Consapevolezza sui cambiamenti climatici per salvare il pianeta

Il libro "Cambiamenti Climatici" firmato dal giornalista Alessandro Farruggia è una cronaca delle occasioni perdute ma anche un invito ad agire rivolto a tutti, perché nonostante l'ignavia della politica c'è ancora speranza
Consapevolezza sui cambiamenti climatici per salvare il pianeta

Fino a qualche tempo fa le indagini conoscitive sulla percezione dei rischi legati ai cambiamenti climatici generavano spesso risultati sconfortanti, e non si sapeva se rimanere più sconcertati per la diffusa inconsapevolezza dell’opinione pubblica piuttosto che per alcune risposte al limite della comicità involontaria. Sotto questo profilo negli ultimi anni si sono fatti degli indubbi passi in avanti e, anche grazie ad iniziative divulgative che finalmente cominciano a fare capolino negli istituti scolastici, il pericolo del surriscaldamento globale diventa sempre più un concetto condiviso.

Copertina libro “Cambiamenti climatici Come stiamo perdendo la sfida più importante”

Condiviso, però, non significa necessariamente compreso, ed è proprio per questo che un libro come “Cambiamenti climatici Come stiamo perdendo la sfida più importante” (edizioni Diarkos, 197 pagine) non può essere che il benvenuto. Questo perché, oltre al bisogno di estendere la conoscenza del problema, diviene sempre più importante fare chiarezza su vari aspetti dell’argomento per evitare il rischio che il punto d’arrivo non sia la consapevolezza di massa ma una disinformazione altrettanto di massa.

Stile asciutto che dà la precedenza ai fatti

L’autore è Alessandro Farruggia, giornalista di lungo corso del Quotidiano Nazionale, attento da decenni alle tematiche ambientali oltre che alla politica estera. Ed il fatto che la penna – passateci il termine nonostante l’era digitale – sia quella di un giornalista emerge subito con la lettura delle prime pagine. Lo stile, infatti, è quello asciutto ed impersonale del cronista, dove l’esposizione dei fatti viene prima di qualsiasi orpello stilistico. Impostazione perfetta per quello che la casa editrice presenta come un saggio, ma è soprattutto un prezioso approfondimento su un tema di fortissima attualità, adesso come per i decenni a venire.

“Troppo poco, troppo tardi. Nonostante le evidenze pressanti che un cambiamento climatico è già in atto e la ragionevole previsione che nei prossimi decenni questo cambiamento si dispiegherà in tutto il suo potenziale con effetti destabilizzanti per il nostro pianeta, il mondo tarda ad agire”: sono le primissime righe del libro che abbiamo riportato integralmente perché, non a caso con perfetta sintesi giornalistica, contengono un po’ tutto il gigantesco problema con cui l’umanità si trova a dover fare i conti.

Cambiamenti climatici: l’indiscutibile evidenza dei numeri

Da qui l’autore ci accompagna in un viaggio lungo quelle che potremmo definire le “puntate precedenti”. Soprattutto, lo fa con una puntuale esposizione di fatti e numeri per dimostrare come il deterioramento climatico sia proseguito imperterrito nel corso degli ultimi decenni. Contemporaneamente, la presa di coscienza del problema da parte delle autorità internazionali e nazionali è avvenuta a rilento nonostante l’evidenza dei fatti. “Come risultato, la temperatura media globale è aumentata di circa un grado nell’ultimo secolo, ma la metà di questo aumento è avvenuta negli ultimi venticinque anni. Un fallimento”. Da qui una chiosa, magari non elegante ma sacrosanta, rivolta anche e soprattutto ai cosiddetti negazionisti: “Le chiacchiere stanno a zero”.

Non manca un capitolo del libro con un focus dedicato all’Italia ma, una volta che il lettore prende abbondantemente atto del guaio in cui ci siamo cacciati, la parte più interessante è quella conclusiva nella quale Farruggia delinea i possibili scenari futuri ed i comunque difficili rimedi. Il punto di partenza è che “così com’è strutturato, e con gli impegni attuali assunti dagli Stati, l’accordo di Parigi non basta a raggiungere l’obiettivo, neppure quello di contenere il riscaldamento entro i 2 gradi. Ammesso e non concesso che i contributi nazionali (Ndc) siano innalzati significativamente e che con una nuova presidenza a Washington rientrasse addirittura il disimpegno americano, la loro volontarietà e la mancanza di un meccanismo sanzionatorio lasciano comunque un margine elevato di incertezza circa il loro effettivo raggiungimento”.

Lotta senza quartiere ai combustibili fossili

Per l’autore, quindi, occorre lavorare anche su piani diversi e prendere in esame altre strade. Insomma, dare vita ad azioni che possano integrare l’accordo di Parigi. E qui neanche una mente con la più fervida fantasia può prescindere da drastici interventi sul principale responsabile delle emissioni globali e quindi del surriscaldamento del pianeta: il combustibile fossile. Interventi, sottolinea Farruggia, che pur avendo fallito in passato vanno comunque riproposti facendo tesoro degli errori trascorsi. E così, occorre rimettere mano per renderlo efficace al meccanismo della carbon tax, piuttosto che intervenire sulle major delle fonti fossili anche perché “le cinquanta maggiori aziende produttrici di combustibili fossili rappresentano la metà delle emissioni globali di gas serra industriali”. Uno scenario nel quale sarebbe molto prezioso un trattato per la non proliferazione delle fonti fossili così come un taglio delle sovvenzioni ad esse indirizzate.

E se il lettore viene avvertito che ricette miracolose non ne esistono, e che il cammino sarà comunque lungo e doloroso, ciò non significa che non si possa fare nulla per impedire i cambiamenti climatici. Anzi, occorre “Darsi una mossa”, che poi è il titolo del capitolo conclusivo. Bisogna lavorare, e qui torniamo all’assunto di partenza, sulla comprensione del problema, sulla consapevolezza. Far capire, sottolinea Farruggia, che “il cambiamento climatico non è una fredda questione di modelli matematici, non riguarda un distante futuro ma sta avvenendo qui e adesso. Riguarda noi in prima persona, sta danneggiando le nostre economie non meno dei nostri ecosistemi, minaccia non solo l’orso polare o la farfalla del Madagascar, ma noi stessi, come specie, ora”.

Movimento dal basso che incalzi le istituzioni

Per l’autore, quindi, nulla è perduto, “nonostante l’ignavia o le vuote promesse di larga parte del mondo politico”. Occorre, però, che la massa dei cittadini non faccia più da spettatore ma diventi protagonista. Un movimento dal basso che incalzi le istituzioni, a tutti i livelli, nel nome del contrasto al cambiamento climatico. Ed allora, la citazione finale di Albert Einstein diventa il più attuale fra tutti i moniti: “Il mondo non sarà distrutto da coloro che fanno il male, ma da coloro che lo guardano senza fare nulla”.

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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