Riscaldamento sostenibile: il ruolo di gas e idrogeno nel futuro dell’Europa

L’Europa vuole ridurre emissioni e consumi energetici, puntando su sistemi di riscaldamento sostenibile ed efficiente. Elettrificazione dei consumi e pompe di calore sono le opzioni prioritarie, ma vanno considerati alternative possibili, tra cui green gas e idrogeno, come ha rilevato Assotermica
Riscaldamento sostenibile: quali tecnologie?

C’è bisogno di contare su opzioni di riscaldamento sostenibile per gli edifici, residenziali e non, per riuscire a raggiungere gli obiettivi posti dall’Unione Europea. L’UE ha fissato target sfidanti in termini di produzione da fonti rinnovabili, efficienza energetica e riduzione delle emissioni.

Il vero ago della bilancia sono e saranno gli edifici, soprattutto quelli esistenti. Stando alla realtà italiana, il 60% dei casi nazionali sono caratterizzati da prestazioni energetiche carenti. Circa l’80% dei consumi di un’abitazione sono dovuti alle funzioni di riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda.

Evoluzione normativa: Direttiva Case Green

Pochi giorni fa è stata approvata l’EPBD. La Direttiva Case Green intende creare le condizioni per ridurre drasticamente entro il 2030 il consumo energetico e le emissioni di gas serra degli edifici, puntando a edifici nuovi a emissioni zero già dal 2030 (anticipando al 2028 quelli della PA), mentre per quelli esistenti se ne parlerà al 2050. Tutto questo richiede sforzi ingenti, in termini di investimenti a supporto della transizione.

Riscaldamento sostenibile - Direttiva case green

Inoltre, c’è da considerare il PNIEC, che chiede uno impegno importante nella copertura dei consumi con fonti rinnovabili.
Come è possibile riuscire a invertire la rotta, cercando soprattutto di lavorare per migliorare le condizioni di quelli già esistenti? Di questo si è parlato al convegno “Lo scenario per la diffusione dell’idrogeno nel residenziale: prospettive di mercato ed evoluzione legislativa”, organizzato da Anima e H2IT.

Più di una riflessione è stata posta in favore di un approccio diversificato che possa prevedere ancora un ruolo del gas naturale, tenendo conto di due aspetti: il ruolo di leader dell’Italia nella produzione di numerose tecnologie “green gas ready” in materia di riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria e contando su una rete gas tra le più capillari del mondo. Sulla rete gas va considerato che essa potrà servire a veicolare – quando ci sarà – l’idrogeno, in particolare l’idrogeno verde, prodotto grazie all’elettricità fornita dalle fonti rinnovabili.

Riscaldamento sostenibile: il ruolo dell’Italia

L’Italia, sul riscaldamento sostenibile, può quindi giocare un compito importante. Non solo: può svolgere “un ruolo per diventare un hub energetico europeo e un corridoio di approvvigionamento delle rinnovabili dell’area mediterranea”, ha affermato Giuseppe Lorubio, presidente di Assotermica, ricordando tra l’altro il Piano di Azione italo-tedesco per la cooperazione strategica bilaterale e dell’Unione Europea.

Tra l’altro, prevede una promozione del ruolo dell’idrogeno e la volontà di aumentare e potenziare la cooperazione finalizzata ad accelerare l’espansione e l’integrazione sistemica delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica.

L’idrogeno verde è il futuro. Ma ci vorrà tempo prima di arrivare a produzioni significative. Intanto però occorre lavorare fin d’ora per una progressiva decarbonizzazione, a partire dal riscaldamento.
Proprio sui possibili percorsi alternativi al 2050, c’è uno studio condotto da Guidehouse che delinea due filoni possibili: uno, puntato a una diffusione elevata e rapida dell’elettrificazione con pompe di calore e una riqualificazione spinta; l’altro che prevede un mix di tecnologie bilanciata, dove l’elettrificazione è comunque preponderante, nel quale però fa parte anche la rete di distribuzione del gas e sistemi di riscaldamento da riqualificare per essere pronti a prevedere l’ingresso di idrogeno miscelato.

