Accordo fra 70 Paesi per accelerare la decarbonizzazione dell’edilizia

Siglata a Parigi, ma senza la firma della Cina, la Dichiarazione di Chaillot con l’intento di procedere verso “una transizione rapida, equa ed efficace nel settore dell’edilizia”
accelerare la decarbonizzazione dell’edilizia: la dichiarazione di Chaillot

Che cosa possono combinare mille rappresentanti di organizzazioni pubbliche e private insieme a 70 delegazioni ministeriali, tutti riuniti in un grande palazzo di Parigi? Ebbene, se al centro del dibattito c’è il futuro dell’edilizia in considerazione della minaccia climatica, ne può conseguire un’importante dichiarazione d’intenti con valenza globale. I lavori del “World Buildings and Climate Forum”, questo il nome del consesso, si sono infatti conclusi con la firma da parte dei rappresentanti nazionali della “Dichiarazione di Chaillot”, appunto dal nome dell’edificio parigino teatro dell’accordo. “Un testo – si legge nel comunicato conclusivo – che consentirà di procedere verso una transizione rapida, equa ed efficace nel settore dell’edilizia”.

Un lungo elenco di criticità

Ma prima di arrivare all’esposizione degli intenti futuri per la decarbonizzazione globale del parco immobiliare – sottoscritti da più di 70 Paesi ma con la vistosa assenza della Cina -, nella Dichiarazione di Chaillot viene illustrato un lungo elenco di criticità, tale da rendere assolutamente necessaria ed immediata l’adozione, appunto, di una serie di interventi “riparatori”.

Per cominciare, il settore dell’edilizia e delle costruzioni è responsabile di oltre il 34% della domanda di energia e di circa il 37% delle emissioni di CO2 legate all’energia a livello globale (ovvero circa 12Gt di CO2). Una percentuale che scende fino al 21%, valore comunque enorme, se si prendono in considerazione le emissioni totali di gas serra.

In particolare, le emissioni del settore edile derivano per la maggior parte dai consumi energetici, con il 9% delle emissioni globali legate all’energia che deriva dai processi di combustione negli edifici e il 19% dal consumo di elettricità o calore di rete. Un altro 9% è invece legato all’uso di materiali da costruzione.

Città e cambiamento climatico

Ma il problema delle emissioni climalteranti provocate dal parco immobiliare si intreccia sempre di più con i cambiamenti climatici. “Negli ultimi decenni – si legge nella Dichiarazione – gli edifici sono sempre più esposti ai rischi legati al clima. Le ondate di caldo, esacerbate nelle città, colpiranno circa 1,6 miliardi di persone, sottoponendole a temperature estremamente elevate; l’innalzamento del livello del mare esporrà 800 milioni di persone in più di 570 città alle inondazioni costiere entro il 2050”.

efficienza energetica edifici: una strategia per accelerarla

Eppure, nonostante queste fosche previsioni, entro il 2060 la superficie coperta dal settore edilizio raddoppierà a livello globale, aggiungendo oltre 230 miliardi di metri quadrati dovuti alla costruzione di nuovi edifici. Superficie che potrebbe persino triplicare nel continente africano e addirittura quadruplicare nei Paesi in rapida urbanizzazione. Il tutto per assecondare la continua migrazione rurale, con il 68% della popolazione mondiale che vivrà in aree urbane nel 2050 (dall’attuale 55%).

Ed ancora, secondo le attuali tendenze economiche globali, si prevede che la domanda mondiale di materie prime quasi raddoppierà entro il 2060, con i materiali da costruzione destinati a dominare. “L’estrazione della maggior parte dei minerali contenuti nei materiali da costruzione si basa su metodi ad alto consumo energetico che hanno conseguenze dannose per l’ambiente e le comunità locali. Queste pratiche contribuiscono alla perdita di biodiversità e alla scarsità d’acqua”.

Coerenza con gli obiettivi già assunti

La presa di coscienza di queste criticità rende quindi evidente l’importanza di accelerare la transizione verso un settore edilizio che sia coerente, come sottolineato nella Dichiarazione, “con gli obiettivi a lungo termine dell’Accordo di Parigi nel 2015, del Patto sul clima di Glasgow nel 2021, del Piano di attuazione di Sharm el-Sheikh nel 2022 e dell’esito del primo bilancio globale nel 2023, mantenendo a portata di mano l’obiettivo degli 1,5 gradi di contenimento dell’innalzamento delle temperature”.

In questo contesto la Dichiarazione di Chaillot viene considerata dai suoi firmatari come un passo in avanti importante e decisivo nell’attuazione operativa dell’Accordo di Parigi. Questo perché “per la prima volta i rappresentanti governativi hanno concordato una dichiarazione congiunta per coinvolgere l’intera catena del valore dell’economia nella transizione”.

Unità di intenti che dovrà inevitabilmente “adattarsi” alle diverse situazioni presenti nei vari territori. “Il processo di transizione energetica e decarbonizzazione nell’edilizia – si legge – dovrà essere implementato, o incoraggiato, a seconda dei casi, in considerazione delle differenze nelle giurisdizioni dei vari Paesi”.

La Dichiarazione di Chaillot punto per punto

E veniamo quindi agli impegni espressamente assunti dagli Stati firmatari della Dichiarazione di Chaillot:

  • Attuare tabelle di marcia, quadri normativi e codici vincolanti in materia di edilizia ed energia per procedere verso più edifici a zero emissioni di carbonio;
  • Attuare un quadro finanziario adattato con incentivi finanziari/fiscali e strumenti normativi al fine di aumentare la quota di edifici resilienti, con emissioni di gas serra quasi o pari a zero;
  • Promuovere l’adozione di etichette, standard e certificazioni;
  • Dare l’esempio adottando politiche ambiziose in materia di appalti pubblici;
  • Promuovere la produzione, lo sviluppo e l’uso di materiali da costruzione a basse emissioni di carbonio, sostenibili ed economicamente vantaggiosi;
  • Promuovere catene del valore collaborative con ricerca e sviluppo di soluzioni innovative;
  • Migliorare le competenze rafforzando il know-how locale tenendo conto delle strategie di mitigazione e adattamento;
  • Sviluppare una governance multilivello, un coordinamento tra le diverse parti interessate e un approccio più partecipativo per garantire il coordinamento dell’attuazione;
  • Sviluppare strumenti e quadri normativi per raccogliere e condividere dati e migliori pratiche.

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Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
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