Fotovoltaico negli USA: l’industria nazionale chiede di essere tutelata

Alcuni tra i più importanti produttori di fotovoltaico statunitense hanno presentato delle petizioni contro pratiche illegali di aziende con sede in Cina. Ma gli sviluppatori di progetti solari USA sono preoccupati per i possibili contraccolpi
Fotovoltaico negli usa, le aziende chiedono un supporto per contrastare la Cina

È un momento particolare per il fotovoltaico negli USA. L’American Alliance for Solar Manufacturing Trade Committee, coalizione composta dai principali produttori solari statunitensi, ha presentato alla Commissione per il commercio internazionale degli Stati Uniti e al Dipartimento del commercio degli Stati Uniti una serie di petizioni su dazi antidumping e compensativi.

L’obiettivo è indagare sulle pratiche commerciali potenzialmente illegali da parte di Cambogia, Malesia, Tailandia e Vietnam “che stanno danneggiando l’industria solare statunitense”, riporta il comunicato stampa.

Cosa chiede l’ American Alliance for Solar Manufacturing Trade Committee

Oggetto dell’indagine sarebbero principalmente società con sede in Cina, mentre i prodotti nel mirino delle petizioni sono celle fotovoltaiche in silicio cristallino, assemblate o meno in moduli, provenienti dai quattro Paesi asiatici citati.

La posizione dell’Alleanza ha suscitato la preoccupazione delle associazioni che rappresentano società sviluppatrici di progetti per la transizione energetica statunitense: si tratta di Solar Energy Industries Association, American Clean Power Association, Advanced Energy United e American Council on Renewable Energy.

“La dichiarazione di oggi crea incertezza nel mercato dell’industria solare statunitense e rappresenta una potenziale minaccia per la creazione di una catena di fornitura solare nazionale“, hanno scritto in una nota congiunta.

È una situazione delicata, quella espressa dalle due voci che esprimono il complesso mondo dell’energia rinnovabile USA, attesa a una crescita sensibile nell’anno in corso. Secondo le previsioni rilasciate dall’Energy Information Administration, fotovoltaico ed eolico sono destinate a guidare la crescita della produzione di energia negli Stati Uniti per i prossimi due anni.

Chi tutela il fotovoltaico USA

Il fotovoltaico negli USA, in termini di industria manifatturiera, viene descritto “all’apice di una crescita straordinaria che creerà posti di lavoro e cambierà la traiettoria della transizione statunitense verso l’energia pulita per i decenni a venire”, ha scritto Timothy Brightbill, co-presidente dell’International Trade Practice di Wiley e principale consulente legale delle sette aziende associate dell’American Alliance for Solar Manufacturing Trade Committee.

Parco fotovoltaico installato in Nevada
Parco fotovoltaico in Nevada

Tuttavia, questa rinascita manifatturiera è minacciata dalla politica industriale cinese, che ha portato a massicce sovvenzioni in Cina e nel Sud-Est asiatico. Ciò si traduce in elevati volumi di dumping sui mercati globali, compresi gli Stati Uniti, “danneggiando i nostri produttori nazionali” specifica ancora Brightbill.

La coalizione rappresentata dal suo studio legale è composta da aziende che chiedono l’applicazione della legge sul commercio “contro entità straniere impegnate in pratiche illegali per proteggere i posti di lavoro, garantire prezzi equi e promuovere una forte industria solare americana”.

Ci sono in gioco grandi piani di sviluppo. Giusto per fare due esempi: First Solar prevede una capacità produttiva di 14 GW negli Stati Uniti entro il 2026. Entro l’anno in corso, Qcells prevede che la sua capacità di produzione solare nei suoi due stabilimenti in Georgia raggiungerà gli 8,4 GW all’anno.

Dumping, un rischio per il solare made in USA

Con dumping si definisce una pratica per cui delle imprese introducono in un altro mercato dei prodotti a un prezzo molto inferiore rispetto a quello di mercato.

Il presunto dumping e il sussidio dei prodotti fabbricati nel sud-est asiatico per evitare le regole commerciali statunitensi hanno comportato un eccesso storico di pannelli solari che si ritiene siano venduti a prezzi inferiori al costo di produzione.

L’Agenzia internazionale per l’energia, nel report Renewables 2023, riferisce che nei magazzini americani sono presenti scorte di pannelli per un anno e mezzo.

