Tra i diversi settori afflitti dalla crescita a dismisura del costo dell’energia, anche quello dell’accoglienza (hotel in primis, ma anche le strutture indipendenti) sta pagando a caro prezzo l’incremento dei costi di elettricità e metano.
Il tema e una possibile soluzione sono stati affrontati nel recente evento “Le comunità energetiche: cosa sono, come funzionano, i vantaggi economici per le imprese alberghiere” organizzato dalla Associazione Italiana Confindustria Alberghi in collaborazione con Elettricità Futura.
Dal 6 al 13%: è questo l’incremento dei costi energetici all’interno dei bilanci delle aziende del settore. Lo conferma Maria Carmela Colaiacovo, Presidente della Associazione Italiana Confindustria Alberghi.
“Sono numeri che possono mettere in crisi l’intero settore dell’accoglienza, – specifica Maria Carmela Colaiacovo – senza contare il fatto che rispetto ad altre nazioni europee stiamo vivendo una condizione ancora più difficile. In Francia, ad esempio, il costo dell’energia ha un peso diverso: l’incremento mensile complessivo si aggira sui 50/60 milioni, contro i 300 milioni circa in Italia, con una conseguente perdita netta di competitività”.
Una risposta in grado di ridurre l’impatto del costo dell’energia arriva dalle comunità energetiche, una possibilità concreta anche per le strutture ricettive.
Ma come funzionano, quali sono gli incentivi e come possono aiutare il settore? Lo ha spiegato Elettricità Futura.
Con i costi alle stelle, è imperativo usare meglio l’energia, riducendo consumi e sprechi, e magari producendone una parte per l’autoconsumo.
In tal senso il concetto di comunità energetica può essere la risposta giusta, ma occorre approcciarla nel modo corretto, come spiega il Presidente Elettricità Futura, Agostino Re Rebaudengo.
“Per eseguire un lavoro a regola d’arte, chi dovrà gestire le comunità energetiche dovrà avere caratteristiche adeguate. Per questo ai proprietari di alberghi e ai gestori segnaliamo di scegliere con attenzione società e persone che abbiano le giuste competenze: è una complessità iniziale aggiuntiva da tenere in considerazione, me ne rendo conto, ma una volta fatto questo passo sarà più semplice proseguire nel proprio percorso”.
La condizione di partenza vede l’Italia prima in Europa per capacità ricettiva e numero di camere.
“La media nazionale si attesta a 33 camere per struttura, leggermente al di sotto della media europea (36), ma se ci si limita agli alberghi a 4 e 5 stelle la media quasi raddoppia (rispettivamente 63 e 69 camere). – conferma Valeria Di Claudio, della Associazione Italiana Confindustria Alberghi, evidenzia alcuni numeri del settore – Particolare anche la distribuzione: 5 regioni (Emilia-Romagna, Trentino, Veneto, Lombardia e Lazio) costituiscono più del 54% dell’offerta, mentre le regioni del Mezzogiorno e delle isole si caratterizzano per una dimensione media nettamente superiore rispetto a quella nazionale (probabilmente perché qui sono più diffusi resort e villaggi turistici)”.
Un dato che incide pesantemente sui consumi energetici è la distribuzione nell’arco dell’anno della clientela: il picco di presenze si concentra infatti nel trimestre estivo, ma se guardiamo alla distribuzione territoriale vediamo anche andamenti diversi.
Ad esempio, osservando il tasso di utilizzazione dei posti letti in regioni quali Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, si notano picchi nei mesi di gennaio, febbraio, novembre e dicembre per la stagione invernale. Lombardia, Lazio e Toscana hanno invece un andamento più regolare e uniformemente distribuito nel corso dell’anno.
Sulla base dei dati raccolti da Terna, che ha analizzato l’andamento dei consumi energetici nell’ultimo quinquennio (escludendo per ovvie ragioni il dato del 2020), + emerso che nel 2015 i consumi di ristoranti, bar e alberghi si attestavano a circa 11.000 GWh, con un picco nel 2019 quando sono stati superati i 13.000 GWh. Una crescita del 20%, che ha portato il settore nel 2019 a impattare per il 4,4% dei consumi complessivi in Italia (contro il 3,3% del 2015). Un trend evidente, interrotto solo dalla pandemia.
La maggior parte (82%) si affida al libero mercato, il 17% al mercato tutelato, mentre solo l’1% è legato all’autoconsumo: un valore molto basso, soprattutto se si considera che altri settori arrivano a totalizzare quasi il 10% di autoconsumo.
Di questi 13.000 GWh, il 40/45% viene impiegato per la climatizzazione dell’aria, il 15/20% per l’illuminazione, la cucina si attesta tra il 10 e il 20% tv e frigobar 4/10%, lavastoviglie 2/10% e ventilazione 10%. Le percentuali sono del 2008, quindi è ragionevole che il semplice utilizzo dell’illuminazione a led abbia ridotto in modo considerevole quella voce di spesa.
Per quanto riguarda invece il consumo di gas, il 55% circa è destinato alla produzione di acqua calda sanitaria, il 35% per il riscaldamento e il 13-15% circa per le cucine.
Alessandro Scipioni e Cosetta Viganò, dell’Area Affari Tecnici di Elettricità Futura, spiegano così le nuove opportunità offerte dalle comunità energetiche.
“Il Decreto di recepimento della Direttiva UE RED II ha ampliato notevolmente il perimetro dei soggetti che possono far parte di una comunità energetica. Tale ampliamento sarà attuato una volta adottati i Decreti del MiTE relativi ai nuovi meccanismi di incentivo e le Delibere ARERA”.
Nello specifico, i punti fermi sono:
Tutto ciò può portare a evidenti benefici, anche in tempi relativamente brevi. È previsto inoltre lo stanziamento di 2,2 miliardi di euro per le comunità energetiche in pubbliche amministrazioni, famiglie e microimprese in comuni con meno di 5000 abitanti. L’obiettivo è installare circa 2000 MW di nuova capacità.