Fare le cose all’italiana: è un modo dire non soltanto conosciuto (e spesso praticato) dalle nostre parti, ma anche capace di provocare, purtroppo, sorrisetti ironici nei Paesi esteri. E di certo non ne veniamo fuori se queste antiche e cattive abitudini perdurano pure quando si ha a che fare con materie che sono invece emblema dei cambiamenti, nel caso in questione la mobilità elettrica.
Com’è noto lo Stato, con i suoi governi di turno, ha recepito ormai da anni l’esigenza di ripensare il settore dei trasporti, in sintonia con quanto richiesto dall’Unione europea, mettendo fra l’altro in moto un sistema di incentivazione per l’acquisto di veicoli privi di motore termico. Senonché le ultime vicende relative agli sconti sulle auto elettriche non sono state esattamente un bel vedere. A cominciare dai clienti delle concessionarie che si sono sentiti dire che gli incentivi per l’acquisto dell’auto elettrica prenotata poco prima erano finiti, salvo poi essere richiamati per apprendere della provvidenziale ricomparsa degli stessi…
Una storia complicata, quella dell’ultima tornata di incentivi per l’auto elettrica, e tutt’altro che conclusa, che richiede attenzione per comprendere il suo intricato svolgersi. Per prima cosa facciamo un passo indietro fino a inizio di agosto, quando è arrivata la notizia dello sblocco degli incentivi per l’acquisto di auto ecologiche previsti dal decreto Sostegni bis. A corredo, la possibilità di prenotare sulla piattaforma del ministero dello Sviluppo economico, ecobonus.mise.gov.it, i bonus per l’acquisto di nuovi veicoli a basse emissioni fino a 135 g/km di CO2, con e senza rottamazione.
Bastava però dare un’occhiata alle cifre in ballo per accorgersi che qualcosa non tornava. Infatti, dei 260 milioni stanziati per l’acquisto di auto nuove ben 200 sono andati in realtà a rifinanziare un fondo esaurito l’8 aprile scorso, destinato anche alle auto a benzina e gasolio a basse emissioni, ossia con CO2 compresa tra 61 e 135 g/km. Soltanto i rimanenti 60 milioni sarebbero stati destinati (vedremo il perché del condizionale) a rimpinguare il fondo destinato al cosiddetto Extrabonus per le auto con emissioni fino a 60 g/km, cioè elettriche e plug-in con prezzo non superiore a 50 mila euro.
L’Extrabonus, però, non va confuso con l’Ecobonus, ovvero l’agevolazione prevista dalla legge di Bilancio 2021 che a inizio dell’anno ha stanziato 290 milioni di euro per l’acquisto, appunto, di vetture con emissioni fino a 60 g/km. Una differenza non da poco perché soltanto ricorrendo all’Ecobonus (con sconto fino a seimila euro sulla singola vettura) il cliente può aggiungere l’Extrabonus (sconto fino a duemila euro) sempre che, altro vincolo, il concessionario preveda a sua volta uno sconto sull’auto in questione.
Un bel groviglio normativo, appunto all’italiana, i cui i nodi sono venuti al pettine a fine agosto con l’esaurimento, ampiamente annunciato, dei fondi per l’Ecobonus che, a cascata, ha di fatto bloccato l’accesso anche all’Extrabonus… A questo punto il copione esigeva l’inserimento di una “pezza”, cosa che è puntualmente avvenuta il due settembre con la decisione del governo di inserire nel cosiddetto decreto Infrastrutture una misura che sposta nel fondo Ecobonus i soldi giacenti nel fondo Extrabonus (ecco spiegato il precedente condizionale).
Peccato che le pezze fatte in fretta e furia hanno spesso un difetto: si scuciono rapidamente. Proprio ciò che sta accadendo, come certifica il citato sito ministeriale che mostra i contatori relativi alla capienza dei vari incentivi a sostegno della mobilità. Nonostante i quasi 60 milioni provenienti dall’Extrabonus, alla metà di settembre i fondi disponibili per l’Ecobonus risultavano inferiori ai 15 milioni di euro. Questo significa che negli ultimi tre mesi dell’anno non saranno disponibili incentivi per la mobilità elettrica. Sempre che nelle stanze del governo non si rimettano a cucire…