Riqualificazione energetica degli immobili, quando l’utilità sposa la convenienza

Risparmi fino al 40% in bolletta con un maggior valore dell’abitazione: sono i vantaggi derivanti dal miglioramento della classe energetica illustrati in un rapporto sul “valore dell’abitare”
La sfida della riqualificazione energetica degli immobili posta dall’EPBD

Possiamo essere ambientalisti e idealisti finché si vuole, ma quasi sempre il nostro trasporto green diminuisce man mano che si passa dai massimi sistemi a questioni che ci riguardano direttamente e minacciano di far diminuire le dimensioni del nostro portafoglio.

Il ragionamento sbagliato sulla riqualificazione energetica degli immobili

Eppure, per quel che riguarda la riqualificazione energetica degli immobili, il lasciar perdere perché l’operazione è economicamente svantaggiosa si rivela una scelta non solo dannosa per gli esiti globali della transizione energetica, ma anche miope proprio sotto l’aspetto della convenienza.

Ad approfondire la questione, con conclusioni sicuramente ben diverse dalle convinzioni di molte persone, è uno studio presentato di recente dal titolo “Il valore dell’abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano”. A realizzarlo Cresme, Fondazione Symbola, Assimpredil Ance e European Climate Foundation.

Scopo del rapporto è quello di favorire una riflessione “sulle possibili linee di intervento per l’attuazione in Italia della nuova direttiva europea recentemente approvata (nota come Direttiva Case Green) e sulle opportunità di medio-lungo periodo per il Paese in termini di riduzione della dipendenza energetica, potenziamento della filiera delle costruzioni e delle competenze, riduzione della bolletta energetica delle famiglie, specialmente quelle più fragili”.

Uno stock edilizio enorme

Per capire quanto sia importante la riqualificazione energetica degli immobili nel nostro Paese è sufficiente uno dei molti dati riportati nello studio: l’Italia è il primo Paese in Europa per numero di case ogni 1000 abitanti. Uno stock edilizio italiano enorme che nel 2022 viene stimato in 12.539.173 edifici residenziali che ospitano un totale di 32.302.242 abitazioni, di cui il 78,4% circa (25.324.854 abitazioni) occupato da famiglie residenti.

Ma se si ragiona in termini di transizione energetica, la vastità dello stock edilizio può rivelarsi la classica arma a doppio taglio. Infatti, se da un lato c’è la possibilità, spesso futura, di realizzare enormi risparmi energetici con gli immobili grazie all’installazione di fonti rinnovabili, dall’altro lato esiste l’attuale certezza, nel caso degli edifici di vecchia costruzione, di consumi elevatissimi sia per il gas sia per l’elettricità.

Lo studio evidenzia quindi come il rilevante stock edilizio italiano sta andando incontro ad un’allarmante perdita di valore, specialmente nelle aree periferiche, legata al fatto che il 72% degli edifici è stato costruito prima del 1980, in gran parte precedentemente all’approvazione della legge sull’efficienza energetica (L. n.373/76). Questo determina che il 68,5% delle abitazioni si caratterizza per una classe energetica compresa fra quelle peggiori, la E e la G.

I vantaggi della riqualificazione energetica degli immobili

A questo punto l’analisi del report si sposta su quelli che sarebbero i concreti vantaggi economici legati alla riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale. Proprio in considerazione della prevalente “vecchiaia” degli immobili italiani, viene indicato che in media basterebbe migliorare di sole due classi energetiche il patrimonio edilizio residenziale per ottenere risultati enormi.

Distribuzione degli attestati di prestazione energetica

In particolare, si stima che grazie al doppio salto di classe energetica una famiglia potrebbe ottenere una riduzione media del 40% della bolletta, il che significa un risparmio annuo di 1.067 euro ai costi del 2022. Ma i benefici di una riqualificazione energetica non si limitano, per quanto importante, ad una diminuzione delle spese.

Un’abitazione più efficiente è un’abitazione che vale di più. Nel dettaglio, lo studio indica che una casa riqualificata vale mediamente il 44,3% in più di una casa da ristrutturare. Un incremento che arriva al 50,8% fuori dalle aree metropolitane, in luoghi non turistici, mentre nelle periferie le case ristrutturate valgono il 40,5% in più di quelle non ristrutturate. Quest’ultime sono le aree dove si concentrano le fasce economicamente più fragili della popolazione.

Tra 260 e 320 miliardi di euro per rispondere all’EPBD

“Il nostro patrimonio edilizio – afferma Lorenzo Bellicini, direttore Cresme – è caratterizzato da un lato da classi energetiche molto basse, ma allo stesso tempo da condizioni climatiche molto diverse. Per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili (ad esempio, migliorando di due classi energetiche attuali il nostro patrimonio edilizio) servirebbero tra i 260 e i 320 miliardi di euro”.

Una spesa rilevante ma certamente non “a fondo perduto”. Anzi, il report sottolinea le grandi opportunità per il nostro Paese in considerazione dell’obiettivo sfidante indicato nella Direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici (EPBD IV), ovvero far scendere il consumo medio dell’intero patrimonio edilizio del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035.

Secondo Bellicini, “occorre pensare a modalità di intervento che garantiscano il raggiungimento per gradi degli obiettivi che ci vengono posti dall’Europa. Occorre partire dagli edifici più energivori, con un percorso di medio-lungo periodo che, oltre a garantire un più corretto rapporto tra domanda e offerta, consentirebbe alle imprese di programmare investimenti in grado di porre le costruzioni alla testa del processo di innovazione”.

I riflessi sull’occupazione

Un altro aspetto importante collegato alla riqualificazione del patrimonio edilizio è quello occupazionale. Anche su questo punto il report è ricco di indicazioni relativamente a un settore che “coinvolge e attiva numerosi altri soggetti che definiscono la filiera allargata delle costruzioni. In primo luogo, tutti i soggetti che svolgono servizi progettuali, ovvero studi di architettura, di ingegneria e di altre attività tecniche attinenti. Nel 2021 se ne contano oltre 226 mila e i relativi addetti sono più di 321 mila”.

A questi si aggiungono “i produttori dei materiali utilizzati nel processo realizzativo o nelle attività di manutenzione del manufatto, quantificati, nel 2021, in 37.710 imprese e oltre 225 mila addetti”. Ed ancora, “le imprese attive nella commercializzazione dei prodotti, all’ingrosso e al dettaglio, pari a più di 37 mila, con una capacità occupazionale di poco meno di 153 mila addetti in media annua”.

Ma aggiungendo ulteriori figure professionali si definisce un sistema dell’offerta quantificato in più di 1 milione di imprese e oltre 2,6 milioni di addetti. Ebbene, viene stimato che ogni miliardo di euro di investimenti in costruzioni produca un valore aggiunto di un miliardo e 100 milioni e un effetto diretto e indiretto sull’occupazione di 15.132 nuovi occupati.

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Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
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