Il coronavirus e le incognite sul futuro della green economy

Recessione globale e petrolio a prezzi stracciati: dalla pandemia sta emergendo un'eredità che potrebbe essere molto scomoda per uno sviluppo ad impatto zero
Futuro della green economy

E adesso? In tempi di pandemia, ce lo si chiede dall’Alaska alla Nuova Zelanda ed ovviamente all’interrogativo non può sottrarsi la green economy. Che cosa accadrà, dunque, a un settore, o per meglio dire ad un autentico ecosistema produttivo e di consumo che ha ormai raggiunto dimensioni planetarie? Ebbene, come spesso accade per le domande di semplice formulazione, la risposta è invece assai più complessa…

Partiamo dal senso comune, ovvero da quella diffusissima percezione del “niente sarà più come prima”. E visto che nella categoria “prima” c’è anche e soprattutto un sistema economico la cui insostenibilità è stata smascherata clamorosamente dal COVID-19, la green economy sembrerebbe destinata a un futuro ancor più roseo di quello che già gli veniva pronosticato precedentemente alla calamità biologica. Senonché, mai come in questa situazione il condizionale è purtroppo d’obbligo.

Un quadro normativo già definito in Italia ed Europa

Cominciamo con il dire che il problema non sta tanto nelle regole ma nei comportamenti che verranno attuati, sia a livello pubblico sia privato, a partire dai prossimi mesi. Infatti, le leggi e le strategie destinate ad accompagnare lo sviluppo ad impatto zero ed il suo rapporto con la “old economy” sono state già scritte, sicuramente per quanto riguarda l’Italia e l’Europa.

Per il nostro Paese, ad esempio, parliamo del Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) varato l’anno scorso, mentre nel continente fanno testo soprattutto le direttive 2018 che stabiliscono un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili e fissano un obiettivo vincolante per la quota complessiva di energia ottenuta da fonti rinnovabili rispetto al consumo finale lordo di energia dell’Unione europea nel 2030.

Ruolo riconosciuto di leadership per il nostro Paese

Aggiungiamo poi che all’Italia viene riconosciuto ormai da anni un ruolo da primo attore in questo colossale processo di transizione. Un recente e accurato studio di accademici dell’Università di Oxford, pubblicato su Research Policy, colloca il nostro Paese ai primissimi posti nel mondo in quanto a qualità della produzione green e potenzialità di penetrazione nei relativi mercati. Da qui la previsione per l’Italia, insieme a Cina, Stati Uniti e Gran Bretagna, di un ruolo di leadership “nella transizione globale verso un’economia verde che caratterizzerà i prossimi decenni”.

Fin qui le buone notizie a cui, come detto, lo tsunami coronavirus ha aggiunto la percezione planetaria della fragilità socio-economica del mondo “tradizionale” in cui viviamo. Senonché, proprio in questi mesi di straordinarie difficoltà si sono messi in moto due fenomeni che, intrecciandosi, rischiano di creare enormi ostacoli all’evoluzione della green economy. Il primo si chiama recessione globale e di per sé rappresenta una penalizzazione generale, nel senso che può ostacolare la produzione e il commercio di prodotti green allo stesso modo di altri comparti economici.

La tentazione del fossile a basso costo nel mondo in recessione

simbolo barile di petrolioIl discorso cambia, però, se alla recessione si accompagna, come sta accadendo, un altro fenomeno, ovvero il crollo del prezzo del petrolio. È bene ricordare che i modelli economici ante COVID-19, si basavano su una transizione “dolce” dal fossile al fotovoltaico/elettrico, nel senso che il progressivo affermarsi di quest’ultimo non avrebbe impedito di bruciare da qui al 2100 buona parte del petrolio disponibile perché l’ininterrotta crescita della domanda energetica avrebbe comunque garantito gli spazi di consumo adeguati.

L’accoppiata recessione globale e petrolio sotto i 10/20 dollari al barile cambia purtroppo le carte in tavola. La ripartenza dopo il coronavirus sarà inevitabilmente caratterizzata da consumi ristretti, e quelli energetici non faranno eccezione, una domanda che faticherà non poco a ritornare sui livelli precedenti alla pandemia. In questa situazione il fossile a prezzi ribassati sarà un’enorme tentazione per interi comparti produttivi che si erano ormai convinti dell’ineluttabilità del grande salto nel green.

Per la green economy sarà fondamentale la capacità d’indirizzo dei governi

Gli esempi possono essere molteplici. Dalla casa automobilistica che posticipa il lancio delle auto elettriche perché la benzina costa meno, alla grande azienda che ritarda i suoi investimenti sull’energy storage perché il fossile non è mai stato così conveniente, per non parlare dei pannelli solari domestici incalzati dalla palpabile discesa delle bollette del gas…

In questo scenario difficile, la tenuta e lo sviluppo della green economy passerà anche, se non soprattutto, dalla capacità dei governi nazionali e delle istituzioni di tenere la barra a dritta verso gli obiettivi dell’impatto zero e della lotta al cambiamento climatico. Questo significherà resistere alla tentazione dei facili risparmi garantiti dal fossile, non cedendo alle lusinghe dei lobbisti che busseranno alle porte con argomenti mai così convincenti.

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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