L’Italia prova a colmare il ritardo sulle comunità energetiche

Trasmesso a Bruxelles il decreto sullo sviluppo delle comunità energetiche che deve ricevere l’approvazione dell’Unione Europea per divenire operativo. Previsti un rimborso dei costi di realizzazione e incentivi in tariffa
Comunità energetiche

In Italia al momento esistono poco più di trenta comunità energetiche. Stiamo parlando dei i cittadini, dei condomini, delle imprese e delle associazioni che decidono di fare gruppo per autoprodurre e condividere energia ricavata da fonti rinnovabili. Ebbene, anche chi sa poco o nulla dell’argomento intuisce che si tratta di un numero estremamente ridotto per un Paese di sessanta milioni di abitanti.

Bisogna però considerare che il numero non è soltanto piccolo, ma persino imbarazzante nel confronto con le altre nazioni del continente, e questo aiuta a capire l’importanza del decreto sulle comunità energetiche, predisposto dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e appena inviato alla Commissione europea.

Infatti, se la Francia ne conta “soltanto” il doppio, in Gran Bretagna sono dieci volte tante, per arrivare alla Germania le cui 1.750 comunità energetiche operative rappresentano un livello che si fa fatica a prevedere quando potrà essere raggiunto nel nostro Paese, sebbene il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, abbia appena indicato l’obiettivo di arrivare a un’attivazione tra le 15 e le 20mila unità.

Le mancanze dei privati e delle istituzioni

Le ragioni del ritardo delle comunità energetiche sono varie e riguardano sia la poca iniziativa da parte dei privati, a sua volta motivata da scarsa conoscenza piuttosto che da diffidenza verso il nuovo, sia la lentezza delle istituzioni nel propagandare e favorire l’adozione di uno strumento che ha invece tutte le potenzialità per ricoprire un ruolo importante nella transizione energetica.

E qui veniamo al decreto che, per quanto appena detto, può essere definito “riparatorio” e non è certo stato inviato a Bruxelles per un gesto di cortesia, bensì necessita dell’approvazione dell’Unione europea per divenire operativo. La ragione è economica, dato che lo sviluppo delle comunità energetiche fa parte del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ad esso destina 2,4 miliardi di euro. Soldi che a loro volta provengono, appunto, dai fondi europei stanziati con il Next Generation EU.

Le due componenti fondamentali per le comunità energetiche

Il decreto del governo si regge su due pilastri, ovvero il finanziamento delle comunità energetiche e la garanzia di risparmi nella prima fase del loro funzionamento. Il tutto cercando di tenere conto delle principali variabili in campo, vale a dire la potenza e le dimensioni delle comunità.

condivisione energia

Non esiste invece un discrimine per tipologia dell’impianto, poiché i benefici economici previsti dal decreto riguardano tutte le tecnologie rinnovabili che possono essere adottate da una comunità energetica, quindi il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse.

Rimborso fino al 40% delle spese

Per quanto riguarda il finanziamento, i partecipanti ad una comunità energetica potranno ricevere un rimborso fino al 40% delle spese sostenute per la sua realizzazione. Esiste però una condizione: questo contributo a fondo perduto sarà disponibile solo per le comunità realizzate nei comuni fino a cinquemila abitanti.

Da notare come la norma prevede che l’intervento può riguardare sia la realizzazione di nuovi impianti che il potenziamento di impianti già esistenti. A gestire il rapporto con le comunità energetiche c’è il GSE (Gestore dei Servizi Energetici), che ha il compito di dare le autorizzazioni e gli incentivi, oltre che il potere di verificare in via preliminare i requisiti dei soggetti interessati ad accedere ai benefici.

Il funzionamento dell’incentivo a tariffa

In relazione ai risparmi, si ottengono sotto forma di incentivi relativi alla quota di energia prodotta dall’impianto a fonti rinnovabili e condivisa dai partecipanti alla comunità energetica. La potenza finanziabile non deve oltrepassare i cinque gigawatt complessivi, con un limite temporale dell’incentivazione che è stato fissato alla fine del 2027. Possono accedere all’incentivo a tariffa tutti gli impianti energetici delle comunità divenuti operativi dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo.

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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