Residenziale e industriali, le caldaie a idrogeno sono pronte

Sono già molte le applicazioni pratiche in commercio che sfruttano l’idrogeno (anche miscelato) per ridurre la CO2 immessa in atmosfera. Ecco le soluzioni di SIT, Rinnai e Siemens
Molecola idrogeno

Una delle sfide più impegnative nella lotta al cambiamento climatico è la decarbonizzazione, che può avvenire in diversi modi: catturando la CO2 già immessa in atmosfera o evitando di liberarne altra sostituendo ad esempio i combustibili fossili con delle alternative sostenibili.

L’utilizzo di idrogeno, possibilmente di tipo verde, rappresenta una delle opzioni più interessanti poiché si tratta dell’elemento più diffuso in natura (svincolandoci dalle problematiche di approvvigionamento di altre materie prime) ed è accumulabile con relativa semplicità.

Viene già utilizzato nell’industria come alternativa ad altri gas combustibili, ma in futuro diventerà sempre più utile anche in ambito residenziale.

Diverse azienda offrono già prodotti e tecnologie basate su questo importante elemento (o comunque aggiornabili con facilità una volta che la sua diffusione sarà capillare).

Gestire e contabilizzare l’idrogeno con le soluzioni SIT

SIT da anni realizza componentistica per dispositivi come caldaie, bruciatori ecc. Per l’idrogeno, l’azienda offre diverse soluzioni che affrontano varie problematiche legate alla sua gestione.

“SIT è impegnata nello sviluppo di prodotti per il settore residenziale, in particolare componentistica per caldaie. – spiega Tomaso Valdinoci, Chief Product Officer dell’azienda – In Europa si vendono circa 8 milioni di caldaie all’anno, ma con REpowerEU sarà necessaria una netta svolta dal metano all’idrogeno. Produrre meno CO2 dalla combustione significa ridurre il contenuto di carbonio presente all’interno del gas immesso nelle caldaie: il modo più semplice è mischiando l’idrogeno al metano fino a una quota  del 20%. Praticamente tutte le caldaie recenti sono in grado di bruciare in maniera efficiente questo mix. Lo step successivo, nel giro di diversi anni, sarà quello di passare all’idrogeno al 100%”.

Tomaso Valdinoci SIT
Tomaso Valdinoci di SIT

Da questo punto di vista SIT offre già oggi diverse soluzioni operative in prodotti in commercio, come le caldaie di Ariston e Bosch esposte in occasione di MCE – Mostra Convegno Expocomfort 2022.

Interessante anche l’applicazione Bluegen di Solid Power, una cella a combustibile per la produzione di energia elettrica e termica che può essere installato in combinazione con l’esistente impianto di riscaldamento all’interno di abitazioni private (case monofamiliari o condomini), attività commerciali o piccole-medie imprese.

Un altro tema da considerare è la contabilizzazione del gas.

“Il contatore deve essere diverso perché la molecola da misurare è differente. – aggiunge Valdinoci – Esistono già contatori operativi in una cittadina inglese alimentata al 100% a idrogeno, ma la nostra intenzione è quella di andare oltre e misurare non solo il volume di gas che transita, ma il suo potere calorifico e quindi la quantità di energia che viene fornita alla casa. Ciò sarà molto utile in presenza di diversi mix di idrogeno e metano all’interno delle condutture”.

Rinnai Infinity, lo scaldabagno pronto per l’idrogeno al 100%

Vista la presenza negli edifici di soluzioni condominiali per il riscaldamento, è evidente la necessità di disporre di uno scaldacqua (chiamato anche scaldabagno), ma che sia già pronto per affrontare le sfide della decarbonizzazione tramite idrogeno.

Ci ha pensato Rinnai, che a MCE – Mostra Convegno Expocomfort 2022 ha esposto lo scaldabagno domestico a condensazione Infinity.

Rinnai Sara Saltini
Sara Saltini con lo scaldabagno Infinity di Rinnai

“Rinnai ha sviluppato, progettato e costruito nuove soluzioni per la gestione della combustione dell’idrogeno. – conferma Sara Saltini, marketing manager dell’azienda – L’eccessiva concentrazione di idrogeno genera infatti elevate temperature di combustione, con conseguente immissione di Nox; inoltre l’aggiunta di idrogeno estende i limiti di infiammabilità. Questi e altri problemi sono stati risolti grazie a una nuova geometria della camera di combustione e all’utilizzo del sensore UV per la rilevazione della fiamma dell’idrogeno”.

Il bruciatore sviluppato da Rinnai replica il tipico range di funzionamento di uno scaldabagno a metano: offre dunque alte prestazioni anche a basse potenze, garantendo nel contempo comfort di utilizzo in presenza di basse portate o bassi salti termici. Al suo interno sono presenti due distinti layer: uno metallico dal pattern longitudinale e uno di acciaio sinterizzato flame retardant. Accoppiati tra loro, creano un tappeto di fiamma che supera l’infragilimento a cui sono esposti i metalli a contatto con l’idrogeno.

Un’ulteriore innovazione strutturale è stata introdotta sull’apparato di premiscelazione, in cui il ventilatore spinge aria all’interno della camera di combustione che si riduce nelle dimensioni, riducendo il del gas immagazzinato con la conseguente eliminazione del rischio di esplosione anche in caso di ritorno di fiamma (controllato comunque anche tramite un apposito sensore).

Da Siemens una soluzione per gli impianti medio-grandi

Il medesimo approccio vale per applicazioni residenziali di grandi dimensioni o persino per quelle industriali. Siemens ad esempio ha sviluppato una soluzione per il retrofit di impianti esistenti, in grado di abilitare l’utilizzo con un mix pari al 20% di idrogeno o più.

Luigi Colnago e Steffen Schmidt di Siemens
Da sinistra, Luigi Colnago e Steffen Schmidt di Siemens

“La nostra soluzione richiede solo l’aggiornamento di alcuni componenti e l’impostazione di specifici setting, ma per il resto sarà possibile lavorare con un mix di idrogeno e metano senza effettuare complessi interventi all’impianto. – spiega Steffen Schmidt di Siemens – Possiamo prevedere anche retrofit più completi, che permettono di accettare idrogeno al 100%. In questo caso è necessario sostituire anche il bruciatore e altri importanti componenti. Penso ad esempio al sensore che si occupa della verifica della combustione, che andrà sostituito con un sensore ottico UV che identifica la presenza della fiamma poiché sensibile alla lunghezza d’onda della luce a 311 nm, esattamente quella prodotta dall’idrogeno in fase di combustione. Anche la scheda di controllo e comando può essere sostituita con facilità, abilitando così l’utilizzo dell’idrogeno puro”.

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Andrea Pagani

Giornalista tecnico, da 25 anni mi occupo della realizzazione di prodotti editoriali (carta, video, web) per vari settori applicativi: dal manifatturiero all'impiantistica, fino all'e-mobility.
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