Idrogeno e decarbonizzazione: tutto quello che c’è da sapere

L’idrogeno è il vettore energetico ideale per la decarbonizzazione. Ma come utilizzarlo? Quali sono i vantaggi e le criticità? Le infrastrutture sono pronte?
Impianto di stoccaggio idrogeno

La lotta al riscaldamento globale passa attraverso numerose attività, la maggior parte delle quali volte alla riduzione della CO2 immessa in atmosfera.

La stessa Commissione europea ha indicato come fondamentale la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

La combustione di combustibili fossili è uno degli elementi che contribuiscono in maniera rilevante a tali emissioni. Esistono delle alternative che passano attraverso l’elettrificazione, ma si può modificare alla radice il combustibile scelto e passare dagli attuali idrocarburi (come il metano) all’idrogeno.

I vantaggi per la decarbonizzazione

Bruciare combustibili fossili generalmente introduce in atmosfera significative quantità di CO2.

Il metano, ad esempio, è un idrocarburo con formula chimica CH4. La combustione con l’ossigeno porta a questi risultati:

Formula combustione metano

Insieme al calore, si liberano due molecole di acqua e una di CO2, principale responsabile dell’effetto serra.

L’idrogeno, la cui molecola è composta da due atomi legati tra loro (H2) si comporta in questo modo:

Formula combustione idrogeno

Oltre al calore, il prodotto di scarto è rappresentato da semplici molecole di acqua.

È evidente come, dal punto di vista della combustione, l’idrogeno rappresenti un netto passo in avanti nel processo di decarbonizzazione.

I benefici dell’idrogeno…

Nella sola Italia sono presenti circa 20 milioni di caldaie per il riscaldamento delle abitazioni, l’85% delle quali (17 milioni) sono alimentate a gas.

Le linee guida sul risparmio energetico recentemente pubblicate dalla Commissione europea nell’ambito di REPowerEU hanno puntato il dito verso questi dispositivi che, a partire dal 2029, non potranno più essere installati. L’idrogeno è il vettore energetico scelto per guidare questo processo.

Infatti, l’utilizzo di miscele arricchite a idrogeno verde (G222, 23% in volume) consente un risparmio del 10% di CO2 rispetto alla combustione del gas naturale, riducendo anche le emissioni di NOx.

…e le sue criticità

L’idrogeno porta con sé anche alcune criticità legate alla sua gestione e sicurezza.

La velocità di combustione dell’idrogeno è da 5 a 10 volte più rapida rispetto a quella del metano. Ciò significa che può verificarsi il fenomeno del flashback: la fiamma si muove più rapidamente del flusso di gas e può risalire verso la tubatura. Per questo devono essere presenti apposite elettrovalvole in grado di intercettare l’eventuale ritorno di fiamma e impedirne la propagazione.

Atomo idrogeno

Un’altra differenza dell’idrogeno rispetto al metano è la fiamma, invisibile ai comuni sensori a ionizzazione presenti nelle caldaie a metano perché non produce correnti ionizzate.

Per questo motivo alcuni costruttori installano una termocamera, che ha il vantaggio di verificare la presenza della fiamma derivante sia dalla combustione del metano, sia dell’idrogeno, ma anche di eventuali mix.

In definitiva, possiamo dire che il livello di sicurezza di una caldaia progettata per lavorare con l’idrogeno è mediamente più alto rispetto a quello di una caldaia a gas tradizionale.

Idrogeno e industria

Molte industrie energivore (come quelle legate alla produzione di acciaio, ceramica, carta e vetro, le fonderie e quelle chimiche) sono fortemente dipendenti dal gas per le proprie attività.

L’utilizzo dell’idrogeno rappresenta la scelta ideale non solo per liberarsi da una catena di fornitura difficile da controllare (come quella relativa al gas russo), ma anche per ridurre la quantità di CO2 immessa in atmosfera.

Industria siderurgica

La produzione annua europea si aggira attorno alle 10,5 milioni di tonnellate annue e deriva prevalentemente da impianti di reforming da gas naturale (SMR) posti nei principali siti di consumo,come le raffinerie e gli impianti di produzione di ammoniaca.

Oggi la domanda complessiva di idrogeno in Europa si attesta sulle 8,4 milioni di tonnellate all’anno. I principali settori utilizzatori sono:

  • 49% raffinazione;
  • 31% produzione di ammoniaca;
  • 5% produzione di metanolo.

L’Italia è il quinto Paese europeo per consumo di idrogeno, con circa 0,6 milioni di tonnellate: più del 70% della domanda viene dalla raffinazione, circa il 14% dal settore dell’ammoniaca e il resto dalla rimanente industria chimica.

Come avviene per le caldaie domestiche, anche nell’industria molti apparati (come cogeneratori a motore alternativo, cogeneratori a turbina, forni e caldaie) sono tecnicamente già in grado di funzionare bruciando un mix composto dal 20% di idrogeno e 80% di metano. Di questi, solo le caldaie sono pronte per lavorare con il 100% di idrogeno.

Distribuzione dell’idrogeno

Esistono fondamentalmente due strategie per la distribuzione dell’idrogeno sul territorio: attraverso ampie infrastrutture di rete (come avviene generalmente con il metano) oppure sfruttando micro-reti e sistemi di produzione localizzati (un concetto non dissimile da quello delle micro grid elettriche).

manometro pressione infrastruttura distribuzione idrogeno

Sicuramente la possibilità di utilizzare infrastrutture esistenti appare la più verosimile, ma occorre tenere in considerazione le diverse caratteristiche dei due gas e delle relative molecole.

Quella dell’idrogeno (H2) è infatti molto più leggera di quella del metano (CH4) e interagisce in maniera diversa con le condutture. A maggior ragione, poiché il passaggio da un gas all’altro prevede l’utilizzo di mix indicativi pari al 20% di idrogeno e 80% di metano, è bene comprendere come questi gas interagiscano con il materiale dei tubi.

La American Society of Mechanical Engineers (ASME) segnala come il trasporto di miscele di idrogeno e metano con contenuto di idrogeno fino al 10% sia fattibile con le reti esistenti. L’unico vincolo, segnalato nella norma B31.12, è che le tubature siano realizzate utilizzando acciai con carico di snervamento inferiore a 555 Mpa, una condizione comune e dunque non un vincolo per l’adozione di questo mix di gas.

Per quanto riguarda invece il trasporto di idrogeno al 100%, la stessa norma consente di modulare la pressione al fine di ottenere uno stato di tensione massimo inferiore alla metà della tensione di snervamento del materiale. In altre parole, la variazione (riduzione) della pressione dell’idrogeno risulterebbe sufficiente per una gestione in sicurezza del gas.

Con sistemi di produzione localizzati di idrogeno si circoscrive la problematica a un ambiente ridotto: una zona residenziale, un quartiere o una serie di condomini connessi tra loro.

L’infrastruttura di distribuzione risulterebbe in tal modo più semplice da gestire (o da aggiornare); inoltre, la produzione di idrogeno potrebbe avvenire in loco sfruttando energie rinnovabili (esistono molte applicazioni di questo tipo che utilizzano pannelli fotovoltaici)  e sistemi di stoccaggio utili per recuperare l’energia immagazzinata e utilizzarla in un secondo momento.

Vuoi rimanere aggiornato sui contenuti di ElettricoMagazine?
Iscriviti alla nostra newsletter!

Mailchimp subscribe

Andrea Pagani

Giornalista tecnico, da 25 anni mi occupo della realizzazione di prodotti editoriali (carta, video, web) per vari settori applicativi: dal manifatturiero all'impiantistica, fino all'e-mobility.
menu linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram