“Peccato, stavamo andando bene”. Impossibile parlare di costruzioni e impianti oggi senza evocare lo spettro di quella crisi a più riprese che sembrava ormai alle spalle. Poi è arrivata la pandemia, che ha rimesso in discussione anche le dinamiche più consolidate della nostra economia.
Ma il nostro secondo approfondimento dedicato al 6° Rapporto congiunturale e previsionale “Il Mercato dell’Installazione Impianti in Italia 2020/2023” del Cresme guarda al futuro. Ovvero alla pars construens – è proprio il caso di dirlo – delle opportunità generate dal superbonus 110%.
Prima, una doverosa digressione sull’impatto del covid-19. Nel complesso, il 2020 disegnato dal Cresme costerà all’Italia una flessione dell’8,6% degli investimenti in costruzioni rispetto all’anno precedente.
In particolare:
Balza all’occhio, nel dettaglio delle perdite, l’ambito residenziale: -11,9% del nuovo e il -13,1% delle ristrutturazioni. Alla luce di questo trend assume particolare rilevanza il superbonus 110%, l’altro grande protagonista (potenzialmente positivo) di questo strano 2020.
Cosa è accaduto al mercato dopo l’annuncio dell’imponente incentivo? “In prima battuta abbiamo registrato un clima di attesa sull’operatività della misura – spiega Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme -. Dunque, un rallentamento degli investimenti che va a sommarsi a quello generato dallo stop delle attività economiche”. Ma il potenziale c’è: il mercato complessivo potrebbe valere mille miliardi di euro per i soli interventi legati al rischio sismico.
La dettagliata analisi tiene conto di un insieme di parametri legati alle zone vulnerabili. Parliamo di 4 miliardi di metri quadrati e 10,8 milioni di edifici, 2,5 dei quali a rischio elevato e 3,4 a rischio medio.
La nuova normativa delinea scenari differenti, ma gli esperti concordano nel proiettare la possibile ripresa oltre il 2021. In particolare, se il superbonus venisse prorogato al 2022, potremmo ipotizzare un ritorno ai livelli pre covid, con una crescita del 9,4% sul 2021. Percentuale trainata dalle riqualificazioni, al +12%, un po’ meno dagli investimenti in nuove costruzioni (+4,2%).
“Sarà il settore residenziale con le unità mono o bifamiliari, che godono di un processo decisionale più rapido, a trainare gli incentivi – precisa Bellicini -. Importante anche l’accesso alle nuove tecnologie: le imprese del settore devono attrezzarsi per rispondere alle esigenze di una domanda sempre più integrata”.
Torniamo al settore impianti, sempre più rilevante per il mondo costruzioni, nel settore privato come nelle opere pubbliche. Quanto vale il mercato degli impianti in Italia? Il 2019 vantava una produzione nazionale di 34,2 miliardi di euro, di cui 22,1 miliardi di export e 12,1 miliardi sul mercato interno. Per un quadro finale da 35,2 miliardi di euro comprensivo dell’apporto di canali distributivi, acquisizioni e installazione.
Nel 2020, la dinamica complessiva degli impianti per gli edifici scende dell’8,9%, percentuale pronta a generare un duplice futuro. Ipotizzando che per il vero rimbalzo si debbano attendere due anni, al 2022 potremmo parlare di:
Infine, con o senza superbonus la domanda nei prossimi anni sarà sfidante. Perché gli impianti si fanno sempre più integrati e le tecnologie digitali attraversano ormai tutti gli ambiti applicativi.
Tra i prossimi driver del mercato dell’installazione:
Le potenzialità sono enormi, lo si evince dai dati, ma la partita resta complessa e va giocata in qualità. E non riguarda solo l’andamento della pandemia. Secondo gli esperti del Cresme, tanto dipenderà dalla capacità degli attori della filiera di elaborare adeguati modelli di offerta nonostante i “pending” normativi e strategici ancora da chiarire.