave perché, evidenzia CDP, “l’industria europea rischia di non riuscire a perseguire una leadership nelle filiere strategiche per la transizione ecologica e digitale, ma anche di compromettere la capacità di centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusivo e duraturo alla base di Green Deal e Digital Compass”.
Il ritardo sulle materie prime critiche parte da lontano, ma nell’attuale contesto di fragilità degli equilibri internazionali “l’UE risulta esposta a potenziali interruzioni nelle forniture di materie prime critiche a causa della limitata produzione interna e della dipendenza dagli approvvigionamenti da Paesi caratterizzati da elevato rischio geopolitico”.
Ma anche auspicando un raffreddarsi della situazione geopolitica, le previsioni da qui a metà secolo non sono affatto incoraggianti. Infatti, il report ricorda come in un suo scenario coerente con la neutralità climatica, la Commissione Europea stima che al 2050 la domanda annua di litio da parte dell’UE potrebbe aumentare di 56 volte rispetto ai livelli attuali, quella di cobalto di 15, mentre per le terre rare decuplicherebbe.
Il tema è comunque al centro del dibattito europeo e dovrebbe portare, proprio nel corso di questo mese, all’emanazione dello European Critical Raw Materials Act. Si tratta di un provvedimento che affronta il problema della dipendenza del continente in tema di materie prime critiche proponendo “una cura” basata sulla diversificazione degli approvvigionamenti e sulla promozione della circolarità.
“L’economia circolare – si legge nel documento di CDP – può fornire un contributo importante per attenuare il disallineamento tra domanda e offerta. Al 2040, tramite il riciclo delle batterie esauste, l’Unione Europea potrebbe soddisfare oltre la metà della domanda di litio (52%) e di cobalto (58%) attivata dalla mobilità elettrica”.
In tema di circolarità, offrono potenzialità interessanti due ambiti del riciclo:
Il riciclo da solo, tuttavia, non risulta sufficiente ad assicurare l’autonomia strategica dell’UE in tema di materie prime critiche. Nel report vengono quindi elencate le ulteriori attività funzionali alla strategia di mitigazione dei rischi di approvvigionamento.
In particolare gli ambiti d’azione, nel contesto economico e politico, sono tre: