Dalla transizione green 8 milioni di posti di lavoro entro il 2050

Uno studio internazionale valuta gli effetti globali sull'occupazione nel caso vengano mantenuti e raggiunti gli obiettivi fissati negli accordi di Parigi
Dalla transizione green 8 milioni di posti di lavoro entro il 2050

C’è un fattore che avrà un’importanza fondamentale nel determinare la velocità globale della transizione green, e quindi la capacità di contenere il surriscaldamento del pianeta, eppure non trova il risalto che merita. Stiamo parlando della nuova occupazione che sarà legata a questa profonda fase di cambiamento. Infatti, più aumenteranno i lavoratori del settore energetico più sarà accelerato lo sviluppo delle rinnovabili in sostituzione delle fonti fossili.

E proprio un’approfondita analisi dei posti di lavoro del sistema energetico globale e dell’impatto delle diverse politiche climatiche è contenuta in un recente studio dalle molte e prestigiose firme: RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment, in collaborazione con University of British Columbia (Vancouver) e Chalmers University of Technology (Gothenburg).

Da 18 a 26 milioni di posti di lavoro

L’indagine indica che entro il 2050 i posti di lavoro nel settore dell’energia potrebbero crescere dagli attuali 18 milioni per arrivare a 26 milioni, il tutto se verrà tenuta ferma la volontà di rispettare il target previsto dagli accordi di Parigi, ovvero limitare l’aumento della temperatura globale a 2 gradi centigradi.

Un risultato occupazionale che sarebbe frutto di dinamiche opposte. Da un lato, politiche climatiche efficaci e stringenti aumenterebbero i posti di lavoro del settore energetico globale. Dall’altro lato, la maggior parte dei posti di lavoro nel settore dei combustibili fossili andrebbe persa con il tramontare di questo comparto, sebbene in molti Paesi questa perdita potrebbe essere appunto compensata dalle nuove opportunità di lavoro offerte dal settore delle energie rinnovabili.

In particolare, il cambiamento dei sistemi energetici avrebbe notevoli implicazioni, che vanno ben al di là del raggiungimento dei target climatici.

Le ripercussioni più importanti si dovrebbero avere nel numero di posti di lavoro del settore energetico, con lo scomparire delle vecchie industrie e il sorgere di nuove, con variazioni nella localizzazione geografica e dei tipi di lavoro offerti dal settore energetico.

le rinnovabili e occupazione

Settori manufatturiero e delle rinnovabili protagonisti

“Attualmente, si stima che circa 18 milioni di persone lavorino nell’industria dell’energia, un numero probabilmente destinato ad aumentare, fino ad arrivare a 26 milioni di persone impiegate nel settore energetico – ha dichiarato il ricercatore Johannes Emmerling, uno degli autori dello studio -. Il settore manifatturiero e quello delle rinnovabili potrebbero potenzialmente assorbire fino a un terzo del totale di questi posti di lavoro, per i quali i diversi Paesi potrebbero arrivare a competere anche in termini di localizzazione”.

Per quanto riguarda le metodologie adottate nell’indagine, i ricercatori hanno messo a punto un nuovo database globale di fattori occupazionali per 50 Paesi che prende in considerazione tecnologia e categoria lavorativa. Avvalendosi poi di un modello di valutazione integrata, hanno preso in esame l’impatto degli obiettivi climatici globali sull’occupazione nel settore energetico per rimanere “ben al di sotto dei 2 gradi”.

Un impatto che è stato valutato considerando le diverse tecnologie e fonti energetiche, le tipologie di lavoro e le diverse regioni. Nel dettaglio, l’analisi dei ricercatori si è focalizzata sull’impatto delle variazioni del sistema energetico sui cosiddetti “lavori diretti”, vale a dire quegli impieghi che sono legati ad attività chiave per le catene di approvvigionamento energetico e che sono più strettamente correlati con la crescita e il declino delle tecnologie energetiche.

Crollo occupazionale nel comparto del fossile

I risultati dello studio evidenziano che nel 2050, nello scenario “ben al di sotto dei 2 gradi”, l’84% dei posti di lavoro del comparto energetico sarebbe nel settore delle energie rinnovabili, l’11% in quello dei combustibili fossili e il 5% nel nucleare. Inoltre, mentre i posti di lavoro nel settore dei combustibili fossili diminuirebbero molto rapidamente, ci sarebbe una forte compensazione legata all’aumento del numero di posti di lavoro nei comparti dell’energia solare ed eolica.

Ed ancora, una grossa fetta (pari a 7,7 milioni nel 2050) della crescita del numero di nuovi posti di lavoro nel solare e nell’eolico sarebbe nel comparto manifatturiero, che non è soggetto a vincoli geografici, e che pertanto potrebbe portare a una competizione tra i Paesi per accaparrarsi questa nuova occupazione.

Infine, i risultati dello studio mostrano come, a livello regionale, il Medio Oriente, il Nord Africa e gli Stati Uniti potrebbero beneficiare di un notevole aumento complessivo dei posti di lavoro del settore energetico, con l’espansione delle energie rinnovabili, mentre la Cina dovrebbe subire una sostanziale perdita di occupazione con il declino del settore del carbone. Quanto all’Unione europea, gli autori prevedono un generale incremento dei posti di lavoro rispetto a oggi a prescindere dagli scenari di riferimento.

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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