Parlare di Comunità Energetiche Rinnovabili o CER al giorno d’oggi è un argomento di estrema attualità, trattandosi di uno strumento di welfare strutturale che risponde alle esigenze territoriali di famiglie, imprese, Enti e Terzo settore. In concreto, si tratta di un modo innovativo di produrre e di distribuire energia dal basso, portando a una serie di benefici per l’intera comunità. Dell’importanza delle Comunità Energetiche Rinnovabili, dei vantaggi correlati, degli step da seguire per crearle e di altre informazioni utili a riguardo, si è parlato nel corso del recente webinar Comunità rinnovabili e solidali, organizzato da Legambiente. Analizziamo alcuni dei punti più interessanti emersi dall’incontro, partendo dall’origine dell’idea di Comunità Energetica.
Le Comunità di Energia Rinnovabile (CER) e l’Autoconsumo Collettivo (AUC) sono stati introdotti a livello europeo con la Direttiva UE 2001/2018. Finalità principale della normativa è di spingere gli Stati Membri verso un crescente utilizzo delle fonti rinnovabili,
prevedendo, tra le varie forme, anche quelle legate all’autoconsumo.
Grazie al concetto di autoconsumo, il cittadino da semplice consumatore assume un ruolo centrale, divenendo Prosumer, ovvero parte attiva della produzione e distribuzione energetica. Le norme europee si pongono quindi come uno strumento essenziale per cambiare volto al mercato dell’energia, con l’obiettivo di renderlo equo, democratico e sostenibile, per una migliore qualità di vita e, nel contempo, per la nascita di nuovi posti di lavoro.
In Italia, le comunità energetiche rinnovabili e le configurazioni di autoconsumo collettivo, dopo una prima sperimentazione durata oltre un anno grazie alla Legge Milleproroghe 2020, da novembre 2021 sono regolate dal Decreto Legislativo 199/2021, recentemente integrato con la conversione in Legge del DL 77/2021. In base a quanto stabilito a livello legislativo, nel nostro Paese, le Comunità Energetiche Rinnovabili e le pratiche di Autoconsumo Collettivo hanno l’obiettivo primario di offrire benefici ambientali, economici e sociali a chiunque vi partecipi attivamente.
Chiunque può far parte di una comunità energetica, offrendo così il proprio contributo concreto alla transizione energetica in corso. Accanto ai singoli cittadini, a una comunità possono partecipare condomini, piccole e medie imprese, Enti locali, Pubblica Amministrazione e Terzo settore.
Dietro a iniziative come le Comunità Energetiche Rinnovabili si celano svariati obiettivi. Tra i più importanti:
Le Comunità Energetiche rappresentano uno strumento strategico per il territorio (evidenziato anche dall’ultimo Report sulle Energy Community dell’Energy & Strategy Group) perché, se ben strutturate, riescono nel compito cruciale di soddisfare interamente il fabbisogno di energia di interi territori. Il tutto nel pieno rispetto dell’ambiente. Il modello di autoproduzione si fonda infatti sull’utilizzo di fonti rinnovabili, offrendo così un importante contributo nella lotta al cambiamento climatico. Le Comunità energetiche sono non a caso alla base della rivoluzione energetica che ci condurrà via via verso la decarbonizzazione.
Oltre alla sostenibilità, le CER offrono dei significativi vantaggi economici, permettendo ai rispettivi membri di abbattere i costi in bolletta, con un risparmio che si spinge in taluni casi fino al 45%.
A trarre beneficio dalla diffusione delle Comunità Energetiche è anche il mondo del lavoro. Si stima che negli anni a venire, nel nostro Paese questo comparto condurrà alla nascita di almeno 19 mila nuovi posti di lavoro. Una cifra considerevole che pone in evidenza il valore di questa nuova modalità di produrre e di distribuire energia.
Dietro al concetto di Comunità Energetiche si cela anche una importante componente sociale che vede il coinvolgimento diretto di cittadini, attività commerciali, Enti, imprese e strutture di vario genere, che si uniscono sinergicamente, risultando in grado di produrre e di scambiare energia in una piena ottica collaborativa.
