Il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica fissati al 2050 dal percorso di transizione energetica non deve passare esclusivamente dall’abbandono progressivo dei combustibili fossili. Questa roadmap virtuosa verso una sempre maggiore diffusione delle rinnovabili, che rivestono un ruolo cardine nella visione green dell’UE, deve invece essere contestualizzata in una visione più ampia, che si concentri anche su un’adeguata valorizzazione dell’economia circolare e, in generale, di tutte quelle misure capaci di ridurre massimo lo spreco delle risorse naturali che il pianeta ci mette a disposizione.
Da questo punto di vista, una questione di cruciale importanza è quella della scarsità di acqua dolce su scala globale, una situazione che rende indispensabile puntare su un efficace trattamento delle acque reflue. A ribadire la centralità del problema è il nuovo studio Energy Transition Equation di ABB che, pur considerando fondamentale la gestione circolare delle acque reflue, sottolinea allo stesso tempo come sia necessario ridurre al massimo le emissioni e i consumi di questi processi di depurazione, altamente energivori, attraverso soluzioni come l’automazione e le tecnologie digitali.
Entrando più in dettaglio, la ricerca evidenzia come il settore del trattamento delle acque reflue crescerà a livello globale in modo rilevante nei prossimi anni, passando da 300 miliardi di dollari nel 2022 a ben 490 miliardi entro il 2029.
Questo trend di crescita è legato al continuo aumento della domanda mondiale di acqua pulita (che registrerà un +30% entro il 2050), ma anche all’aumento della popolazione mondiale, che entro la stessa data raggiungerà quota 10 miliardi.
Se dunque questo comparto si svilupperà in modo così rilevante, ad aumentare saranno anche i suoi consumi di energia e le sue emissioni. In particolare, secondo la ricerca questi impianti sfrutteranno un quantitativo di energia compreso tra l’1 e il 3% della produzione globale, contribuendo a generare oltre l’1,5% alle emissioni di gas serra.
Da questi numeri ben si comprende come sia fondamentale ridurre al massimo l’impatto ambientale di questi processi, che di per sé sono finalizzati a promuovere filiere virtuose di riutilizzo di risorse naturali. Per raggiungere questo obiettivo, secondo lo studio di ABB, bisogna puntare sull’adozione e sull’integrazione avanzata delle tecnologie di automazione e di digitalizzazione dei processi, che possono dare un grande aiuto nel ridurre i consumi energetici e le emissioni di gas serra.
Dalla ricerca emerge in particolare che le utility possono arrivare a ottenere una riduzione delle emissioni di CO2 nei loro siti di trattamento delle acque reflue pari a un valore vicino alle 2.000 tonnellate all’anno. Questo dato corrisponde a un volume equivalente di CO2 capace di causare lo scioglimento di circa 30.000 tonnellate di ghiacciai ogni anno.
Numeri importanti, se si considera che, con oltre 50.000 impianti di depurazione in attività in tutto il mondo, l’applicazione su vasta scala di tecnologie digitali e di automazione può generare un risparmio potenziale di CO2 che supera i 100 milioni di tonnellate.
Notevoli vantaggi si possono poi ottenere anche in termini di riduzione dei costi di gestione degli impianti di depurazione, con risparmi che possono arrivare fino a 1,2 milioni di dollari. In sostanza le soluzioni di automazione e digitalizzazione consentirebbero di realizzare un percorso virtuoso capace di coniugare risparmi economici e tutela ambientale.
