Il green bond europeo si evolve, adesso si chiama EuGB

Le principali istituzioni UE hanno messo a punto la regolamentazione delle nuove obbligazioni verdi europee (EuGB) destinate a finanziare parte importante della transizione energetica del continente
Transizione energetica e nuove obbligazioni verdi europee EuGB

Abbiamo più volte scritto che la transizione energetica non sarà certo una passeggiata di salute. Si tratta, in estrema sintesi, di sostituire un mondo con un altro, ovvero abbandonare il secolare sistema basato soprattutto sull’impiego degli inquinanti combustibili fossili per passare alle fonti rinnovabili. Un cambiamento che non soltanto comporta delle colossali trasformazioni delle filiere produttive e di consumo, ma anche dei costi enormi nella sua fase iniziale, che saranno, peraltro, via via compensati da ritorni crescenti sia in termini di guadagni che di risparmi.

Tutto questo per dire che al momento per la trasformazione green c’è bisogno di tanti soldi, che diventano ancor di più in Europa considerata l’esplicita ambizione dell’UE di arrivare ad essere il primo continente ad impatto zero per la metà del secolo. Proprio per questo l’Unione Europea sta sviluppando un’apposita strategia in materia di “finanziamento della crescita sostenibile e di transizione verso un’economia a impatto climatico zero ed efficiente sotto il profilo delle risorse”.

Al centro di tutto ci sono i titoli definiti come green bond, che in realtà non rappresentano una novità, ma sui quali si stanno registrando degli importanti sviluppi in questa prima parte dell’anno. Non rappresentano una novità perché dei green bond si era già parlato, e molto, dopo l’esplodere della pandemia in Europa.

Il ruolo del NextGenerationEU

In particolare, nel 2021 c’è stato il varo del programma Next Generation EU, finanziato per un quinquennio con l’emissione di titoli a medio e lungo termine. Un programma, varato per rilanciare l’economia europea e “declinato” dai vari piani nazionali dei Paesi membri (in Italia il PNRR), che indica una raccolta complessiva di 800 miliardi di euro entro la fine del 2026, con la previsione della Commissione UE di raccogliere fino al 30 per cento dei fondi attraverso, appunto, le emissioni di green bond.

Tanto è bastato, due anni fa, per definire l’Unione Europea come il più grande emittente di obbligazioni verdi al mondo del corrente decennio. Ma a Bruxelles sapevano che non era il caso di dormire sugli allori, anche perché le obbligazioni “verdi” sono nate come un prodotto ancora acerbo, bisognoso di successive messe a punto per esercitare la giusta attrattiva nei mercati internazionali.

Si arriva così agli sviluppi di quest’anno, con l’adozione di ulteriori misure per attuare la strategia di finanziamento della transizione energetica. A fine febbraio i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla creazione di obbligazioni verdi europee (EuGB), che rappresentano a tutti gli effetti un’evoluzione del concetto di green bond.

La definizione delle nuove obbligazioni

Che si tratti di una significativa messa a punto, con riferimento alla terminologia sopra utilizzata, lo si capisce dal modo in cui vengono definite queste nuove obbligazioni: “Il regolamento – si legge nel relativo comunicato UE – stabilisce prescrizioni uniformi per gli emittenti di obbligazioni che desiderano utilizzare la denominazione “obbligazione verde europea” o EuGB per le loro obbligazioni ecosostenibili allineate alla tassonomia dell’UE e messe a disposizione degli investitori a livello mondiale”.

Ricordiamo che la tassonomia è una classificazione comune a livello UE delle attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale. Proseguendo nel comunicato, si apprende che viene inoltre istituito “un sistema di registrazione e un quadro di vigilanza per i revisori esterni di obbligazioni verdi europee. Per evitare il greenwashing nel mercato delle obbligazioni verdi in generale, il regolamento prevede anche alcune prescrizioni in materia di informativa volontaria per altre obbligazioni ecosostenibili e obbligazioni connesse alla sostenibilità emesse nell’UE”.

Ed anche qui si rende necessaria una precisazione, relativa al significato della parola greenwashing: con essa si fa riferimento ad una pratica ingannevole, che viene talora usata come una strategia di marketing da alcune aziende per accreditarsi un impegno, in realtà inesistente, nei confronti dell’ambiente con l’obiettivo di catturare l’attenzione dei consumatori attenti alla sostenibilità.

L’impiego dei proventi degli EuGB

Secondo l’accordo provvisorio, che pochi giorni fa è stato fatto suo anche dalla Commissione Europea, tutti i proventi degli EuGB dovranno essere investiti in attività economiche allineate alla tassonomia dell’UE, purché i settori interessati siano da essa già contemplati. Invece, per i settori non ancora contemplati dalla tassonomia dell’UE e per alcune attività molto specifiche, vi sarà una sacca di flessibilità del 15%, “al fine di garantire l’utilizzabilità della norma europea per le obbligazioni verdi fin dall’inizio della sua esistenza”.

Ed ancora, “l’uso e la necessità di tale sacca di flessibilità saranno riesaminati con il procedere della transizione dell’Europa verso la neutralità climatica e sulla base del numero sempre crescente di opportunità di investimento attraenti e verdi che si prevede saranno disponibili nei prossimi anni”. Infine, per quanto riguarda la vigilanza, le autorità nazionali competenti controlleranno che gli emittenti degli EuGB rispettino i loro obblighi ai sensi della nuova normativa.

Vuoi rimanere aggiornato sui contenuti di ElettricoMagazine?
Iscriviti alla nostra newsletter!

Mailchimp subscribe

Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
menu linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram