La filiera italiana dell’idrogeno e le sue potenzialità

Il report dell’Osservatorio H2IT basato sulla situazione e le aspettative delle aziende associate. Start-up, grandi, medie e piccole imprese dell’idrogeno hanno in comune la priorità degli investimenti
La filiera italiana dell’idrogeno: potenzialità e investimenti

Giovanissimo, come altre realtà legate alla transizione energetica, l’Osservatorio H2IT è giunto alla sua seconda edizione con i numeri sul comparto idrogeno italiano. Un’analisi, realizzata in collaborazione con la Direzione Studi e Ricerche e l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo, che ha preso in esame le imprese associate ad H2IT (grandi, medie e piccole imprese, start-up), operanti in tutta la filiera italiana dell’idrogeno, dalla produzione fino agli usi finali.

Un comparto che il report descrive in termini assolutamente positivi: “La filiera italiana dell’idrogeno – vettore energetico fondamentale per raggiungere gli obiettivi di transizione e sicurezza energetica voluti dall’UE e dall’Italia -, è giovane ma ha grande voglia di investire e collaborare per diventare leader nel Vecchio Continente”.

Filiera italiana dell’idrogeno: la parola d’ordine

C’è una parola d’ordine per descrivere la filiera rappresentata nell’Osservatorio H2IT: investimenti. E se è vero che con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono stati stanziati 3,64 miliardi di euro proprio per sviluppare il comparto, sono soprattutto gli investimenti privati a spingere la crescita. A dimostrarlo c’è un’articolata serie di numeri…

Lo studio indica che il 65% delle aziende della filiera ha chiuso il 2022 con una crescita degli investimenti sull’idrogeno. Il 70% degli investimenti sono finanziati attraverso fondi propri, mentre il 22% è coperto da fondi europei, nazionali o regionali. In più, ben il 71% delle imprese indica la ricerca e sviluppo come strategia d’investimento prioritaria, davanti alla formazione e all’assunzione di nuove risorse (58%).

Ed ancora, il 71% delle imprese ha un centro di ricerca interno dedicato all’idrogeno (che è cruciale per gran parte delle aziende). Una percentuale, peraltro, destinata a salire al 78% nei prossimi anni. E gli investimenti in molti casi si traducono in innovazioni e brevetti. Negli ultimi cinque anni, infatti, oltre un’azienda su 3 (36%) ha ottenuto almeno un brevetto o è in procinto di farlo; questa percentuale sale all’85% tra chi si occupa di produzione.

“Imprese si sono mosse prima della politica”

“Tra shock energetico, inflazione e un contesto geopolitico complesso – ha dichiarato Alberto Dossi, Presidente di H2IT -, tanti Paesi europei hanno interiorizzato la necessità di rendersi indipendenti sotto il profilo energetico puntando su fonti di approvvigionamento alternative, come l’idrogeno. La filiera italiana dell’idrogeno è certamente giovane, ma è composta da tante realtà ambiziose, che non hanno paura di investire per fare vera innovazione”.

Lo stesso Dossi ha sottolineato come “le imprese si sono mosse ben prima della politica, il cui supporto è tuttavia essenziale per dare al comparto un ruolo di leadership in tutta Europa. Siamo orgogliosi di come le aziende, anche grazie al nostro lavoro, abbiano capito il valore della collaborazione, secondo l’assunto che questo è il momento di crescere e creare tecnologia insieme”.

Fatturato sale per il 71% delle aziende

Per quanto riguarda i dati economici rilevati dall’Osservatorio H2IT, il 2022 si è chiuso nel complesso con segno positivo in termini di fatturato per il 71% delle imprese appartenenti alla filiera, mentre il 58% ha incrementato il giro d’affari dell’attività dedicata all’idrogeno, con delle aspettative di un’ulteriore crescita nel prossimo futuro.

La distribuzione del fatturato sul territorio nazionale risulta per adesso molto sbilanciata, basti pensare che una sola regione, la Lombardia, ne concentra ben più della metà (59,6%). Distanziatissime ci sono l’Emilia Romagna e il Lazio, rispettivamente con l’8,2% e il 7,1%. Da notare, poi, la completa assenza delle regioni meridionali, eccezion fatta per la Sardegna con un minimale 0,2%.

Filiera italiana dell'idrogeno: distribuzione territoriale

Molto più distribuiti, invece, i risultati legati all’analisi del fatturato in relazione alle dimensioni delle imprese appartenenti alla filiera dell’idrogeno che lo hanno generato. La parte maggiore dei ricavi, il 36%, è ottenuta dalle piccole e micro imprese, mentre il 27% è relativo alle aziende di grandi dimensioni. Il 24% del fatturato è invece generato dalle imprese di medie dimensioni, mentre il restante 13% è ottenuto dalle grandissime aziende.

L’importanza del capitale umano

Si è detto dell’importanza fondamentale degli investimenti e dell’innovazione. Ma dal report emerge la diffusa consapevolezza nelle aziende della filiera di dover anche puntare su un capitale umano adeguatamente preparato. Per questo le imprese dell’idrogeno guardano sia alla formazione interna del personale, sia alle nuove assunzioni.

In particolare, il 42% delle aziende aumenterà i profili di Project manager entro fine anno e punterà ancor di più sul reclutamento di tecnici specializzati (49%), il cui reperimento sul mercato è ritenuto particolarmente complesso in gran parte dei casi. Quasi un’impresa su due ricerca anche le figure junior da formare (47%) e project manager (42%); seguono le figure specializzate in ambito green (35%) e i tecnici di laboratorio (22%).

Le conseguenze della crisi energetica

Il report dell’Osservatorio H2IT si sofferma anche sulle conseguenze del conflitto in Ucraina, con l’aumento dei prezzi delle materie prime e lo scenario geopolitico incerto. Per circa la metà del campione (45%), il coinvolgimento nel mercato dell’idrogeno non è pregiudicato dal contesto attuale. Ma c’è di più: il 35% scorge in questa situazione nuove opportunità di business e sta quindi aumentando gli investimenti reputando probabile un’accelerazione della transizione energetica.

Gli ostacoli riscontrati nello sviluppo della filiera dell'idrogeno

Quanto ai maggiori ostacoli allo sviluppo della filiera dell’idrogeno in Italia, le aziende dichiarano di soffrire soprattutto la mancanza di un quadro normativo chiaro (78%), l’incertezza per una domanda di mercato non ancora definita (64%) e tutto ciò che ruota attorno ad autorizzazioni (53%) e burocrazia (51%). E per superare queste criticità le imprese chiedono soprattutto la definizione di normative e regolamenti nazionali (58%), piani strategici nazionali (55%), nonché più investimenti per stimolare la domanda (45%) e per le infrastrutture (42%).

Vuoi rimanere aggiornato sui contenuti di ElettricoMagazine?
Iscriviti alla nostra newsletter!

Mailchimp subscribe

Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
menu linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram