Il ruolo dell’idrogeno per raggiungere l’obiettivo emissioni zero

Un accurato report di Irena fa il punto sulle prospettive di sviluppo dell’idrogeno ed il suo importante contributo per abbattere le emissioni climalteranti a metà del secolo
Il ruolo dell’idrogeno per raggiungere l’obiettivo emissioni zero

Come in tanti altri settori, anche per le energie rinnovabili si tratta di far tornare i conti. Numeri che nell’ottica di raggiungere le emissioni zero per il 2050, obiettivo europeo e non solo, appaiono molto complessi. Infatti, se è vero che il contributo delle rinnovabili dovrà essere quasi totalitario per raggiungere il traguardo, occorre anche ragionare sull’apporto delle diversi fonti. E qui a giocare un ruolo importante, anche se per ora ampiamente “sottostimato” a livello comunicativo, ci sarà l’idrogeno, come sottolineato dal recente report di IRENA (l’Agenzia internazionale dell’energia rinnovabile), dal titolo Geopolitics of the Energy Trasformation – The Hydrogen Factor.

Un decennio fondamentale per lo sviluppo

Uno studio che inizia sottolineando come la definizione delle giuste priorità per l’uso dell’idrogeno sarà essenziale per la sua rapida diffusione e il suo contributo a lungo termine agli sforzi di decarbonizzazione. E proprio il decennio in corso ha un’importanza cruciale, perché nel suo svolgersi dovrebbero essere definite le tecnologie migliori di produzione e le infrastrutture necessarie, il tutto accompagnato da una decisa discesa dei costi relativi al comparto dell’idrogeno.

C’è poi un’ulteriore considerazione, particolarmente attuale nel momento in cui emerge drammaticamente il problema della dipendenza di molti Paesi da forniture energetiche esterne, su tutte il gas proveniente dalla Russia. Ebbene, da un lato sulle tubature dei gasdotti potrà un domani viaggiare l’idrogeno grazie ad opportune modifiche tecniche, ma dall’altro lato per sua natura la produzione dell’idrogeno potrà avvenire in molti Paesi e in diverse aree geografiche contribuendo così a risolvere il problema della dipendenza energetica.

3 tipologie di idrogeno

Il report IRENA ricorda la distinzione fondamentale quando si parla di idrogeno. Esistono infatti tre tipologie di idrogeno, identificate con diversi colori, a seconda della fonte di provenienza e del processo di “estrazione” adottato. L’idrogeno grigio è quello ricavato dalle fonti fossili e quindi non annoverabile fra le risorse energetiche non inquinanti.

Diverso il discorso per l’idrogeno blu, anch’esso ricavato dalle fonti fossili ma con un procedimento che prevede la contemporanea cattura e stoccaggio della CO2 prodotta. A completare il quadro c’è l’idrogeno più importante, interamente “pulito”, ovvero quello identificato dal colore verde e ricavato per elettrolisi da fonti rinnovabili.

le tre diverse tipologie di idrogeno
Le diverse tipologie: grigio, blu e verde

La situazione nel 2050

Secondo lo studio, nel 2050 si potrebbe arrivare ad avere un 12% dei consumi finali di energia con il ricorso a idrogeno ottenuto senza emissioni climalteranti. In particolare, la maggioranza di questo idrogeno sarà di tipo verde, ricavato da elettrolizzatori alimentati con elettricità generata interamente da fonti rinnovabili, mentre la parte restante sarà garantita da idrogeno blu, ricavato da fonti fossili dotate di sistemi CCS (acronimo di carbon capture and storage).

I numeri sono importanti, dicevamo in apertura, e sono efficaci anche per far capire come il percorso dell’idrogeno da qui fino al 2050 non sarà una strada in discesa. Lo scenario messo a punto da IRENA indica che per ottenere dall’idrogeno una quota del 10% della riduzione globale delle emissioni di CO2 occorrerà disporre di elettrolizzatori con una capacità complessiva di 5.000 GW  (oggi è appena 0,3 GW).

La domanda di idrogeno al 2050
Le richieste per le diverse tipologie

La discesa dei costi dell’idrogeno

Ed ancora, la domanda di energia per produrre idrogeno verde sarà pari a circa 21.000 TWh di elettricità da rinnovabili, un valore che si avvicina all’attuale consumo di energia elettrica nel mondo… Un altro aspetto importante è quello prettamente economico, con la necessità di far scendere i costi di produzione almeno fino a 1,5 dollari per chilogrammo di idrogeno verde, in modo da rendere il processo competitivo rispetto a quello attualmente impiegato per l’idrogeno grigio.

consumi idrogeno 2020

Infine, qualche annotazione geografica. Il Paese che ha consumato più idrogeno nel 2020 è stata la Cina (23,9 milioni di tonnellate), seguita da Stati Uniti (11,3 milioni), India e Russia (rispettivamente 7,2 e 6,4 milioni). Più indietro il nostro continente, con Europa a 27 e Regno Unito che insieme hanno consumato 5,8 milioni di tonnellate di idrogeno. C’è poi un’interessante indicazione sul futuro: la prima nazione nella quale diverrà più economico produrre idrogeno verde rispetto al blu sarà la Cina, già l’anno prossimo, mentre per i principali Paesi europei e gli Stati Uniti lo stesso sorpasso avverrà soltanto nel 2028.

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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