Allarme per l’economia circolare: la situazione sta peggiorando

Il “Circularity gap report” evidenzia negli ultimi anni una flessione di quasi due punti percentuali del tasso di circolarità che mostra l’utilizzo a livello globale dei materiali riciclati rispetto a quelli vergini
Circularity gap report lancia un allarme per l’economia circolare

Si chiama Circularity gap report, siamo già l’edizione del 2024, ma con del macabro umorismo lo si potrebbe anche chiamare Horror Report visto che l’analisi preparata dalla “Circle Economy Foundation” fotografa inesorabilmente alcuni dei più importanti disastri causati dal genere umano “ai danni” del pianeta.

Il dato chiave del rapporto è quello che evidenzia come l’anno scorso il tasso di circolarità globale è stato del 7,2%, il che significa una flessione di quasi due punti percentuali rispetto allo stesso dato del 2018 (9,1%). Ma che cos’è il tasso di circolarità? Si tratta dell’incidenza dei materiali riciclati nei consumi dell’economia globale.

Consumo di materiali vergini oltre il 90%

Quindi, mettendo insieme i pezzi e ragionando al contrario, questo significa che se nel 2018 ben il 90,9% dell’economia globale ha funzionato consumando materiali vergini, questa percentuale è addirittura salita fino al 92,8% dell’anno scorso. Contemporaneamente, come detto, l’incidenza dei materiali riciclati si è ridotta (con un calo di circa un quinto rispetto alla già insufficiente percentuale del 2018).

E se proposta in questi termini l’esposizione potrebbe sembrare astratta, si può sempre rimediare sostituendo le percentuali con le quantità. In particolare, il Circularity gap report evidenzia come l’ammontare totale dei materiali consumati dall’economia globale continua ad aumentare senza sosta: soltanto negli ultimi sei anni è stato utilizzato oltre mezzo trilione di tonnellate di materiali (582 miliardi), ovvero quasi l’80% di quanto consumato nell’intero Ventesimo secolo (740 miliardi di tonnellate).

Circularity gap report: nessuna azione per invertire la rotta

“Queste statistiche – si legge nel rapporto – mostrano la fredda e dura verità: nonostante l’economia circolare abbia ormai raggiunto lo status di “megatrend”, con l’attenzione su questo argomento che si è quasi triplicata negli ultimi 5 anni, i discorsi e gli obiettivi nobili non si stanno ancora traducendo in azioni sul campo e impatti misurabili”.

Circularity gap report - i dati in breve
I dati evidenziati dal Circularity gap report

Ed ancora, “senza un’azione coraggiosa e urgente per passare a un’economia circolare, perderemo l’opportunità di raggiungere obiettivi sociali e ambientali più ampi, che vanno dalla riduzione delle emissioni all’incremento dell’uso di materiali secondari, mettendo le industrie e i governi a rischio di sonnambulismo nel consumo circolare”.

Le responsabilità dei Paesi ricchi

Naturalmente le responsabilità di questo autentico saccheggio delle risorse del pianeta non sono tutte uguali. Al riguardo, il report indica chiaramente i Paesi a reddito più elevato (compresa l’Italia) come i maggiori responsabili della situazione e quindi chiamati a ridurre radicalmente il loro consumo di materiale senza per questo rinunciare al benessere acquisito.

Nel dettaglio, questo gruppo di Paesi “agiati”, nonostante ospitino circa il 17% della popolazione mondiale, consuma un quarto (25%) delle materie prime oltre che la maggior parte dei minerali non metallici e dei combustibili fossili. Inoltre le stesse nazioni generano quasi la metà (il 43%) delle emissioni globali climalteranti.

Il ruolo dei Paesi in crescita

Responsabilità importanti vanno attribuite anche a quelli che nel rapporto vengono definiti Paesi a reddito medio in crescita, tra cui Cina, Indonesia, Brasile, Messico, Vietnam, Myanmar ed Egitto. Tutte nazioni che “devono continuare a migliorare la qualità della vita delle loro popolazioni, ma in un modo che sia molto più sensibile alle risorse limitate del pianeta”.

A livello globale, questi Paesi consumano il 51% dei materiali mentre ospitano circa il 37% della popolazione mondiale. E fa riflettere il fatto che pur avendo più del doppio di abitanti rispetto al gruppo delle nazioni più ricche, i Paesi in crescita emettono di meno con il loro 41% sul totale mondiale.

La situazione dei Paesi a basso reddito

Infine, il rapporto prende in considerazione la situazione dei numerosi Paesi classificati a basso reddito, che consumano il 18,5% dei materiali nonostante ospitino quasi la metà (46%) della popolazione. Allo stesso modo, contribuiscono con una quota relativamente piccola alle emissioni globali climalteranti, soltanto il 17%. Incidenze basse che però potrebbero aumentare considerevolmente in futuro.

“Poiché questi Paesi generalmente faticano a soddisfare i bisogni primari di sanità e istruzione – si legge nel report –, il loro obiettivo primario è migliorare il tenore di vita. Ciò richiede un maggiore utilizzo dei materiali per fornire le infrastrutture, i beni e i servizi necessari per migliorare il benessere”.

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Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
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