Comunità energetiche, un solco normativo divide l’Italia dal resto d’Europa

Uno studio realizzato da Accenture e Agici sottolinea le grandi possibilità del settore in termini di potenza installata, riduzione delle emissioni e risparmi economici. Ma serve subito una legislazione adeguata
Le comunità energetiche: uno studio Accenture-Agici

Con una diffusione ancora minima sul territorio nazionale e una regolamentazione che deve essere ancora messa a punto sotto vari aspetti, per adesso le comunità energetiche rappresentano soltanto sulla carta uno degli elementi cardine della transizione energetica, con la “forbice” tra parole e fatti che è ancora molto, troppo ampia. Per rendere più comprensibile la situazione attuale, e farsi un’idea delle prospettive future, arriva uno studio realizzato da Accenture e Agici dal titolo “Modelli per promuovere le comunità energetiche: un’opportunità per le Utilities”. Un’analisi il cui scopo è appunto quello di valutare lo stato di sviluppo delle comunità energetiche in Italia individuando i principali ostacoli per la loro crescita.

La situazione negli altri Paesi europei

Per capire meglio quello che succede e potrà succedere nel nostro Paese, adottando come riferimento gli obiettivi fissati dalla Commissione Europea nella Renewable Energy Directive, lo studio analizza anche la diffusione delle comunità energetiche in Europa – sia nei Paesi considerati precursori, sia in altri invece più simili all’Italia – in termini di sviluppo del quadro normativo e di comunità presenti sul territorio.

In particolare, dall’analisi della situazione di Germania, Danimarca, Spagna e Francia emerge che gli elementi chiave per il successo e la scalabilità delle comunità sono:

  1. una normativa chiara con regole di accesso ben definite che incentivino il forte coinvolgimento dei cittadini nello sviluppo di rinnovabili;
  2. proattività e autonomia delle istituzioni locali nell’ambito di promozione e creazione delle comunità energetiche;
  3. partecipazione dei player energetici come promotori e/o membri per una diffusione strutturata e su larga scala delle comunità.
Il contesto Europeo sulle comunità energetiche - Fonte studio Accenture-Agici
Comunità energetiche: il contesto europeo – Fonte studio Accenture-Agici

E, ricollegandosi all’assunto di partenza, in questo caso alle parole corrispondono i fatti, se è vero che in Europa sono già operative circa 9mila comunità energetiche, con Germania e Danimarca che sono attualmente le nazioni leader di un settore in grande evoluzione. Numeri che appaiono addirittura impietosi se confrontati con il magro bilancio del nostro Paese…

In Italia appena 80 comunità energetiche

Lo studio Accenture-Agici purtroppo fotografa per l’Italia una situazione di indubbia arretratezza. Infatti, al di sotto delle Alpi esistono appena 86 comunità energetiche, di cui soltanto 30 effettivamente operative sul territorio. Inevitabilmente minima, quindi, anche la potenza attualmente installata, che non va al di là dei 60 MW.

Eppure, a fronte di questo bilancio per adesso minimale ci sono delle potenzialità enormi, come evidenzia puntualmente lo studio. In particolare, le comunità energetiche italiane potranno garantire minori emissioni di CO2 per un ammontare di 1,35 milioni di tonnellate, nonché un beneficio economico compreso tra 1,3 e 1,5 miliardi di euro.

Tutto ciò potrebbe succedere già nel corso di questo decennio, come indicato nel provvedimento di legge in tema di Comunità di Energia Rinnovabile (CER) preparato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), con un investimento previsto fra i 5 e i 7 miliardi di euro che dovrebbe permettere di raggiungere una capacità installata di circa 5 GW.

Per centrare questi obiettivi un elemento importante, probabilmente il più importante, è costituito dal pronto adeguamento del sistema legislativo e regolatorio italiano al contesto europeo per favorire, appunto, lo sviluppo delle comunità energetiche e dell’Autoconsumo Collettivo (AUC).

Studio Accenture-Agici: i maggiori ostacoli allo sviluppo

Si tratta di un processo che dovrebbe arrivare a conclusione nel corso di quest’anno grazie all’approvazione del citato decreto legislativo ad hoc, con l’auspicio che il nuovo quadro normativo vada ad incidere con efficacia sulle principali problematiche, a partire proprio dal clima d’incertezza creato dal dilatarsi del gap temporale fra la vecchia legislazione e quella che dovrà sostituirla.

Accanto a questa criticità, lo studio Accenture-Agici indica altri ostacoli importanti allo sviluppo delle comunità energetiche sul territorio nazionale:

  1. complessità dell’iter amministrativo/burocratico per il set-up delle comunità e difficoltà nel valutare la convenienza dell’investimento;
  2. contributo a fondo perduto PNRR indirizzato a un target limitato e meno efficiente in termini di potenziale energia prodotta;
  3. difficoltà nell’accesso ai bandi nazionali e regionali in quanto poco chiari in termini di ambito, target e tipo di supporto economico fornito.

Principali caratteristiche delle comunità energetiche italiane

Tornando alle (poche) comunità energetiche italiane, lo studio ne individua le principali caratteristiche, a cominciare dalla nettissima prevalenza di quelle basate sulla produzione dei pannelli fotovoltaici (il 94%), che sono utilizzati come unica tipologia d’impianto (79%) oppure in combinazione con altre fonti rinnovabili quali idroelettrico e biomasse (15%). Impianti che includono a volte dotazioni tecnologiche, in particolare sistemi di accumulo, piattaforme, colonnine di ricarica per auto elettriche, contatori/smart meter.

La situazione delle comunità energetiche in Italia
Le comunità energetiche italianeFonte studio Accenture-Agici

Ed ancora, a essere maggiormente coinvolti nella promozione delle CER sono i Comuni, nel 42% dei casi l’unico soggetto a svolgere questo ruolo, mentre in altri casi a promuovere le comunità energetiche è presente un consorzio composto da diversi attori. Ad oggi, però, il coinvolgimento delle aziende utilities nella promozione e costituzione delle CER risulta piuttosto scarso (coinvolte nel 22% dei casi).

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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