Il fotovoltaico è tra le fonti rinnovabili con il più rapido progresso in termini di installazioni. Nella sola Europa, con 55,9 GW di nuovi pannelli allacciati in rete, il 2023 ha visto una crescita del 40% rispetto all’anno precedente.
Da tempo però ci si chiede che fine faranno questi pannelli una volta giunti a fine vita (che si stima compresa tra i 20 e i 30 anni di attività).
Uno studio svolto presso l’Università del Nuovo Galles del Sud (Australia) punta a fare chiarezza in tal senso e a stabilire numeri, criticità e opportunità di quello che sarà a breve un business molto interessante: quello dello smaltimento dei pannelli fotovoltaici.
Come accennato, tutti i calcoli si riferiscono al mercato australiano: con 30 GW installati nel 2000 e una durata prevista di 25 anni, è evidente come nel corso dei prossimi anni sarà necessario prendere in carico una notevole quantità di pannelli fotovoltaici giunti a fine vita utile. Non solo: la tendenza è quella di aumentare il numero di pannelli installati anno dopo anno al fine di incrementare la produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Questo porterà via via un sempre maggiore numero di pannelli da gestire e smaltire o, per meglio dire, riciclare.
Ciò ha infatti una duplice valenza: da un lato è ormai chiaro a tutti che, in un’ottica di economia circolare, il riutilizzo di una risorsa sia da prediligere, e dall’altro che in alternativa il recupero delle materie prime è da preferire a qualsiasi altra soluzione.
Lo studio analizza perciò il tutto partendo dall’installato attuale e da quello previsto in futuro per organizzare la raccolta dei dati e strutturare al meglio i successivi processi:
A seconda dell’approccio riferito alla quantità di pannelli dismessi nel corso del tempo, lo studio ha ipotizzato quattro diversi scenari: Slow, Realistic, Conservative e Ambitious.
I dati raccolti hanno permesso di stimare la quantità (in tonnellate) di pannelli fotovoltaici dismessi fino al 2050.
La differenza tra le due casistiche agli estremi dello studio (Slow e Ambitious) è considerevole, mentre le altre si attestano su cifre paragonabili. Si parla di 7-800.000 tonnellate da gestire entro il 2030 e di oltre 3 milioni al 2050.
Lo studio si è soffermato anche sulla tipologia di materiali recuperabili. Il più presente è naturalmente il vetro, con circa 2,5 milioni di tonnellate, seguito dall’alluminio presente nelle cornici (311.000 t) e nelle celle (4.780 t), silicio (122.000 t), argento (880 t) e altri materiali (263.000 t).
La variabile che incide maggiormente su questi numeri è la vita utile dei pannelli fotovoltaici: prolungandola di 10 anni si otterrebbe non solo uno spostamento equivalente nella produzione di rifiuti, ma anche un migliore sfruttamento di tali risorse per la costruzione di nuovi pannelli.
Già nel 2028 l’alluminio e l’argento ricavati da pannelli giunti a fine vita potrebbero infatti soddisfare oltre il 30% della domanda.
Nel 2038, superata la soglia del milione di tonnellate di rifiuti, la domanda di pannelli sarà ancora molto alta e ragionevolmente il 50% di argento e di alluminio potrà essere ricavato dai pannelli dismessi.
Il massimo livello di circolarità delle materie prime si otterrà nel 2045, quando la domanda potrà essere interamente soddisfatta dal recupero da pannelli giunti a fine vita.
È bene poi considerare il rapporto tra materiali impiegati e Watt prodotti: con il progresso della tecnologia delle celle, a parità di materiali utilizzati sarà possibile generare più elettricità o, in alternativa, per generare la stessa quantità di elettricità saranno sufficienti meno materie prime.
Lo studio segnala anche come una eventuale crescita più lenta delle installazioni comporterà una sovraproduzione legata al recupero dei pannelli giunti a fine vita. Si presenterà pertanto un eccesso di offerta di argento secondario e alluminio destinati all’industria fotovoltaica, con conseguente disponibilità commerciale per altri settori.