Alle Comunità Energetiche va anche riconosciuto un contributo significativo nel raggiungimento dell’autosufficienza energetica del nostro Paese. Entra sotto questo punto di vista in gioco il ruolo essenziale svolto dai territori nelle sfide globali che ci attendono.
Da alcuni anni a questa parte un numero crescente di imprese artigiane sta investendo nella realizzazione di Comunità Energetiche. Questa scelta nasce da una consapevolezza radicata da svariato tempo tra gli artigiani, ossia che la generazione distribuita rappresenta il modello vincente nell’attuale gestione energetica. Per generazione distribuita si intende l’approccio che fa uso di energia rinnovabile per consentire a un’azienda di produrre autonomamente l’energia necessaria al proprio fabbisogno, efficientando i consumi, migliorando la sostenibilità ambientale e riducendo i costi.
Il nostro Paese è infatti del tutto compatibile con un simile modello anche grazie agli sviluppi tecnologici che hanno migliorato le prestazioni delle fonti rinnovabili rendendole competitive rispetto alle forme di generazione fossile tradizionali.
Per dare vita a una Comunità Energetica rinnovabile, l’iniziativa può partire da qualsiasi soggetto pubblico o privato. Questo significa che anche dei semplici cittadini che abitano nel medesimo quartiere possono portare a termine il progetto. Esistono diversi passi per potere creare una comunità energetica. Di seguito il percorso da seguire.
Il primo passaggio consiste nell’individuazione dell’area da destinare all’installazione dell’impianto. Nel contempo, occorre raccogliere, da tutti i potenziali membri della comunità, il consenso al trattamento dei dati e i loro numeri di fornitura (pod).
Come secondo passaggio, è necessario procedere con la costituzione del soggetto giuridico. La Comunità Energetica non può avere come finalità il profitto finanziario. Ne consegue che i soggetti giuridici che la creano possono essere essenzialmente o cooperative o associazioni, costituite con un semplice contratto.
Una Comunità energetica non ha risorse economiche per auto finanziarsi mediante contributi diretti dei membri. Per questo motivo, deve assicurarsi il finanziamento attraverso terzi soggetti. Le modalità più frequenti sono quelle che prevedono il convenzionamento con il Comune o altri Enti territoriali tramite finanziamenti statali agevolati.
Le Comunità Energetiche possono inoltre fruire di incentivi che sono compatibili con altri strumenti di supporto quali le detrazioni fiscali per impianti a fonti rinnovabili 50%. Si può beneficiare di queste agevolazioni nel caso in cui l’impianto sia di proprietà della Comunità o di soggetti privati che aderiscono alla stessa.
Come tutti gli altri soggetti, anche gli Enti locali possono scegliere di autoconsumare energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, puntando a molteplici scopi, come:
Per diventare un auto-consumatore, un Ente locale deve seguire un iter che parte dall’analisi indispensabile dei propri consumi energetici fino ad arrivare alla manutenzione e alla gestione degli impianti, passando attraverso la contestualizzazione degli interventi negli atti di programmazione e l’affidamento della realizzazione delle azioni da mettere in atto.
Un Comune può assumere diversi ruoli rispetto a una Comunità Energetica Rinnovabile:
Grazie alla loro funzione amministrativa, i Comuni occupano un ruolo determinante nella promozione della Energy Community. Le azioni da portare avanti possono essere di svariato genere, ad esempio:
Nel suo ruolo di promotore, invece, il Comune può svolgere azioni altrettanto importanti quali:
Un Comune ha inoltre la possibilità di aderire a una CER esistente, divenendo membro della stessa, sotto forma sia di consumatore sia di produttore/consumatore.
Come ultima opportunità, un Comune può contribuire attivamente a una CER mettendo a disposizione i propri spazi a iniziative private o come risposta a situazioni di carenza energetica. In concreto l’Ente può offrire: