GreenItaly: economia circolare e green jobs per lo sviluppo sostenibile

L’ultima edizione del rapporto GreenItaly ribadisce la posizione leader dell’Italia nell’economia circolare, mentre l’occupazione nelle attività sostenibili risente della fase di stallo generale del lavoro
Rapporto GreenItaly 2022

Il rapporto GreenItaly è sicuramente una delle analisi annuali più accurate relative al posizionamento del nostro Paese sulla lunga strada della transizione energetica. L’edizione 2022, la tredicesima, è stata realizzata dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, con la collaborazione del Centro Studi Tagliacarne. Un rapporto al quale hanno collaborato molte aziende e organizzazioni, con particolare coinvolgimento di Conai, Ecopneus e Novamont.

GreenItaly 2022, “Un’economia a misura d’uomo contro le crisi”, è composto da ben 360 pagine e va a toccare ogni aspetto della green economy nel nostro Paese. Fra i temi più interessanti ci sono sicuramente quelli della economia circolare, della quale si parla ancora troppo poco nonostante le sue enormi potenzialità, e della “nuova” occupazione, ossia i posti di lavoro legati ad attività svolte nell’ambito dello sviluppo sostenibile.

Riciclo dei rifiuti al top in Europa

L’ultimo rapporto ribadisce la posizione leader dell’Italia nell’economia circolare “con un avvio a riciclo sulla totalità dei rifiuti – urbani e speciali – dell’83,4% (2020): un risultato ben superiore alla media europea (53,8%) e a quella degli altri grandi Paesi del continente come Germania (70%), Francia (64,5%) e Spagna (65,3%)”.

Rifiuti e materie secondarie da rapporto GreenItaly

E a sottolineare ulteriormente il potenziale del nostro Paese nella valorizzazione di materia a fine vita, c’è anche il quarto posto al mondo come produttore di biogas – da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo – dopo Germania, Cina e Stati Uniti.

Nel biennio 2020-2021 si è inoltre verificato un inatteso consolidamento della capacità di riciclo industriale dell’Italia – specialmente nel comparto cartario – che ha visto incrementare, anche in maniera importante, la quota di materie seconde impiegate in tutti i settori. Si tratta di “un eccellente risultato per la transizione ecologica e lo sviluppo di un’economia sempre più circolare”, anche se in alcuni settori l’Italia deve ancora far ampio affidamento sulle importazioni di materia seconda dall’estero.

Meno rifiuti per valore prodotto

Per quanto riguarda le performance complessive del sistema produttivo italiano, viene ribadita la capacità di generare pochi rifiuti a parità di valore prodotto rispetto alla media europea anche se, come vedremo, si tratta di un argomento con diverse chiavi di lettura. In termini assoluti, la quantità di 47,4 tonnellate di rifiuti per milione di euro prodotto (nel 2020) risulta superiore soltanto a quella della Spagna (40,7 tonnellate), però l’Italia è l’unico fra i grandi Paesi del continente ad aver peggiorato il proprio risultato in tema di produzione di rifiuti per unità di prodotto.

Nel dettaglio, il nostro Paese nel 2012 produceva 39,4 tonnellate di rifiuti per milione di euro prodotto e c’è quindi una crescita del 20% che contrasta rispetto alla diminuzione conseguita nello stesso periodo da Spagna (-21%), Francia (-16%) e Germania (-7%), nonché dalla stessa media UE (-10%), che resta però su livelli nettamente più alti rispetto al nostro Paese (78,7 tonnellate di rifiuti per milione di euro prodotto del 2020).

Sempre con riferimento al periodo 2012-2020, in Italia risulta invece sensibilmente cresciuto il tasso d’uso di materia secondaria. Infatti la percentuale si è attestata al 21,6% nel 2020 contro il 13,9% del 2012 (+55% nel periodo). Un forte tasso di crescita che consente all’Italia di avvicinare la posizione di leadership continentale della Francia (22,2% nel 2020 con una crescita del 31% rispetto al 2012) e di differenziarsi rispetto alla media UE (12,8% nel 2020, +15% rispetto al 2012).

Numero stabile di lavoratori green

Per quanto attiene le dinamiche del lavoro, a fine 2021 gli occupati che hanno svolto una professione di green job in Italia erano pari a 3 milioni e 96mila unità, pari al 13,7% dell’occupazione totale. Si tratta di un dato che evidenzia come nell’anno di riferimento “l’occupazione green non sia stata in grado di differenziare il proprio andamento rispetto alla dinamica occupazionale generale, interrompendo il trend di crescita riscontrato negli ultimi anni”.

Green jobs Italia 2021

Se invece si scompone questo dato a livello di macroaree geografiche, il Nord-Ovest si conferma come l’area con maggiore occupazione verde in virtù di poco più di un milione di unità pari al 32,9% del totale. Seguono, nell’ordine, il Nord-Est con il 23,9% (pari a 741mila unità), il Mezzogiorno con il 22,2% (687mila unità) e il Centro con il restante 21% (648 mila occupati green).

Analizzando invece l’incidenza degli occupati che svolgono una professione di green job sul totale degli occupati delle diverse macroaree, nel 2021 si registrano esattamente gli stessi dati dell’anno precedente (Nord-Ovest 15,5%, Nord-Est 14,5%, Centro 13,7% e Mezzogiorno 11%), a confermare, quindi, che anche nelle diverse macroaree geografiche l’andamento dell’occupazione green ha seguito la dinamica complessiva dell’occupazione.

Il rapporto GreenItaly completo può essere scaricato sulla pagina ufficiale a questo indirizzo.

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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