“Questo mix tecnologico si richiede perché esiste anche una varietà di edifici che comportano problematiche tecniche diverse, per cui occorre pensare per ogni edificio la tecnologia migliore per realizzare davvero la decarbonizzazione”, ha rilevato Stefano Casandrini, vicepresidente di Assotermica.

Nel caso delle pompe di calore, esse si dimostrano la soluzione ideale per le villette unifamiliari, per gli edifici sottoposti a ristrutturazioni e per le nuove costruzioni «e lì crediamo che continueranno a crescere velocemente. Viceversa, negli edifici plurifamiliari il mix tecnologico è premiante».

In Europa il deep retrofit procede lentamente

Occorre considerare che oggi su 220 milioni di edifici europei l’85% del totale edifici residenziali sono stati costruiti prima del 2001, quindi con standard edilizi medio bassi. Il presente costituirà anche buona parte dello scenario futuro dato che l’85-95% degli edifici attualmente esistenti lo sarà anche nel 2050.

Il caso UK: gli incentivi non spingono il retrofit

I piani di ristrutturazione sono ancora molto lenti nell’attuazione. Il caso del Regno Unito è esemplare: il Governo di Boris Johnson aveva previsto un piano molto sfidante per il retrofit degli edifici. A oggi meno dell’1% degli edifici che dovevano essere ristrutturati per adottare nuovi standard favorevoli all’elettrificazione e alle pompe di calore è stato ristrutturato, malgrado gli incentivi messi a disposizione dall’Esecutivo.

Paesi Bassi: le pompe di calore non accelerano

Anche nei Paesi Bassi le pompe di calore non hanno vissuto lo sviluppo atteso. Il caso olandese è esemplare: il patrimonio immobiliare comprende 7,5 milioni di case, per la maggior parte è riscaldata a gas naturale.

Come mette in evidenza uno studio dell’Università tecnologica di Delft, il Ministero degli Affari Economici dei Paesi Bassi ha introdotto una nuova politica per promuovere iniziative a sostegno degli individui che utilizzano energia rinnovabile nel settore del riscaldamento anziché utilizzare il metano entro il 2050. Porta a 200mila ristrutturazioni a zero emissioni l’anno. È in fase di sviluppo un vasto programma di innovazione.

Questa transizione energetica implica:

  • l’abbandono dei combustibili fossili,
  • l’elettrificazione del riscaldamento,
  • la sensibilizzazione dei residenti,
  • l’adeguamento delle tasse sull’energia per sostenere le energie rinnovabili.

Non ultima, la decisione di sostituire le caldaie a gas con pompe di calore ibride.

“Tuttavia, diversi fattori, come i bassi tassi di ristrutturazione, portano a incertezze nel raggiungimento di questi obiettivi”. Le difficoltà incontrate hanno portato il Ministero olandese dell’edilizia a esentare gli edifici plurifamiliari e quelli tutelati dalla sostituzione. “Il principio di base è che tutti dovrebbero poter riscaldare la propria casa in modo confortevole ed economicamente vantaggioso”, ha scritto in una lettera al Parlamento il Ministero dell’edilizia abitativa, Hugo de Jonge.

Pompe di calore: pregi e fattori da considerare

Le pompe di calore sono soluzioni caldeggiate per il futuro del riscaldamento sostenibile. Come segnala IEA, se alimentate da elettricità a basse emissioni, sono la tecnologia centrale nella transizione globale verso un riscaldamento sicuro e sostenibile. E riporta che “e pompe di calore attualmente disponibili sul mercato sono da tre a cinque volte più efficienti dal punto di vista energetico rispetto alle caldaie a gas naturale”.

Pompa di calore: piano d'azione UE

Tuttavia presentano alcuni elementi da considerare in caso di sostituzione rispetto a una caldaia a gas. Come illustrato dal vicepresidente di Assotermica, esse richiedono un serbatoio di accumulo, che ha ingombri significativi. Inoltre, con il passaggio ai refrigeranti naturali o a GWP bassissimo o nullo, si imporranno sul mercato soluzioni caratterizzate da dimensioni più rilevanti, come nel caso delle pompe di calore a R290, dato che dal 2026 sarà vietato l’uso di refrigeranti impattanti.
A ciò si aggiungono i tempi di sostituzione, decisamente lunghi, se si decide di cambiare una caldaia con una pompa di calore.

Casandrini ha portato in rilievo l’esito di un sondaggio eseguito dall’Organizzazione europea dei consumatori (BEUC). Il tempo medio totale di attesa per l’installazione, sommando la chiamata all’installatore, la prima visita, l’offerta definitiva la presa in carico e l’uscita per il lavoro è stato di 15 settimane, ovvero quasi quattro mesi, con punte di oltre sette mesi. I tempi lunghi sono motivati anche dalla carenza di manodopera.

“Nel mondo dell’installazione mancano le risorse. Quindi, non è solo un problema di formazione ma anche di reperimento di giovani da avviare al lavoro. Finché questo non verrà fatto, l’elettrificazione probabilmente non potrà aver luogo”.

Il futuro del riscaldamento sostenibile: idrogeno, “opzione più conveniente”

Ad aggiungere perplessità nello scenario del riscaldamento sostenibile, puntando unicamente all’elettrificazione, c’è anche uno studio dell’Imperial College di Londra. In esso si legge che: “i recenti modelli di scenario energetico suggeriscono che l’elettricità svolgerà un ruolo di maggioranza nella fornitura di calore e altri servizi energetici entro il 2050. Esistono, tuttavia, potenziali problemi associati alla fornitura di un futuro sistema energetico con un utilizzo così elevato dell’elettricità”. Il problema principale è legato alla rete elettrica e alla necessità di contare sulla sua stabilità.

“Nessuno dice che in Europa e in Nord America le reti elettriche sono già vecchie”, ha rilevato ancora il vicepresidente di Assotermica, ponendo anche la questione degli investimenti, in particolare il ruolo che sono chiamati ad avere gli investitori privati nel sostenere la transizione ecologica.

La Net Zero Roadmap dell’Agenzia internazionale dell’Energia afferma che limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C è ancora possibile, ma gli investimenti in energia pulita devono raggiungere i 4500 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.

Tuttavia, dovendo scegliere, gli investitori privati su quali opzioni punteranno? Casandrini ha messo in luce il valore della trasmutazione delle reti gas a reti a idrogeno e/o a green gas “perché il passaggio a elettrodotti, specie di ultima generazione, a corrente continua, ha dei costi più alti del 150% a parità di energia finale trasportata”.

Pipeline vs reti elettriche: due studi promuovono l’idrogeno

A supporto della tesi, ha portato due studi: nel primo, dell’Oxford Institute for Energy Study, sono state messe a confronto le linee HVDC con i gasdotti all’idrogeno. Considerando molteplici fattori, si stima che i costi di investimento per le linee aeree HVDC siano probabilmente sono quasi il doppio delle spese di investimento per le condutture dell’idrogeno fuori terra, sebbene la differenza per le opzioni sotterranee e sottomarine sia meno significativa.

studio Oxford Institute

Nel secondo studio, condotto da Deloitte, emerge che, anche se l’efficienza del sistema a idrogeno è ridotta dalle perdite energetiche durante la conversione, presenta vantaggi rispetto all’elettrificazione in termini di costo del sistema. La conversione da energia a idrogeno in energia/calore porta a perdite energetiche rispetto all’elettricità diretta, con un’efficienza solo del 25-40%.

Tuttavia, la minore efficienza del sistema è controbilanciata dal minor costo di sistema dell’idrogeno rispetto all’elettrificazione. L’idrogeno consente di decarbonizzare gli usi finali in cui l’elettrificazione ha limiti fisici. Il trasporto tramite gasdotti dell’idrogeno può essere 8-15 più economico rispetto al trasporto via cavo elettrico per unità di energia.

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Andrea Ballocchi

Giornalista freelance, si occupa da anni di tematiche legate alle energie rinnovabili ed efficienza energetica, edilizia e in generale a tutto quanto è legato al concetto di sostenibilità. Autore del libro “Una vita da gregario” (La Memoria del Mondo editrice, prefazione di Vincenzo Nibali) e di un manuale “manutenzione della bicicletta”, edito da Giunti/Demetra.
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