Si chiama World Energy Markets Observatory (WEMO) ed è il report annuale sviluppato da Capgemini in collaborazione con De Pardieu Brocas Maffei, Vaasa ETT ed Enerdata. Quasi superfluo aggiungere che la sua edizione 2022 è decisamente diversa da tutte le precedenti, con il comparto energetico messo a soqquadro più di ogni altro dal deflagrare della guerra in Ucraina.
Non a caso, nella sua introduzione il report evidenzia la completa trasformazione dello scenario globale, dove è adesso “assolutamente necessario trovare un equilibrio tra due imperativi di pari importanza nel contesto attuale: garantire un approvvigionamento delle risorse energetiche sicuro e a prezzi accessibili e combattere il cambiamento climatico”.
Proprio per questo la corrente edizione del WEMO analizza le diverse possibilità a disposizione per raggiungere l’equilibrio di cui sopra “attraverso una sinergia di azioni a breve termine e decisioni di lungo periodo sulla riforma del mercato dell’energia, sulla sostenibilità delle forniture energetiche e su condizioni di credito vantaggiose per gli investimenti green a lungo termine”.
Le azioni a breve termine sono ovviamente quelle che più risentono della crisi geopolitica in corso con l’esigenza di affrancarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili russi che in Europa è ormai divenuta irrinunciabile. Questo, però, pone con forza il problema della sicurezza dell’approvvigionamento energetico, soprattutto in relazione al gas, per il prossimo inverno.
Al riguardo, il report indica tre fattori che nei prossimi mesi faranno la differenza:
Peraltro, viene sottolineato che “gli interventi di risparmio energetico, già lanciati in molti Paesi europei, hanno tutte le carte in regola per innescare un cambiamento significativo”.
Spostando più in là l’orizzonte temporale, il WEMO evidenzia che secondo i nuovi piani dell’UE, che mirano a velocizzare la diffusione delle energie rinnovabili per raggiungere l’indipendenza dalle forniture russe e l’elettrificazione dell’economia, saranno necessari altri 210 miliardi di euro di investimenti nel settore energetico entro il 2027.
“È necessario trovare il giusto equilibrio – afferma Alessandro Kowaschutz, manager di Capgemini in Italia -, puntando su soluzioni a breve termine come il solare e l’eolico e, a più lungo termine, sulla costruzione di grandi impianti nucleari di terza generazione o di mini-reattori modulari nei paesi in grado di sviluppare iniziative di questo tipo. Dobbiamo guardare con realismo alle soluzioni emergenti e al loro impatto: l’idrogeno, ad esempio, per motivi economici e tecnici non è ben posizionato per essere considerato la soluzione al raggiungimento degli obiettivi net zero entro la metà del secolo”.
In tema di transizione energetica occorre però fare attenzione a non determinare delle situazioni paradossali, come quella esposta nel report a proposito dell’energia solare. Infatti, da un lato il fotovoltaico “ha un potenziale di crescita significativo grazie ai progressi compiuti con materiali e metodi innovativi per massimizzarne lo sfruttamento, come celle bifacciali, lenti incorporate e pannelli solari inversi, in grado di generare elettricità anche di notte”.
Dall’altro lato, però, qualcosa non torna nei numeri se è vero che attualmente il 75% di tutti i pannelli solari fotovoltaici in Europa proviene dalla Cina, con il contemporaneo declino, nell’ultimo decennio, della produzione fotovoltaica nazionale nell’ambito dell’Unione europea. Dunque, nei prossimi anni l’Europa dovrà fare attenzione a non passare “da una situazione di dipendenza dal gas russo ad essere legata a soggetti come la Cina per i componenti chiave della transizione energetica, come pannelli fotovoltaici, terre rare e metalli rari”.
Tornando all’immediato futuro, il WEMO indica che l’aumento nell’utilizzo del carbone sta giocando un ruolo importante nella probabile crescita delle emissioni di gas serra nel 2022 e 2023 rispetto al livello registrato l’anno scorso. Tuttavia, ci sono dei fattori in grado di contrastare questa tendenza, a cominciare dal rallentamento economico globale, evidenziatosi nella seconda metà del 2022, che potrebbe ridurre il consumo di energia e quindi impattare sulle relative emissioni di gas serra.
E nonostante le difficoltà attuali nell’approvvigionamento energetico, che possono determinare anche un momentaneo ritorno in gioco delle fonti più inquinanti, il report di Capgemini sottolinea come resta immutata la tendenza di fondo verso la transizione: “I governi dei Paesi principali responsabili delle emissioni globali si dimostrano comunque molto propensi a combattere il cambiamento climatico, come evidenziato da pacchetti UE quali Fit for 55 e REPowerEU, dall’Inflation Reduction Act da 430 miliardi di dollari presentato dall’amministrazione Biden e dai piani climatici nazionali aggiornati di diversi paesi, tra cui l’India”.