Un ipotetico viaggiatore di ritorno da un lungo isolamento su Marte ci capirebbe ben poco: perché due anni fa le emissioni di gas serra sono crollate in Italia (come nel resto del mondo) per poi risalire vigorosamente nel 2021? Ma, naturalmente, noi che siamo sempre rimasti con i piedi piantati sul pianeta Terra, conosciamo bene la risposta, perché a provocare questa e molte altre anomalie statistiche c’è stato l’impatto del COVID-19 che nel 2020 ha portato addirittura al blocco completo delle attività economiche nel periodo del lockdown.
Una percezione intuitiva, quella degli sconvolgimenti provocati dalla pandemia anche in tema di gas serra, che adesso diventa un riscontro concreto grazie all’ultima edizione del rapporto ISPRA dal titolo “Inventario Nazionale delle Emissioni di gas serra”. Un’indagine che evidenzia il quadro globale e di dettaglio nel nostro Paese relativo all’andamento dei gas serra e degli altri inquinanti dal 1990 al 2020.
Ebbene, nel 2020 le emissioni di gas serra sono diminuite del 27% rispetto al 1990, passando da 520 a 381 milioni di tonnellate di CO2 e dell’8,9% rispetto al 2019. Un andamento, sottolinea il rapporto, dovuto “alla crescita negli ultimi anni della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico), all’incremento dell’efficienza energetica nei settori industriali e alla riduzione dell’uso del carbone, ma anche alla pandemia da COVID-19 che ha portato, due anni fa, ad un periodo di blocco delle attività”.
Per quanto riguarda i numeri del 2021, l’ISPRA specifica che si tratta ancora di stime, anche se l’esperienza insegna che lo scostamento con i dati definitivi dovrebbe risultare marginale. Di certo non cambierà la tendenza forte al rimbalzo, dovuto anche e soprattutto al lento ritorno verso la normalità delle attività economiche e produttive una volta “assorbito” il primo impatto del COVID-19.
In particolare, l’incremento nei livelli di gas serra stimato per l’anno scorso rispetto al 2020 è del 6,8%, una crescita che è “conseguenza della ripresa della mobilità e delle attività economiche, ma non altera il trend di riduzione delle emissioni e di miglioramento dell’efficienza energetica registrato negli ultimi anni”.
Ragionando per comparti, il report evidenzia come i responsabili di circa la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti sono stabilmente i settori della produzione di energia e dei trasporti. E il trend più forte è relativo proprio alla mobilità, considerata la notevole diminuzione delle percorrenze complessive (chilometri per veicolo) registrata due anni fa, accompagnata da una brusca riduzione delle emissioni (-19.4%), il tutto ovviamente dovuto al lockdown.
Un altro effetto provocato dalla pandemia nel 2020 è la significativa crescita della quota di energia rinnovabile, pari al 20.4%, rispetto al consumo finale lordo, un valore largamente superiore all’obiettivo del 17%. Si tratta inoltre di una percentuale più che triplicata rispetto al 2004 quando l’energia rinnovabile rappresentava soltanto il 6.3% del consumo finale lordo di energia. Anche nei trasporti l’obiettivo, fissato al 10%, è stato superato raggiungendo il 10,7%.
E se la stima 2021 sulla quota di energia rinnovabile sul consumo finale lordo non è ancora disponibile, emerge comunque l’incremento delle emissioni nei singoli comparti. Nel dettaglio, il rapporto ISPRA indica una crescita sostenuta per l’industria (9.1%) e i trasporti (15.7%). E risalgono le emissioni anche per la produzione di energia, nonostante la riduzione nell’uso del carbone (-35.2%), con un aumento stimato del 2.2% a causa degli incrementi registrati l’anno scorso per tutti gli altri vettori energetici.