Celle a combustibile nell’edilizia: un futuro a idrogeno per aiutare la decarbonizzazione

Il ricorso a sistemi basati su “fuel cell” in grado di produrre energia 24 ore su 24 sembra una strada ideale anche per supportare il bilanciamento nella distribuzione. Ma secondo l’associazione di categoria H2IT è fondamentale una profonda revisione della normativa
celle a combustibile: futuro edilizia

Una fonte energetica di cui si parla sempre più spesso è l’idrogeno, che sembra garantire prospettive migliori di altre rinnovabili grazie all’uso delle celle a combustibile. L’industria è in fermento e sia in campo automotive sia nel settore edilizio le sperimentazioni e le proposte non mancano. Da H2IT, Associazione Italiana Idrogeno e Celle a Combustibile, arriva un interessante report sull’applicazione pratica in ambito edilizio.

L’idrogeno oggi è ricavato per lo più attraverso il processo di “reforming” di gas naturali, in particolare metano, il che lo rende poco sostenibile sia dal punto di vista dei costi sia dal punto di vista ambientale, anche se più interessante rispetto all’utilizzo di altri combustibili fossili.

La direzione presa è però quella che vede come punto di arrivo la produzione di idrogeno green attraverso l’elettrolisi dell’acqua utilizzando l’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili (FER). Quando questo obiettivo sarà raggiunto, l’utilizzo delle celle a combustibile (fuel cell) per la produzione di elettricità avrà impatto zero. Detta così, sembra una strada segnata e tutta in discesa, ma affinché uno scenario di questo tipo si avveri c’è ancora molto da lavorare, sia dal punto di vista tecnologico che legislativo.

Edilizia: un settore molto energivoro

Il report di H2IT parte da un po’ di teoria. Considerando che il settore dell’edilizia è da sempre uno di quelli maggiormente energivori – circa il 36% dei consumi energetici italiani è dovuto agli edifici – intervenire attraverso l’uso dei sistemi basati su celle a combustibile può diventare una componente importante nella strategia di decarbonizzazione europea. Queste soluzioni sono infatti in grado di generare energia elettrica attraverso una reazione elettrochimica che coinvolge la molecola di idrogeno, dando luogo a processi diversi dalla combustione. Inoltre, sono caratterizzati da un’efficienza elettrica fino al 60%, che è il valore più alto fra i sistemi di produzione termoelettrica. E a questa va sommata l’efficienza termica, che arriva fino al 30%.

Per alimentare le fuel cell con l’idrogeno bisogna trovare il modo più efficiente e pratico per renderlo disponibile in loco. La forma di distribuzione in bombole non è praticabile, viste le elevate pressioni in gioco (da 350 bar in su), mentre sembrano più percorribili le strade di riconversione della rete del gas metano e della produzione in loco.

“Con interventi e costi minimi per il sistema”, si legge nel report di H2IT, “sarà infatti possibile adeguare l’attuale infrastruttura gas, già sviluppata ed estesa capillarmente su tutto il territorio nazionale ed europeo, al trasporto e distribuzione di idrogeno, sia in blending con il gas naturale (nel breve termine) che 100% H2 (nel medio termine)”. Più interessante sul brevissimo periodo è la microgenerazione in loco, anche se gli ostacoli normativi sono ancora quasi insormontabili.

Tabella celle a combustibile
Installazioni di cogeneratori basati su celle a combustibile, costo di vendita e incentiviCelle a combustibile polimeriche (PEFC) e a ossido solido (SOFC)

Celle a combustibile: ideali per la produzione continua

L’utilizzo diffuso di sistemi basati su celle a combustibile rappresenterebbe anche un aiuto per le reti di distribuzione dell’energia. A mano a mano che cresce l’integrazione della produzione da fonti rinnovabili, che non sono ovviamente programmabili, diventa sempre più complicato trovare meccanismi di bilanciamento nei momenti di picco e nelle “rampe di carico”. Le fuel celll hanno il grande vantaggio di lavorare bene in modalità di funzionamento costante, 24 ore su 24, con produzioni annue che raggiungono anche le 8.700 ore.

