Energy community in Italia: scenari, strategie, opportunità

Riflessioni sul recepimento delle Direttive RED II e EMD II e sulla strada da percorrere per garantire un efficiente ed efficace sviluppo delle energy community in Italia
Energy community in Italia: lo studio dell'E&S Group

Il bene prevarrà sul male, nello sviluppo delle energy community in Italia? Il Clean Energy Package europeo spinge sul rafforzamento del link tra rinnovabili e autoconsumo collettivo. Ma l’iter di recepimento delle direttive Ue ci vede alle prese con definizioni giuridiche, sostenibilità economica ed evoluzione “culturale” dei soggetti pubblici e privati coinvolti nella transizione energetica.

Con il report “Le Energy Community in Italia: l’evoluzione del quadro normativo e ricadute attese per il sistema-paese”, gli esperti dell’Energy & Strategy del Politecnico di Milano provano a fare chiarezza in merito. Sullo sfondo, l’obiettivo di suggerire al policy maker le modalità normative più efficaci per accompagnare questo percorso e massimizzarne le ricadute economiche, sociali e ambientali.

Evoluzione delle energy community in Italia

“Le comunità possono contribuire in modo significativo allo sviluppo del sistema energetico italiano e alle ambizioni rinnovabili del Pniec – spiega Simone Franzò, project leader del’E&S Group -. Tuttavia, sta proprio alle istituzioni agire perché tale potenziale si possa esprimere con successo”.

A cominciare dalle direttive europee RED II e EMD II, che introducono le prime definizioni di energy community e le relative configurazioni da tradurre nel contesto nazionale.

Energy community in Italia: timeline normativa

Tre modi di fare comunità

In particolare, la direttiva RED II introduce due categorie chiave:

  • AC.FER (autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente): gruppo di almeno 2 soggetti dello stesso edificio o condominio, con la possibilità che un soggetto terzo sia proprietario dell’impianto senza essere considerato consumatore di energia rinnovabile;
  • REC (Renewable Energy Community): soggetto giuridico composto da persone fisiche, Pmi o autorità locali ubicate nelle vicinanze dell’impianto, di proprietà della comunità energetica rinnovabile.

La direttiva EMD II prevede poi una terza configurazione denominata CEC (Citizen Energy Community). La comunità dei cittadini “rilassa” i vincoli di prossimità e di fonte green delle precedenti tipologie, lasciando anche ulteriore margine di azione ai singoli Stati membri nel definire i contorni della realizzazione e della gestione della rete energetica.

Cosa significa partecipare

Le aree più chiare delle direttive Ue sono quelle relative alla partecipazione. La membership, rigorosamente aperta e volontaria, è limitata a soggetti per i quali l’autoconsumo non costituisca l’attività principale. Questo perché l’obiettivo delle comunità energetiche, leggiamo nei documenti comunitari, è “fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari”.

Il percorso nazionale

In tema di perimetro delle community, l’Italia ha finora definito due provvedimenti. Nel Milleproroghe (febbraio 2020) e nel Documento di Consultazione 112 di Arera (aprile 2020), si parla di utenze sottese alla stessa cabina MT/BT. Ma tale definizione potrebbe essere rivalutata nel recepimento del Clean Energy Package.

Restano poi da considerare gli estremi degli autoconsumatori collettivi: la definizione di “edificio o condominio” nella configurazione AC.FER include il supercondominio? Senza dimenticare le forme giuridiche assegnabili a REC e CEC e il raggio d’azione dei soggetti terzi. Da capire, per questi ultimi, la possibilità di essere inquadrati come proprietari degli asset o gestori delle attività, con tutte le ricadute in termini di ripartizione dei benefici economici.

Quanto conta la sostenibilità economica

Abbiamo sottolineato che le finalità primarie delle energy community non riguardano i profitti. Eppure, la sostenibilità economica rimane un driver fondamentale per la diffusione di AC.FER, REC e CEC. Il report schiude interessanti scenari sia nel caso di aggregazione autonoma, sia quando soggetti terzi si fanno promotori dell’iniziativa.

La ricerca dell’Energy & Strategy del Politecnico di Milano è nata in collaborazione con areti, BePower, Edison, Enel X, Energy Wave, Eni, EPQ, Falck Renewables e Siram Veolia

Tre archetipi di comunità per due modelli di business

L’analisi si basa su oltre 2.300 casi di comunità energetiche e autoconsumatori collettivi. Modelli diversi per tipologia e numero di utenze, “riassunti” in tre archetipi: condominio, ovvero modello di AC.FER; quartiere residenziale e uffici (esempio di REC) e polo industriale, in rappresentanza delle CEC.

Alle tre casistiche si applicano due modelli di business, analizzati in presenza e in assenza di sistemi di accumulo. Il Turnkey parla di costi sostenuti dai membri della comunità energetica, che ne condividono anche i benefici. L’approccio ESCo, invece, fa riferimento a un soggetto terzo che sostiene i costi di sviluppo e gestione del progetto al quale spetta, in diverse forme, parte dei ricavi a esso collegati.

Sostenibilità delle community secondo il modello Turnkey

Su quali incentivazioni puntare

Dall’analisi del primo modello emerge che un incentivo proporzionale all’energia condivisa dalla comunità, se opportunamente tarato, garantisce la sostenibilità economica dell’investimento. Appare infatti coerente con le finalità di tali aggregazioni privilegiare l’incentivo sull’autoconsumo virtuale rispetto a quello sull’intero ammontare dell’energia prodotta.

Questo per favorire la diffusione di:

  • impianti di generazione opportunamente dimensionati;
  • sistemi di accumulo, a beneficio degli utenti e dell’intero sistema elettrico;
  • comportamenti virtuosi volti a massimizzare l’autoconsumo.