Le importazioni negli Stati Uniti hanno superato le installazioni nel 2023 di oltre 25 GW e nello stesso periodo i prezzi sono diminuiti di oltre il 50%, rileva l’American Alliance for Solar Manufacturing Trade Committee. “Questo comportamento anticoncorrenziale e distorsivo del mercato mina la parità di condizioni necessaria affinché i produttori solari statunitensi possano competere in base ai propri meriti”. 

La posizione delle aziende del fotovoltaico USA parte anche dalla consapevolezza che la quota di mercato globale delle aziende di proprietà cinese nel settore dei prodotti fotovoltaici è superiore all’80%, rileva Wood Mackenzie.

Il Governo Biden e l’IRA a sostegno dei produttori nazionali

La coalizione delle aziende del fotovoltaico USA ricorda gli importanti effetti occupazionali generati grazie all’Inflaction Reduction Act sul settore manifatturiero solare, evidenziati da un recente report finanziato dalla BlueGreen Alliance.

Inoltre, richiama la posizione del Governo, bene espressa lo scorso marzo dalla Segretaria del Tesoro, Janet Yellen. Nella visita dello stabilimento riavviato di Suniva – uno dei primi produttori di celle solari nel Nord America che dovette dichiarare bancarotta nel 2017 a seguito di una ondata di importazioni di energia solare a prezzi artificialmente bassi a causa dei pesanti sussidi governativi stranieri.

La stessa Yellen ha esposto la propria preoccupazione per le ricadute globali derivanti dall’eccesso di capacità “cui stiamo assistendo in Cina. Per il Presidente Biden e per me è importante che le aziende e i lavoratori americani possano competere in condizioni di parità”.

L’anno scorso il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti si era espresso con decisione definitiva che i produttori cinesi di energia solare stavano aggirando le tariffe su celle e pannelli fotovoltaici, spedendo i loro prodotti attraverso Cambogia, Malesia, Tailandia e Vietnam. “Tuttavia, l’amministrazione ha imposto una moratoria di due anni su queste tariffe, dando ai produttori solari di proprietà cinese in questi paesi il tempo di spostare le loro catene di approvvigionamento”, ricorda ancora la coalizione.

La preoccupazione degli sviluppatori energetici

Da una parte si pone la richiesta di tutela o, quantomeno, di poter agire in condizioni eque, richiesta dai produttori del fotovoltaico degli USA. Dall’altra, c’è la preoccupazione di chi intende investire in progetti di sviluppo e teme ricadute importanti in termini di rialzi dei prezzi dei prodotti solari.

A esprimerla è stata la Solar Energy Industries Association, insieme all’American Clean Power Association, l’Advanced Energy United e l’American Council on Renewable Energy.

SEIA rappresenta circa mille aziende del fotovoltaico e dell’energy storage. ACP dà voce a oltre 800 società di energy storage, eolico, solare su larga scala, idrogeno verde e società di trasmissione. Advanced Energy United, invece, rappresenta le aziende di servizi energetici avanzati, il cui mercato ha raggiunto quasi 375 miliardi di dollari nel 2022. ACORE è un’organizzazione nazionale non profit nata per accelerare la transizione energetica negli Stati Uniti.

Come assicurare la sicurezza energetica USA

Nella nota congiunta partono dalla constatazione che la sicurezza energetica dell’America si basa sulla costruzione di una forte catena di approvvigionamento solare nazionale. Per questo si dicono profondamente preoccupati che le petizioni avviate dalla American Alliance for Solar Manufacturing Trade Committee porteranno a un’ulteriore volatilità del mercato nel settore solare e di stoccaggio statunitense. Inoltre, creeranno incertezza in un momento in cui servono soluzioni efficaci che supportino i produttori solari statunitensi.

La necessità di SEIA e delle altre associazioni è di contare su azioni costruttive, come il credito d’imposta avanzato sul settore manifatturiero e altre politiche, per:

  • espandere la produzione solare nazionale;
  • distribuire energia pulita su larga scala per soddisfare la crescente domanda di elettricità.

Per questo stanno esortando l’amministrazione Biden a prendere in considerazione “soluzioni alternative per affrontare le preoccupazioni dei firmatari in modo da poter sostenere i produttori americani e mantenere una fiorente economia dell’energia pulita lungo tutta la catena del valore”.

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Andrea Ballocchi

Giornalista freelance, si occupa da anni di tematiche legate alle energie rinnovabili ed efficienza energetica, edilizia e in generale a tutto quanto è legato al concetto di sostenibilità. Autore del libro “Una vita da gregario” (La Memoria del Mondo editrice, prefazione di Vincenzo Nibali) e di un manuale “manutenzione della bicicletta”, edito da Giunti/Demetra.
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