La neutralità climatica è un traguardo fissato dall’Europa per le città, da raggiungere entro la metà del secolo. Che un cambio di rotta sia necessario, in termini di inquinamento e consumo delle risorse, è ormai chiaro, ma il riuscirci in modo efficace non è altrettanto immediato.
Quando si parla di neutralità climatica si intende che un’attività non è causa di emissioni in atmosfera e, quindi, non impatta sull’ambiente. Riferita alle città, raccoglie in realtà un insieme di tematiche differenti che, nel loro complesso, determinano la sostenibilità di un centro urbano, composto di edifici, infrastrutture e persone.
Al 2050 non manca molto, ma il percorso è lungo e articolato. Ha senso chiedersi, quindi, a che punto siamo ora, a distanza di 28 anni dall’obiettivo finale.
Per rispondere a questo quesito è possibile fare riferimento all’indagine eseguita dal Green City Network della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e il Gestore dei Servizi Energetici, condotta lo scorso aprile e presentata nel mese di giugno. Sono state prese in esame diverse città italiane, di differenti dimensioni. Si tratta di centri urbani che, nel complesso, ospitano milioni di italiani, anche per la presenza nel campione di 10 aree metropolitane.
Dall’indagine emerge che le cose si stanno muovendo, ma molto lentamente e non in modo uniforme e distribuito. Infatti, solo il 4% delle città italiane ha posto tra i propri obiettivi la neutralità climatica. Anche estendendo l’analisi, in generale emerge un basso livello di reattività rispetto ai nuovi obiettivi ambientali posti dall’Europa. Infatti, anche se il 69% ha redatto il Paes o il Paesc, solo la metà ne monitora i risultati. Allo stesso modo, l’85% dei Comuni ha aderito al Patto dei sindaci, ma il 46% non ha aggiornato i target per il clima al 2030.
Raggiungere la neutralità climatica significa intervenire su più fronti, con progetti e interventi che toccano dimensioni quali
La sensibilità delle città verso questi temi è differente, anche se in alcuni casi l’impegno è maggiormente condiviso.
Ne sono un esempio i progetti di riqualificazione energetica, che nel 73% delle città coinvolgono gli edifici pubblici. Anche in questo caso, la vera criticità è il monitoraggio, oltre all’incapacità di rendere questi interventi strutturati e pianificati. È per questo che la maggior parte delle città si discosta dal target europeo che prevede il 3% di riqualificazione annua. Risultati deludenti anche in materia di monitoraggio dei consumi energetici e di nomina degli energy manager, assenti nel 67% delle città italiane.
Mobilità dolce, infrastruttura per i veicoli elettrici, aumento ed efficientamento dei trasporti pubblici, sono alcuni dei principali impegni che le città assumono quando si parla di mobilità sostenibile, tanto che il 90% delle città prevede nuove piste ciclabili e installazione di colonnine di ricarica elettrica.
Come detto per l’efficienza energetica, però, sarebbe necessario un piano complessivo e strutturato, che guardi all’intero sistema dei trasporti e al modo in cui renderlo nel suo insieme più sostenibile.
Non cresce ancora abbastanza l’economia circolare, che rimane un qualcosa di “teorico” per la maggior parte delle città. Non è sufficiente raggiungere ottimi risultati nella raccolta differenziata se, poi, non si diffondono in modo adeguato soluzioni per il riuso e il riciclo dei rifiuti.
Il 90% delle città, invece, ha previsto interventi di incremento del verde urbano, proprio con l’obiettivo di favorire un maggior assorbimento della CO2.
Tra le energie rinnovabili, infine, è in testa il fotovoltaico, introdotto nella metà delle città oggetto di analisi, seguito dal solare termico. Anche in questo caso, uno dei problemi riguarda il monitoraggio e la capacità di analizzare i dati, ad esempio relativi alla percentuale di fabbisogni energetici coperti con le rinnovabili.
In conclusione, emerge chiaramente che nella maggior parte delle città si stiano facendo alcuni passi in avanti, ma manca una vera e propria gestione del cambiamento, in quanto sembra assente una programmazione strutturata dello stesso. Basti pensare al fatto che, nella maggioranza delle città, non si è in grado di definire il risultato globale raggiunto in termini di tagli di CO2, perché dovuto a progetti e interventi puntuali e tra loro non connessi.