Il ruolo dei soggetti terzi

Quanto al modello ESCo, la sostenibilità si ottiene più facilmente quando il promotore riesce ad aggregare un elevato numero di utenze energetiche. I soggetti terzi, in particolare, possono giocare il ruolo di “abilitatori” delle energy community e dell’autoconsumo collettivo, favorendone la nascita e fornendo competenze energetiche e capacità di investimento.

A patto che i policy maker italiani si attivino per chiarire il loro spazio di manovra e per attuare provvedimenti correlati che ne incentivino economicamente l’azione.

Energy community in Italia secondo il modello eSCo

Rinnovabili e accumulo: serve la svolta

Lo storage sottende – e a tratti compromette – la sostenibilità economica di queste iniziative. Il suo impatto, infatti, risulta significativo solo quando il sistema di accumulo consente di aumentare la percentuale di autoconsumo. In entrambi i modelli elaborati, queste applicazioni risultano peggiorative perché richiedono un incentivo più elevato per pareggiare gli “economics”.

“Se vogliamo promuovere la diffusione dei sistemi di accumulo – aggiunge Franzò -, serve dedicare loro specifiche misure di sostegno. Oltre all’azione positiva sull’autoconsumo, lo storage va incentivato perché rappresenta un asset importante nell’evoluzione delle smart grid italiane”.

Tanti risvolti per le community energetiche in Italia

Cosa comporterà, in concreto, la creazione delle comunità? Il report stima ricadute economiche, energetiche, sociali e ambientali. Lo fa offrendo tre ipotetici scenari di diffusione (basso, medio e alto), associati alle differenti modalità di recepimento delle direttive europee.

Scenario medio in cifre

In medio stat virtus”, pensano gli esperti del Politecnico di Milano, soffermandosi in particolare su questo scenario già abbastanza ottimistico. Parliamo di 26.000 unità tra comunità energetiche ed autoconsumatori nell’arco di 5 anni. Iniziative pronte a coinvolgere circa 750 mila nuclei familiari, 150 mila uffici e 8.000 Pmi.

Ciò significa installare circa 3.600 MW di potenza fotovoltaica, ovvero il 55% dell’obiettivo previsto dal Pniec al 2025. In combinazione, si prevede un range tra 9 e 185 MWh di storage, in funzione della tipologia di incentivo alla comunità.

L’autosufficienza energetica conviene

I flussi finanziari di tutta l’operazione dipendono dai sistemi di incentivazione, dalle misure fiscali e dagli attori della filiera. Queste le stime nell’arco temporale di 25 anni, dal 2021 al 2044:

  • soggetti terzi: 2,2 miliardi di euro;
  • fornitori di tecnologie: 2,3 miliardi di euro;
  • comunità energetiche e autoconsumatori collettivi: 4,6 miliardi di euro;
  • sistemi di incentivazione statale, al netto del gettito fiscale: 5,4 miliardi di euro;

I produttori “tradizionali” di energia scontano una diminuzione del volume d’affari, piuttosto prevedibile alla luce degli obiettivi Pniec.

Ma ci vuole coraggio

Interessante, a questo punto, un rapido confronto tra gli scenari. Nei flussi finanziari di quello alto, il report parla di 8 miliardi di euro a vantaggio degli utenti delle comunità, di oltre 4,5 miliardi di euro per i soggetti terzi e di 3,5 miliardi per i technology provider, a fronte naturalmente di maggiore iniezione da parte dello Stato. Emerge invece una sostanziale irrilevanza nella casistica bassa.

“I dati dimostrano che gli sforzi compiuti saranno vani se non raggiungeremo almeno lo scenario medio – commenta Davide Chiaroni, vice direttore scientifico dell’E&S Group -. Un recepimento poco coraggioso delle direttive Europee non avrà sostanzialmente alcun impatto sul sistema Paese”.

Ricadute delle energy community in Italia

Le ricadute nette della diffusione di AC.FER, REC e CEC – Scenario Medio (Fonte: E&S Group del Politecnico di Milano)

Non solo economia: 5 benefici della “via” collettiva

Le ricadute di AC.FER, REC e CEC coinvolgono anche altri aspetti. Dall’aumento delle rinnovabili all’ottimizzazione della rete elettrica, dalle minori emissioni di gas serra ai risvolti occupazionali, le community energetiche convengono sotto tanti punti di vista.

Ne approfondiamo 5, sempre associati allo scenario medio:

  • riduzione perdite di rete: 74 GWh, pari a circa 4 milioni di euro;
  • taglio costi distribuzione energia: circa 540 milioni di euro;
  • energia rinnovabile (annuale al 2025): 4.400 GWh/anno, 12% obiettivo Pniec 2025;
  • riduzione emissioni CO2 (annuale al 2025): 1,3 milioni di tonnellate;
  • posti di lavoro diretti: 6.500 unità;

Via libera alla vera transizione energetica

“I benefici delle comunità energetiche e dell’autoconsumo collettivo vanno oltre i confini energetici ed economici di tali forme giuridiche, con importanti ricadute per tutta la filiera – conclude Chiaroni -. Queste iniziative possono infatti abilitare una serie di investimenti complementari legati a efficienza energetica, ricarica dei veicoli elettrici, accumulo e ulteriori tecnologie smart”.

Con normative chiare e incentivi adeguati, dunque, l’Italia ha davanti a sé l’opportunità di creare dei veri e propri hub per l’evoluzione del sistema elettrico nazionale.

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Maria Cecilia Chiappani

Copywriter e redattore per riviste tecniche e portali dedicati a efficienza energetica, elettronica, domotica, illuminazione, integrazione AV, climatizzazione. Specializzata nella comunicazione e nella promozione di eventi legati all'innovazione tecnologica.
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