Dal punto di vista tecnico, le soluzioni di questo genere sono già disponibili. Ampiamente diffuse in Nord America, Corea e Giappone, sono invece un po’ indietro in Europa. Un po’ perché la migliore robustezza e stabilità delle reti elettriche non genera una domanda specifica come avviene in altri paesi, molto perché il legislatore non ha ancora dipinto un quadro di riferimento in grado di supportare al meglio questa transizione.

Qualcosa si è mosso con il programma PACE della FCH 2 JU: un’iniziativa quinquennale da 90 milioni di euro che sostiene 2.800 sistemi di celle a combustibile micro-CHP in dieci paesi, Italia compresa. Il round di finanziamenti si è già concluso e la maggior parte delle installazioni è stata comunque fatta in Germania, anche grazie a un programma di incentivazioni locali, e in Belgio, dove alcune regioni hanno offerto contributi specifici. In Italia si contano circa quaranta installazioni di celle a combustibile stazionarie. Tipicamente si tratta di installazioni di una unità (1,5 kW), mentre alcune sono doppie (3 kW) e un paio multiple.

Tutto è pensato troppo in grande

Pur in assenza di un quadro normativo specifico, non manca la possibilità di ottenere dei contributi. In Italia ci sono degli Ecobonus con detrazione fiscale al 65% per i microgeneratori e per la riqualificazione energetica globale, oltre a diverse misure che fanno riferimento alla legge di bilancio 2018, che vanno dalle ristrutturazioni fino al “superbonus” del 110%, nel quale l’installazione di un sistema di microcogenerazione si configura come intervento “trainante”. Il vero problema di fondo, però, è che tutto l’iter di approvazione progettuale e di allaccio alla rete elettrica sono stati pensati senza tenere conto di questa tecnologia e riferendosi a installazioni tendenzialmente grandi.

La microcogenerazione tradizionale è stata infatti immaginata per la realizzazione di impianti di grossa potenza e non per applicazioni residenziali, tanto che gli impianti di questo tipo devono essere gestiti secondo un percorso di certificazione della qualità di un impianto finalizzato a maturare TEE (Certificati Bianchi). Questa procedura è ingestibile e improponibile in impianti stazionari di piccola potenza, che non nascono con l’obiettivo di conseguire i TEE, ma che hanno invece bisogno di detrazioni fiscali per rendere il tutto più conveniente.

Verso la microgenerazione

In prospettiva, la situazione potrebbe migliorare con sistemi che utilizzano esclusivamente idrogeno verde, cioè ricavato attraverso elettrolisi dell’acqua partendo dall’energia ottenuta da fonte rinnovabile, prodotto localmente. In questo caso si parlerebbe infatti di “impianto FER” e le attuali barriere legate alla qualifica di impianti di microcogenerazione decadrebbero automaticamente, spostando le difficoltà normative e autorizzative su produzione, stoccaggio e distribuzione in sito dell’idrogeno verde autoprodotto. Nel report di H2IT si presentano 17 casi distribuiti a livello mondiale in cui questo già avviene.

I problemi in questo caso non sarebbero comunque di semplice soluzione. In Italia, infatti, la produzione di idrogeno è considerata un’attività industriale anche quando viene ottenuta con metodi a zero emissioni come l’elettrolisi dell’acqua. Di conseguenza, questo tipo di attività è oggi permessa solo in aree designate come industriali o, con specifiche condizioni, in aree commerciali.
Insomma, la strada dei sistemi basati su celle a combustibile alimentate con idrogeno sembra promettente, ma gli ostacoli normativi sono oggi ancora troppi.

Per questo nel rapporto di H2IT si avanzano numerose proposte finalizzate a un alleggerimento e una migliora aderenza delle norme a una scala produttiva di autogenerazione che sia compatibile con gli edifici residenziali. Tenendo anche conto che questo tipo di tecnologia potrebbe essere di grande interesse per le comunità energetiche.

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Paolo Galvani

Nato nel 1964, è giornalista professionista dal 1990 e si occupa di tecnologia dalla fine degli Anni ’80, prima come giornalista poi anche come traduttore specializzato. A luglio 2019 ha lanciato il blog seimetri.it, dedicato alla vita in camper, e collabora con diverse testate giornalistiche specializzate nel settore del turismo all’aria aperta.
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