Un’analisi statistica, sui tre macro aspetti della riqualificazione residenziale – energia, ambiente e costi in bolletta -, per capire il ruolo delle Thermally Driven Heat Pump (TDHP) nel mix multi-tecnologico della transizione ecologica. L’ha presentata Paolo Conti, senior researcher del Destec (Dipartimento di ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni) dell’Università di Pisa, durante l’incontro organizzato da Assotermica proprio per indagare queste opportunità.
“Il primo step è stato definire come sono fatti gli edifici residenziali in Italia – spiega il ricercatore -. Non potendoli naturalmente analizzare uno a uno, abbiamo stabilito un set statistico di edifici-tipo. Archetipi rappresentativi del comportamento energetico del parco edilizio italiano, ai quali applicare combinazioni di zone climatiche, stagionalità, fabbisogni, vettori e tipologie impiantistiche. Il tutto, calato nei servizi di riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria”. I risultati offrono una visione molteplice. Proprio come dovrebbero essere, secondo gli esperti interpellati, gli strumenti per ottenere sostenibilità ed efficienza nell’edilizia.
Obiettivo, dunque, calcolare consumi di energia primaria non rinnovabile, emissioni equivalenti di CO2 e bolletta energetica connessi agli impianti termici residenziali. Considerando che l’Italia si estende dalle Alpi al Canale di Sicilia, con realtà climatiche molto variegate, i ricercatori dell’Università di Pisa hanno optato per la statistica. Su base Istat, infatti, la maggior parte degli edifici italiani si trova nelle zone C, D ed E.
All’interno di queste fasce rappresentative, i ricercatori hanno identificato le seguenti categorie di abitazione:
Eccoci al clou degli impianti termici. Tra le tecnologie attualmente utilizzate, o preferibilmente utilizzabili, troviamo: caldaia standard, caldaia a condensazione, pompa di calore elettrica, ad assorbimento o endotermica (accumulo e/o solare termico integrato) e sistema ibrido (pompa di calore elettrica e caldaia a condensazione)
I vettori energetici “combinati” nel set di edifici-tipo sono:
Le successive fasi dello studio, difficilmente sintetizzabili in questa sede, prevedevano la valutazione del fabbisogno dinamico di riscaldamento e ACS degli edifici. In riferimento ai contesti climatici e alle tecnologie impiantistiche. A seguire, il calcolo delle temperature operative dei componenti in funzione di tipologia di terminali, temperatura di erogazione ACS desiderata e limiti prestazionali dei componenti. Unito al calcolo del consumo orario di combustibile in ingresso al generatore.
Interessante considerare che gli edifici datati tendono a prediligere il riscaldamento con radiatori terminali ad alta temperatura, che hanno un notevole impatto sui consumi. Negli scenari di efficientamento, si vede l’effetto dei pannelli radianti, ma ogni edificio-tipo è connesso alle esigenze degli occupanti, alla dinamica territoriale, al tipo di energia più conveniente in quel determinato luogo e momento. “Al di là dei numeri – aggiunge Paolo Conti -, attenzione allo share tra i due servizi analizzati. Spesso tendiamo a concentrarci sul solo riscaldamento per capire se farlo elettrico, con caldaia o con pompa di calore a gas. Tralasciando il peso della produzione di acqua calda sanitaria nell’economia complessiva. Questa viene sempre prodotta ad alta temperatura, differenziandosi per esempio dalla gestione di un pannello radiante”.
In definitiva, le Thermally Driven Heat Pump sono una valida alternativa alle pompe di calore elettriche? Dipende. Le soluzioni ad assorbimento ed endotermiche si dimostrano performanti specialmente nei contesti con elevato squilibrio tra i prezzi dell’elettricità e quelli del gas. Rispetto a una caldaia standard, i risparmi stagionali medi si collocano tra 31% e 37%. E valgono per tutti e tre gli indicatori, ovvero consumi di energia primaria non rinnovabile, emissioni equivalenti di CO2 e bolletta energetica.
Inoltre, la ridotta diminuzione del GUE (Gas Utilization Efficiency – rapporto tra energia fornita e consumata dal bruciatore) alle alte temperature di mandata permette di non compromettere le prestazioni in presenza di radiatori e nella produzione di ACS. I combustibili gassosi alternativi comportano vantaggi energetici e ambientali (-7% di energia primaria e -12% di emissioni equivalenti di CO2), proporzionalmente al peso della componente verde e al livello di utilizzo del generatore a combustione.
Tutte le tecnologie esaminate – combustione, elettriche o ibride – presentano potenzialità diverse a seconda dei contesti di applicazione. “La scelta non può prescindere dall’analisi dell’utenza, del clima e del dimensionamento, e dalla gestione integrata dei componenti al fine di non compromettere le potenzialità teoriche delle tecnologie”, conclude il ricercatore. Comunque, l’integrazione ottimale tra impianti e vettori rappresenta un importante elemento di resilienza del sistema energetico italiano, sotto tutti i punti di vista.