Non lasciare spazio alle false soluzioni per conservare i combustibili fossili

Un report di Climate Action Tracker elenca e confuta i principali argomenti che vengono utilizzati per giustificare il consumo presente e futuro delle fonti energetiche climalteranti e inquinanti
Un report di Climate Action Tracker analizza le false soluzioni per ridurre i combustibili fossili

Lo spettacolo a dir poco discutibile andato in scena a dicembre con la COP28 di Dubai, con le delegazioni di tutto il mondo a confrontarsi sul surriscaldamento globale nella terra dei petrolieri, ha comprensibilmente creato polemiche e confusione di fronte all’evidente tentativo di restituire un ruolo accettabile all’estrazione e al consumo dei combustibili fossili.

Certo, per gli addetti ai lavori quanto accaduto nella Penisola Arabica ha avuto ben poco di sorprendente, e per capirlo basta leggere un rapporto diffuso alla vigilia della COP28, dal titolo “Warming Projections Global Update”, nel quale vengono smascherati in anticipo molti degli argomenti “assolutori” proposti durante il summit di Dubai.

Climate Action Tracker: la situazione non è migliorata

Lo studio, realizzato da Climate Action Tracker, sottolinea come “nonostante le promesse dei governi, le proiezioni sul riscaldamento globale non sono migliorate rispetto a Glasgow due anni fa (la precedente COP, ndr), a causa del peggioramento degli impatti climatici. E in un 2023 nel quale tutti i continenti hanno sperimentato un caldo record, incendi, cicloni tropicali o altri eventi estremi, non si è verificato alcun cambiamento evidente nell’azione”.

E se l’intensificarsi degli avvenimenti meteorologici estremi riesce ancora ad essere confutato, seppur con argomenti sempre più improbabili, a parlare un linguaggio inequivocabile sono i numeri.

Innanzitutto, il rapporto evidenzia come l’obiettivo di contenere l’innalzamento climatico entro il grado e mezzo di temperatura alla fine del secolo, come stabilito dall’Accordo di Parigi del 2015, sia già quasi impossibile da raggiungere.

Nel 2023 già arrivati a +1,3 gradi

A farlo capire basta il dato del 2023, anno in cui l’innalzamento climatico rispetto all’epoca preindustriale ha raggiunto quota 1,3 gradi; quindi, ormai a un passo dalla “linea rossa” sebbene manchino ancora 77 anni al termine del secolo.

Per questo appare drammaticamente attendibile il messaggio di fondo che scaturisce dal rapporto, qualunque sia lo scenario che si reputa più attendibile fra i quattro che vengono presentati: nel 2100 la temperatura media del pianeta sarà dai due ai tre gradi più elevata rispetto ai livelli preindustriali.

In particolare, i quattro scenari vanno da quello più pessimistico, che prevede l’evolversi climatico in base alle politiche attuali dei governi con esiti disastrosi, ovvero con un surriscaldamento intorno ai tre gradi, fino allo scenario più ottimistico, dove un’adozione rapida di obiettivi net zero da parte dei governi riuscirà a non portare oltre i due gradi l’innalzamento delle temperature.

False soluzioni e il rischio di tornare indietro

Ma in un momento nel quale appare evidente la necessità di un grande rilancio nelle politiche per contrastare il surriscaldamento globale, il rischio è invece quello di tornare indietro, come ha appunto dimostrato la recente COP28. “L’industria dei combustibili fossili e alcuni governi – si legge nel rapporto – stanno ancora cercando di sostenere ogni tipo di soluzione tecnologica irrealistica per vedere se almeno una di queste false soluzioni resiste a loro favore”.

False soluzioni, il cui vero scopo è quello di prolungare il più possibile l’era dei combustibili fossili, che vengono peraltro esposte nell’analisi compiuta da Climate Action Tracker:

  • aggiungere la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS), per limitare l’impatto dei combustibili fossili e delle centrali elettriche alimentate a carbone o gas fossile, non funziona, né tecnologicamente né commercialmente, e non su larga scala. L’eolico e il solare con accumulo sono opzioni molto migliori.
  • la combustione dell’ammoniaca insieme con il carbone nelle centrali termoelettriche è altamente inefficiente e antieconomica.
  • i carburanti elettrici (e-fuel) destinati alla mobilità sono da cinque a sei volte meno efficienti delle auto elettriche a batteria. E lo stesso vale per le caldaie a idrogeno rispetto alle pompe di calore.
  • l’utilizzo dei crediti di carbonio (carbon credits) per compensare le emissioni nazionali e raggiungere gli obiettivi fissati con gli NDC (Nationally Determined Contributions) porterà solo a un ritardo nella riduzione delle emissioni dei Paesi e aumenterà il gap rispetto agli obiettivi da raggiungere.
  • i Paesi non dovrebbero fare affidamento sulla rimozione dell’anidride carbonica per raggiungere i loro obiettivi di zero emissioni nette. Anche se il mondo avrà bisogno di rimuovere una certa quantità di anidride carbonica per contenere il riscaldamento, occorre ricorrere a questa soluzione il meno possibile date le enormi incertezze su affidabilità, costi e permanenza del beneficio.

Climate Action Tracker: 6 indicazioni per i governi nazionali

Di contro, nel rapporto di Climate Action Tracker vengono indicati sei criteri essenziali a cui dovrebbero far riferimento i governi nazionali nella definizione dei Nationally Determined Contributions da raggiungere entro il 2035:

  1. ridurre sostanzialmente le emissioni a livello nazionale
  2. allineare gli obiettivi al target di zero emissioni nette, superando quindi gli obiettivi già fissati per il 2030
  3. stabilire obiettivi assoluti, in campo economico, di riduzione delle emissioni
  4. aumentare i finanziamenti per le politiche climatiche
  5. concentrarsi sulle riduzioni delle emissioni a livello nazionale e non sui mercati dei carbon credits
  6. iniziare a sviluppare e attuare nuove politiche climatiche.

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Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
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