Immaginiamo un dipendente che si vede assegnare 42 obiettivi da realizzare nel corso dell’anno. Se poi, trascorso il periodo, la persona si ripresenta e non soltanto dichiara di non essere riuscita nel compito, ma addirittura di avere raggiunto un solo obiettivo, il minimo che ci possa attendere è la consegna della lettera di licenziamento. Però, nel caso che ci accingiamo ad illustrare, le cose si complicano non poco, perché ad essere licenziato dovrebbe essere il genere umano…
Il numero 42 di cui sopra è quello degli indicatori che sono segnalati nel rapporto “State of Climate Action 2023”, realizzato nell’ambito del progetto di ricerca internazionale “Systems Change Lab” e presentato alla vigilia della Cop28 di Dubai. Un rapporto che è frutto dello sforzo congiunto di varie entità schierate contro il cambiamento climatico, come Bezos Earth Fund, Climate Action Tracker, Climate Analytics, ClimateWorks Foundation, NewClimate Institute e il World Resources Institute.
L’andamento degli indicatori è utile a comprendere se siamo o meno sulla strada giusta per rispettare i target di decarbonizazione fissati per la fine di questo decennio e, più in generale, quanto stabilito nell’accordo di Parigi, ovvero il contenimento in un grado e mezzo di temperatura del surriscaldamento globale, livello peraltro già foriero di un impatto significativo e potenzialmente catastrofico per vari ecosistemi del pianeta.
Il numero uno, invece, è appunto relativo all’unico di questi indicatori che si trova in zona positiva, ovvero la crescita percentuale dei veicoli elettrici sul totale delle vendite di automobili, elemento che procede al ritmo richiesto. Per il resto si può soltanto ragionare in termini negativi, sebbene il rapporto rilevi che tre quarti degli indicatori si muovono almeno nella giusta direzione.
Ma il grande problema non sta nella direzione del cambiamento quanto nella sua velocità. Ed allora si scopre che il ritmo è promettente ma insufficiente per soltanto 6 degli indicatori, mentre ben 24 stanno procedendo molto al di sotto della velocità richiesta. Ed ancora, altri 6 indicatori stanno proprio andando nella direzione sbagliata, con i restanti 5 per i quali non è invece possibile esprimere una valutazione a causa dei dati insufficienti.
Andando a vedere più nel dettaglio la situazione degli indicatori nei vari settori, si nota che il citato andamento positivo delle vendite di mezzi elettrici – tasso medio annuo di crescita del 65%, passando dall’1,6% delle vendite complessive nel 2018 al 10% nel 2022 – va però collocato in un comparto, quello dei trasporti, dove sono ben 9 gli indicatori che non procedono come dovrebbero.
In particolare, ad avere un ritmo promettente ma ancora insufficiente è la crescita della quota di veicoli elettrici nella flotta di veicoli leggeri e quella della quota di veicoli elettrici nelle vendite di mezzi a due e tre ruote. Ad andare nella direzione opposta a quella richiesta è l’incidenza della quota di veicoli elettrici a batteria/veicoli elettrici a celle a combustibile nelle vendite di autobus, nonché la quota di chilometri percorsi dalle autovetture.
Il grosso degli indicatori dei trasporti mostra invece una crescita che procede con una velocità molto al di sotto di quella richiesta. In particolare, si tratta di:
Uno dei comparti chiave dove intervenire per contenere il surriscaldamento climatico è naturalmente quello energetico, contesto nel quale viene preso in esame l’andamento di quattro indicatori. Ebbene, l’unico che cresce con un ritmo sostenuto, per quanto ancora insufficiente, riguarda la quota di fonti a zero emissioni di carbonio nella produzione di elettricità.
Nettamente insufficiente, invece, si rivela la diminuzione di tre fattori legati all’impiego di combustibili fossili:
Inoltre, il rapporto evidenzia come risulta insufficiente l’evoluzione dei sistemi di cattura dell’anidride carbonica.
Per quanto riguarda l’edilizia, emerge che per due importanti indicatori, quelli relativi al tasso di ristrutturazione degli edifici e alla quota di nuovi edifici in funzione a zero emissioni di carbonio, non è possibile esprimere giudizi di merito a causa della mancanza dei dati necessari. Migliorano invece ad un ritmo insufficiente sia l’intensità energetica delle operazioni di costruzione, sia l’intensità di CO2 nelle operazioni di costruzione.
Tutti in “rosso” anche i quattro indicatori relativi al comparto industriale. Tre di essi sono largamente insufficienti:
E si muove nella direzione opposta al necessario l’intensità di CO2 generata nella produzione globale di acciaio.
Il rapporto State of Climate Action 2023 contiene un’analisi approfondita relativa all’andamento della decarbonizzazione in relazione alla flora. L’indicatore migliore, seppur insufficiente, è quello relativo alla riforestazione. Peggio gli indici che misurano deforestazione e ripristino delle mangrovie. Assolutamente negativo, poi, è l’andamento dell’indicatore opposto, ovvero la perdita delle mangrovie. Dati insufficienti, invece, per ottenere gli indicatori su degrado e ripristino delle torbiere. Altrettanto articolata la sezione del rapporto dedicata a cibo e agricoltura. Pure in questo caso c’è solo un indicatore vicino alla sufficienza, quello della produttività della carne dei ruminanti. Giudizio totalmente negativo per la quota di produzione alimentare persa, mentre si evolve nella giusta direzione ma con una velocità assolutamente insufficiente la situazione in questi tre contesti:
Infine, mancanza di dati sufficienti ad elaborare un indicatore dell’andamento dei rifiuti alimentari.
Altro comparto dove non si può dire che le cose procedono nel verso giusto è quello finanziario. Nel dettaglio, dei sette indicatori di settore riportati nello State of Climate Action 2023 soltanto uno si trova in territorio “moderatamente” negativo, la “quota di emissioni globali di gas serra soggette all’informativa obbligatoria sul rischio climatico aziendale”. All’opposto, non accenna a diminuzioni impattanti il finanziamento pubblico totale per i combustibili fossili.
Per il resto, anche nel comparto finanziario la maggioranza degli indicatori evidenzia una crescita che procede con una velocità molto al di sotto di quella richiesta. Stiamo parlando di:
Con un solo indicatore su 42 che soddisfa le aspettative, le conclusioni del rapporto State of Climate Action 2023 non possono ovviamente essere positive: “La finestra temporale per evitare impatti climatici sempre più devastanti e spesso irreversibili si sta rapidamente riducendo. Serve quindi un’azione immediata e ambiziosa per limitare il riscaldamento globale a un grado e mezzo di temperatura”.
Ed ancora, viene sottolineato come “per avvicinarsi a dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di CO2 entro la metà del secolo, i cambiamenti trasformativi devono accelerare nei settori a più alte emissioni a livello mondiale: energia, edilizia, industria, trasporti, foreste e territorio, alimentazione e agricoltura”.