La green transition, nell’accezione il più ampia possibile di sostenibilità, è protagonista delle principali politiche ambientali, economiche e industriali europee. Una transizione verde dettata dal programma Next Generation Eu che invita le imprese a fare propri i parametri ESG (Environmental, Social and Corporate Governance), avviando importanti progetti di efficienza produttiva e decarbonizzazione.
L’occasione di generare nuovi modelli di crescita ha spinto Euler Hermes (Gruppo Allianz) a indagare, in collaborazione con Format Research, le caratteristiche e le aspettative delle aziende italiane che intendono vincere la sfida green orientando il proprio business al futuro.
Lo studio ha preso in considerazione l’attitudine agli investimenti green di un campione di imprese extra-agricole e non finanziarie, con fatturato di almeno 2,5 milioni di euro. La maggior parte di esse ha confermato l’intenzione di seguire 4 principali modelli di sviluppo:
Per il 50% delle imprese intervistate, la green transition avrà un impatto favorevole sull’attività aziendale. Questo spiega la decisione di tantissime aziende di aderire ai principi ESG, sviluppando i modelli di business sostenibili. Nello specifico, le aziende di dimensioni maggiori (il 71,9% del totale) dichiarano di aver compreso l’importanza di modificare il rapporto con l’ambiente e con le persone. Vanno in questa direzione soprattutto le realtà manifatturiere del Nord Italia e le “big” della ricezione turistica. Ma il dato più interessante riguarda le aziende non convinte. Solo un piccolo 4% considera lo sviluppo sostenibile un freno alla crescita.
Nubifragi, frane, terremoti, inondazioni: i fenomeni estremi sono diventati comuni in tanti territori italiani e danneggiano pesantemente anche il mondo imprenditoriale. Il 32,8% del campione teme infatti di essere colpito da eventi climatici intensi, ma anche dal degrado ambientale o da qualunque genere di calamità naturale. Proprio le imprese di dimensioni minori (sotto i 10 milioni di fatturato) sono le più esposte ai cambiamenti climatici. A maggior ragione, da qui devono partire anche le politiche governative di contrasto a questa pericolosa tendenza.
Dallo studio emerge anche che molte aziende sono pronte a salire – o sono già salite – sul treno della sostenibilità. Il 37,8% delle imprese intervistate ha infatti già avviato investimenti in tal senso, il 27,8% aveva iniziato prima del 2020, il 10% si è accodato nel biennio 2020-2021 e il 7,7% lo farà entro il 2023. I settori più performanti sono manifatturiero, turismo e servizi alle imprese. Perché lo fanno? Il 69,3% investe in green transition per adeguarsi alle normative italiane e internazionali, ma anche per migliorare l’efficienza operativa, ridurre i costi e aumentare il fatturato. Un’impresa su tre è convinta che investire nella sostenibilità sia un vero e proprio acceleratore del business. Oltre che un valido lasciapassare per i finanziamenti degli istituti di credito.
Credere nella green economy permette anche di riformare i propri modelli di business. L’82% delle imprese italiane è infatti convinto che questo sforzo comporti il passaggio a processi produttivi a bassi consumi e nuovi sistemi di economia circolare. Investire nella sostenibilità significa quindi modificare il modello organizzativo interno e il modo di approcciarsi al mercato. Il tema privato si intreccia con quello delle politiche incentivanti. Tanto l’Unione Europea quanto il Governo italiano spingono affinché le aziende accelerino i processi di sviluppo green, un percorso necessario per incoraggiare le imprese al cambiamento.
Come leggere i risultati della ricerca sulla green transition delle aziende? Una cosa è evidente: il nuovo modello di crescita si basa sulle politiche e sugli investimenti per la sostenibilità. Secondo, le scelte green hanno un impatto positivo sul business; terzo, l’adozione dei parametri ESG è un’occasione per modificare la propria offerta. Tradotto, le imprese che adottano i parametri ESG si rivelano realmente in grado di competere sul mercato. Un volano di sviluppo che porta le aziende sostenibili a chiedere ai propri fornitori di fare lo stesso stesso, generando effetti circolari a cascata sull’intera filiera.
Sfruttare lo stop della pandemia per scrivere nuove regole condivise e centrate proprio sulla sostenibilità intesa come tutela dell’ambiente e dei lavoratori, attenzione verso i giovani e riconoscimento professionale delle donne.