Transizione energetica e Superbonus, l’Europa accelera ma l’Italia frena

Nel corso della settimana due importanti sviluppi politici in tema di mobilità elettrica e Superbonus hanno evidenziato, e purtroppo non è la prima volta, che a Bruxelles e Roma si ragiona in modo diverso.
Italia fondi superbonus finiti

Il calendario ci ha messo la zampino, nel senso che non era scontato che un’importante riunione dei ministri UE sul tema della mobilità elettrica si svolgesse pressoché in contemporanea con un vertice “chiarificatore” fra governo e partiti politici in tema di Superbonus. Ma se per la tempistica si può parlare di casualità, assolutamente non casuale è l’evidente divergenza di vedute che è scaturita da questi incontri.

Da un lato c’è l’ampia maggioranza delle cancellerie europee che spinge senza esitazioni per lo stop alla vendita, e poi alla circolazione, dei veicoli inquinanti; dall’altro lato c’è il nostro esecutivo che non solo ha chiesto con qualche sparuto alleato continentale, peraltro senza successo, di rallentare questo processo, ma nell’incontro sul Superbonus ha lasciato chiaramente intendere di non voler rifinanziare il provvedimento, allargando oltremodo il clima di incertezza già esistente nel mondo dell’edilizia.

Lo stop alle auto con motore termico

Insomma, se a Bruxelles va di moda il green a tinte ancor più forti, a Roma piace sempre più sbiadito… Metafora che fra l’altro sintetizza quanto accaduto nella citata riunione dei ministri UE.

Ad incontrarsi sono stati i responsabili dell’Ambiente dei Paesi membri e sul tavolo c’era una questione fondamentale, ovvero lo stop alla vendita delle auto dotate di un motore a combustione interna a partire dal 2035.

Questione di cui ci siamo più volte occupati su questo sito, fin da quando la misura fu proposta dalla Commissione UE per poi, parecchi mesi dopo, ricevere un primo via libera dall’Europarlamento. Ma nella complessa liturgia legislativa dell’Unione serviva, appunto, anche il placet diretto dei Paesi membri, che è infine arrivato dopo un confronto nel quale l’Italia non ha esattamente recitato un ruolo d’avanguardia.

Il nostro governo ha infatti provato a ottenere uno slittamento temporale, presentando un documento insieme a Romania, Bulgaria, Portogallo e Slovacchia nel quale era previsto il rinvio, dal 2035 al 2040, dello stop alla vendita delle auto a benzina e diesel in Europa. Usiamo il passato perché la proposta non ha fatto proseliti e, come detto, i ministri dell’Ambiente hanno confermato il termine del 2035.

Niente più risorse per il Superbonus

Sul fronte del Superbonus, non c’è da riferire di ulteriori correzioni legislative, ma quanto accaduto fa presagire un futuro ancor più complicato per l’agevolazione edilizia. In un incontro con i partiti della maggioranza che lo sostiene, il governo ha comunicato per bocca del ministero dell’Economia che non intende più concedere nuove proroghe alla misura, in particolare a beneficio delle villette unifamiliari e delle case popolari, perché i fondi a disposizione sono esauriti.

Raccontata così la cosa potrebbe anche avere un senso, ma in realtà, essendoci altri importanti elementi da considerare (a partire dall’enorme problema della cessione dei crediti praticamente bloccata), la presa di posizione dell’esecutivo appare di difficile comprensione e giustifica le reazioni sconcertate di vari esponenti politici oltre che di molti addetti ai lavori.

Da parte del governo, chiudere il rubinetto finanziario e tergiversare ancora sugli indispensabili nuovi provvedimenti per “resuscitare” la cessione del credito significa di fatto negare al Superbonus sia un presente che un futuro. E le conseguenze minacciano di essere drammatiche, come ha recentemente evidenziato la CNA: “Il blocco della cessione dei crediti legati ai bonus edilizi mette a rischio 150mila posti di lavoro nella filiera delle costruzioni”.

Contraddizioni e paradossi

Senonché proprio il rifiuto di mettere ulteriori risorse sul piatto rischia di vanificare gli ulteriori interventi sulla cessione del credito ancor prima del loro concepimento. Perché mai i vari intermediari finanziari coinvolti – istituti bancari, Poste, ecc. – dovrebbero riattivarsi sulla cessione del credito quando il governo ha già fatto sapere che non c’è più trippa per gatti?

Ma il mancato rifinanziamento del Superbonus finirebbe anche (usiamo il condizionale nella speranza di un ripensamento) per creare una situazione assolutamente paradossale. Infatti, la chiusura del portafoglio arriverebbe dallo stesso governo che pochi mesi fa ha deciso di prorogare l’agevolazione fino al 2025 (con recupero delle spese a decrescere dal 110% al 65%) per i condomini e gli edifici con più unità immobiliari.

Come sarà possibile procedere in assenza di risorse è un mistero la cui risoluzione, piuttosto che al ministero dell’Economia, sarà affidata a un redivivo mago Houdini.

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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