Se bisogna indicare uno fra i molti comparti della transizione energetica dove il ruolo del progresso tecnologico rappresenterà per decenni il fattore decisivo, viene abbastanza naturale pensare a quello delle batterie destinate ad alimentare i veicoli con trazione elettrica. Stiamo parlando, è bene ricordarlo, di un settore la cui conversione green è davvero fondamentale, considerata la quantità enorme di emissioni climalteranti e nocive per la salute provocata dalla mobilità su quattro ruote. A fare il punto sullo stato dell’evoluzione tecnologica delle batterie per auto, analizzando la situazione per le tre tipologie principali attualmente disponibili per il settore dell’autotrazione, c’è un articolo comparso sul sito di Wood Mackenzie dal titolo: “Can battery innovation accelerate the energy transition?”.
Ed il primo ragionamento sviluppato nell’articolo è appunto relativo alla diversa tipologia delle batterie, fra loro in una concorrenza commerciale i cui esiti sono destinati a cambiare proprio in virtù dell’evoluzione tecnologica. “Fino a poco tempo fa – si legge – la maggior parte delle batterie agli ioni di litio (Li-ion) erano disponibili in fosfato di ferro di litio (LFP, bassa densità energetica ma alta sicurezza) o al litio-nichel-cobalto-ossido di manganese (NMC, alte prestazioni)”.
In quest’ambito un progresso importante si è registrato con la sostituzione nelle celle LFP di parte del contenuto di ferro con il manganese – soprannominate per questo LMFP –, il che ha ridotto il divario di densità energetica rispetto alle batterie NMC. Per quest’ultime, invece, il cobalto sta venendo gradualmente eliminato a vantaggio del contenuto di nichel.
Ma da qualche tempo, a dimostrazione della costante innovazione nel settore, l’attenzione si sta concentrando anche sulla “crescita” di un altro tipo di batteria, quella basata sulla tecnologia agli ioni di sodio (Na-ion), simile ai modelli agli ioni di litio ma senza il costoso contenuto di litio, nonché di nichel o cobalto.
Fra i vantaggi delle celle agli ioni di sodio, la loro sicurezza molto maggiore rispetto alle batterie sviluppate utilizzando gli ioni di litio. Punto debole è invece la densità energetica degli ioni di sodio che non può ancora competere rispetto alle batterie con ioni di litio a base di nichel. E qui entra in gioco l’evoluzione tecnologica che promette di limare progressivamente questo limite che di fatto attualmente penalizza l’autonomia dei veicoli attrezzati con questo tipo di batterie.
Inoltre, nell’articolo di Wood Mackenzie, firmato da Simon Flowers, Julian Kettle e Max Reid, si evidenzia anche la mancanza, per le batterie Na-ion, delle catene di approvvigionamento e dei processi di produzione ormai consolidati per i modelli Li-ion, il che richiederà miliardi di dollari di investimenti destinati soprattutto alla realizzazione delle relative gigafabbriche.
Affiancare l’offerta di batterie Na-ion a quella LFP e NMC è fondamentale per almeno due importanti ragioni. La prima è che la concorrenza farà aumentare il numero di batterie per auto disponibili sul mercato e contribuirà quindi a far calare il prezzo delle stesse. Ma la minor dipendenza dal litio avrà anche importanti effetti geo-politici, poiché questo elemento si trova in abbondanza soltanto nei giacimenti di pochi Paesi, come Australia, Argentina, Cile e Cina.
L’articolo si chiude con una riflessione sulle prospettive future: “È chiaro che l’innovazione nelle tecnologie delle batterie è necessaria per avere una possibilità concreta per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni. Ma guardando al settore dei trasporti non esiste una soluzione valida per tutte le diverse esigenze”.
Ed ancora, i tre autori sottolineano come “l’utilizzo di tecnologie diverse a seconda del comparto dei trasporti rappresenta il metodo ottimale per soddisfare le diverse esigenze delle numerose applicazioni che richiedono batterie. E se adeguatamente finanziata, l’industria delle batterie potrà continuare a fornire i risultati richiesti”.