Dove eravamo rimasti? Domanda d’obbligo quando si parla di Superbonus al 110%, argomento per il quale c’è l’imbarazzo della scelta fra polemiche, notizie di truffe, interventi correttivi e numeri che non tornano. Quest’ultimi, in particolare, sono all’origine dell’ultima novità, ovvero la clamorosa presa di posizione delle due maggiori banche italiane, Unicredit e Intesa Sanpaolo, per le quali, in estrema sintesi, il tempo del Superbonus sta per finire…
Entrambi gli istituti hanno affidato le loro valutazioni a due espliciti comunicati. “Alla luce del nuovo quadro normativo che consente la seconda e la terza cessione solo a banche e assicurazioni – spiega Unicredit -, si sta riscontrando un elevato volume di richieste che potrebbero comportare il raggiungimento della massima capacità fiscale possibile per la cessione dei crediti”.
Medesimo il concetto espresso da Intesa Sanpaolo che sottolinea come, negli ormai due anni di vita dell’agevolazione, è arrivata ad accettare quasi 20 miliardi di euro in lavori ma “se non verranno modificate le norme di riferimento, è inevitabile un progressivo rallentamento dell’acquisizione delle richieste fino all’uscita”.
Comunicati dai quali emergono le criticità, neppure tutte, attualmente legate al Superbonus. Innanzitutto c’è il problema del quantum, ovvero il rapido avvicinarsi di quel limite di capienza superato il quale i due istituti, così come molte altre banche di minori dimensioni, non potrebbero più recuperare dallo Stato il credito fiscale generato dai lavori edilizi eseguiti ricorrendo alla maxi agevolazione.
C’è poi il problema del quadro normativo di riferimento, che definire incerto è dire poco, specie in tema di cessione multipla del credito. Introdotta con la nascita stessa del Superbonus, il governo l’aveva poi cancellata per evitare le truffe. Una decisione, però, che di fatto aveva bloccato il ricorso all’agevolazione costringendo così l’esecutivo a ripristinare la cessione del credito multipla, ma in una versione “condizionata” che non è piaciuta a molti, cominciando, appunto, dalle banche.
A questo punto, ancor di più dopo la presa di posizione di Unicredit e Intesa, a Palazzo Chigi si pone nuovamente il problema di che cosa fare con il Superbonus, con la ragionevole certezza che in assenza di ulteriori interventi legislativi l’agevolazione è destinata a rimanere sull’attuale binario morto. Non a caso, in questi giorni sui tavoli della politica circolano varie ipotesi.
Una prima possibilità è quella di aumentare fino a quattro il numero delle cessioni del credito possibili, anche se c’è la consapevolezza che si tratterebbe di un intervento monco qualora non si operasse contemporaneamente in un altro ambito, ovvero allargando la platea dei soggetti finanziari idonei a ricevere la cessione del credito, ad oggi ristretta agli istituti bancari e alle assicurazioni.
Un’altra possibilità è quella di un’estensione dei tempi nei quali “spalmare” il recupero del credito fiscale. Ed ancora, il governo sta valutando un allentamento dei limiti temporali, ormai stringenti, relativi ai lavori con il Superbonus effettuati nelle villette unifamiliari, considerato che per questa tipologia di immobili l’agevolazione scade il prossimo 31 dicembre, fra l’altro a condizione che al 30 giugno sia stato effettuato almeno il 30 per cento dell’intervento.