La nuova direttiva della Commissione europea sul rendimento energetico degli edifici, la cosiddetta Direttiva Case Green, è argomento caldissimo, per le principali istituzioni del continente così come per i molti governi che guidano le nazioni aderenti all’Unione. L’Italia non fa eccezione, con l’allarme e la preoccupazione per una normativa che, qualora venga approvata nell’attuale forma, costringerebbe ad una colossale e costosa opera di riqualificazione del parco immobiliare del nostro Paese.
Ma se appare intuitivo che al di sotto delle Alpi tanti edifici sono di vecchia costruzione e quindi inadeguati dal punto di vista energetico, in realtà la conoscenza più estesa della situazione degli immobili del continente, con le differenze più o meno marcate fra le singole nazioni, è patrimonio soprattutto degli addetti ai lavori e non del grande pubblico. Per questo sono importanti i dati dell’Osservatorio messi a disposizione sul sito della Commissione europea.
Una prima considerazione di ordine generale riguarda il parco immobiliare dell’UE definito come “piuttosto eterogeneo”. In tutti gli Stati membri, la maggior parte degli immobili consiste in edifici residenziali, anche se la quota varia notevolmente, da circa il 60% in Slovacchia, Paesi Bassi e Austria a oltre l’85% in Paesi come Cipro, Malta e soprattutto Italia.
Nel sito della Commissione viene poi sottolineato come “l’età media degli edifici esistenti e la quota di nuovi edifici rispetto al parco totale sono dei buoni fattori, indicativi dell’efficienza complessiva del parco immobiliare. Maggiore è la percentuale di nuove abitazioni (costruite con standard di efficienza più elevati), maggiore sarà generalmente il rendimento energetico complessivo del parco edilizio”. Il che, aggiungiamo noi, significa in estrema sintesi che il nuovo è generalmente più efficiente del vecchio…
Ciò premesso, nella maggior parte dei Paesi dell’Unione europea metà e oltre del patrimonio residenziale è stato realizzato in età precedente al 1970, quando ancora non erano state introdotte le prime normative termiche relative alla costruzione degli immobili. Ci sono naturalmente delle eccezioni, ad esempio in nazioni quali Cipro, Spagna e Irlanda la quota di nuove abitazioni (costruite dopo il 2000) è significativa.
In Italia gli immobili costruiti prima del 1970 sono circa la metà e questo spiega gli enormi oneri che comporterebbe la loro riqualificazione energetica in tempi rapidi. Ancor più vetusto è il parco immobiliare tedesco, così come quello della Gran Bretagna, mentre la Francia ha una percentuale di vecchi edifici leggermente più bassa di quella italiana.
Altro criterio di giudizio è quello che prende in considerazione la tipologia dell’abitazione, unifamiliare o plurifamiliare. “Il tipo di abitazione – si spiega nel sito della Commissione europea – ha un impatto sulle prestazioni energetiche del riscaldamento degli ambienti, poiché diverse caratteristiche di isolamento implicano diversi consumi specifici per il riscaldamento degli ambienti a causa della diversa superficie della parete a contatto con l’esterno. Ad esempio, una casa bifamiliare consuma in teoria meno per metro quadrato rispetto a un’abitazione unifamiliare”.
E valutando la tipologia degli immobili, all’interno dell’UE il parco immobiliare varia in modo significativo. Nel Regno Unito e in Irlanda le abitazioni unifamiliari sono la tipologia dominante (oltre l’80%), mentre in Spagna ed Estonia le abitazioni plurifamiliari rappresentano oltre il 70% di tutte le abitazioni.
Fra gli altri grandi Paesi europei, la Francia si avvicina al 60% di abitazioni unifamiliari mentre la Germania non arriva al 50%. Quanto all’Italia, la ripartizione vede le abitazioni multifamiliari al 75% e le unifamiliari al 25%. Differenze nazionali marcate, dunque, anche se guardando alla media continentale c’è invece una sostanziale parità nella percentuale di abitazioni unifamiliari o plurifamiliari.
Un altro fattore che varia notevolmente tra gli Stati membri è il grado di urbanizzazione che indica il numero di edifici residenziali/abitazioni per località. In base ad esso vengono definiti tre tipi di territorio:
Ebbene, nell’Unione europea la distribuzione media degli edifici residenziali è del 42% nei centri urbani ad alta densità, del 30% nelle aree urbane intermedie e del restante 28% nelle aree rurali.
Anche in questo caso la distribuzione specifica differisce, anche in modo significativo, tra i vari Paesi membri, con l’Italia che registra una netta prevalenza di edifici e popolazione nei centri urbani ad alta densità, circa il 45% del totale.