L’obbligo di installare sistemi per la produzione di energia rinnovabile, sia nei nuovi edifici che nel caso di ristrutturazione rilevante, ha lo scopo di ridurre l’impatto ambientale dell’edilizia. Il mondo delle costruzioni, infatti, è responsabile di una fetta importante dei consumi energetici in Italia, che a loro volta portano con sé consumo di risorse ed emissioni in atmosfera.
Secondo il report “La transizione energetica nazionale nel 2021” del Ministero della Transizione Ecologia nel 2021 il consumo energetico in ambito privato civile è stato di 49.479 ktep di energia, con un aumento del 5,8% sull’anno precedente. Di questa energia, il 66% è dovuto proprio al funzionamento degli impianti, mentre la restante parte è imputabile al trasporto. Le fonti energetiche principalmente utilizzate risultavano essere il metano, la legna e l’elettricità.
Secondo il Country Profile presente sul sito del progetto europeo Odysee-Mure, a cui ha partecipato anche l’ENEA, dal 2010 al 2017 l’efficienza energetica dei consumi finali è migliorata con un valore dell’1,1% annuo, ma in ambito residenziale è stata solo dello 0,7% annuo. Ciò non posiziona il nostro Paese tra i virtuosi d’Europa ed emerge che un’abitazione italiana tipo consuma circa il 50% in più della media europea.
È chiara, quindi, l’urgenza di migliorare l’efficienza energetica e la quota delle rinnovabili in uso. Questione resa ancor più importante a seguito della situazione economico-politica scaturita nel 2022, per la quale l’Europa ha proposto il piano RepowerEu, per favorire l’indipendenza energetica anche attraverso la diffusione dell’energia rinnovabile e azioni quali l’obbligo di installazione dei pannelli solari e fotovoltaici su tutti i tetti d’Europa entro il 2030.
L’obbligo di soddisfare almeno parte del fabbisogno energetico di un edificio mediante il consumo di energia rinnovabile viene introdotto con il D.Lgs 199/2021, che recepisce la Direttiva Europea 2018/2001. In realtà, aggiorna quanto già previsto dal Decreto Legge n. 28/2011.
Da giugno 2022, quindi, tutti gli edifici privati di nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazione rilevante devono coprire il 60% dei propri consumi energetici per la climatizzazione e per la produzione di acqua calda sanitaria con energie rinnovabili. Se si tratta di edifici pubblici, l’obbligo sale al 65%. Si aggiunge, inoltre, un obbligo sull’installazione di una potenza elettrica degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in relazione alla superficie dell’edificio.
L’evoluzione normativa ha visto crescere la percentuale prevista di rinnovabili in modo notevole, considerando che il DL 28/11 è partito nel 2012 e 2013 con un obbligo di copertura dei consumi previsti per la produzione di ACS (acqua calda sanitaria), il riscaldamento invernale ed il raffrescamento estivo pari al 20% per il privato e al 22% per i pubblici.
Tra le deroghe al decreto, oltre agli edifici sottoposti a tutela, c’è anche la possibilità di allacciarsi a un impianto di teleraffrescamento e teleriscaldamento. Non è necessario soddisfare l’obbligo imposto di copertura con rinnovabili al 60%, purché si copra in questo modo l’intero fabbisogno energetico per riscaldamento e ACS.
Per conoscere quali siano le soluzioni ammesse per soddisfare l’obbligo di consumo di energia rinnovabile per almeno il 60% del fabbisogno globale, è possibile fare riferimento all’allegato del DM 26/06/2015, che definisce le cosiddette FER. Per ogni vettore energetico è indicato il fattore di conversione in energia primaria, che prende in considerazione anche le perdite durante il ciclo di estrazione e distribuzione, specificando anche quale quota è considerata rinnovabile e quale non rinnovabile.
Nello specifico, i vettori energetici che si possono considerare per rispondere a quanto chiesto dal D.Lgs 199/2021 sono:
A ciò, si deve aggiungere una specifica relativa all’energia elettrica prelevata dalla rete, che per una quota è considerata rinnovabile. Di conseguenza, è possibile mixare le suddette fonti, andando a calcolare la quota raggiunta, considerando il consumo effettivo e la conseguente quantità di energia primaria corrispondente. La scelta, quindi, ricade su: