Non si ferma la crescita delle emissioni globali di gas serra

Un rapporto delle Nazioni Unite - Broken Records - paventa un innalzamento medio delle temperature di quasi tre gradi alla fine del secolo in assenza di interventi più drastici per contenere il surriscaldamento climatico
Un rapporto delle Nazioni Unite - Broken Records - paventa un innalzamento medio delle temperature di quasi tre gradi

Riuscire a fare dell’umorismo su una minaccia planetaria non è da tutti, e di certo non te l’aspetti da un’organizzazione che proietta un’immagine seriosa come poche altre: le Nazioni Unite. Eppure, il titolo e l’immagine di copertina di un recente rapporto realizzato dal Programma ONU per l’Ambiente (UNEP) rilanciano l’allarme climatico con un riuscito gioco di parole… Broken Record è infatti il titolo dello studio rilasciato alla vigilia della COP28 di Dubai, con una definizione che assume, appunto, un doppio significato. Innanzitutto, per “record infranto” si intende l’aumento da primato registrato dalle temperature e dalle emissioni di CO2.

Ma in inglese broken record significa anche un’altra cosa, con il “disco rotto” raffigurato in copertina che rappresenta l’ennesimo allarme inascoltato sulla deriva climatica del pianeta.

Obiettivi dell’Accordo di Parigi irraggiungibili

Il messaggio principale contenuto nel rapporto Broken Record è tanto semplice quanto drammatico: stando agli impegni fin qui assunti dai governi nazionali, il raggiungimento degli obiettivi fissati con l’Accordo di Parigi – in primis il contenimento ad un grado e mezzo dell’aumento delle temperature – è da ritenersi pura utopia.

Utopia alla quale si contrappongono le stime realistiche di quelle che saranno le future condizioni climatiche del pianeta in base alle tendenze in atto, con un aumento della temperatura per la fine di questo secolo rispetto ai livelli pre-industriali che sarà compreso fra i 2,5 e i 2,9 gradi, con una serie di effetti catastrofici.

Da qui la necessità di “trasformazioni globali a basse emissioni di carbonio per ottenere tagli consistenti alle emissioni di gas serra previste nel 2030”. Tagli che dovranno essere pari al 28% se si ragiona su un percorso di contenimento del surriscaldamento a 2°C, che diventano il 42% di minori emissioni se invece non si vuole andare oltre il grado e mezzo di temperatura.

Aumento delle temperature senza precedenti

Del resto, che la situazione climatica sia già fuori controllo non ce lo raccontano degli estremisti green ma numeri recentissimi. “Fino all’inizio di ottobre di quest’anno – si legge nel rapporto delle Nazioni Unite – sono stati registrati 86 giorni caratterizzati da temperature superiori a un grado e mezzo rispetto ai livelli preindustriali”.

In particolare, nello scorso settembre si è raggiunto il livello più allarmante considerato che si è trattato del mese più caldo mai registrato, contraddistinto da delle temperature medie globali di ben 1,8 gradi superiori a quelle dei livelli preindustriali.

Report Broken Record: crescita delle emissioni globali di gas serra

La musica del Broken Record non cambia se si va a guardare l’andamento delle emissioni climalteranti. Infatti, nel rapporto si rileva che le emissioni globali di gas serra (GHG) sono aumentate dell’1,2% dal 2021 al 2022, raggiungendo un nuovo record di 57,4 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente (GtCO2e). Ed anche se si restringe il campo ai Paesi più industrializzati facenti parte del G20, le emissioni di gas serra risultano aumentate dell’1,2% nel 2022.

Il primo problema sono i combustibili fossili

Ma nonostante tutto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antònio Guterres, non rinuncia alla speranza: “Sappiamo che è ancora possibile rendere realtà il limite di 1,5 gradi. Occorre estirpare la radice avvelenata della crisi climatica: i combustibili fossili. E questo richiede una transizione giusta ed equa verso le energie rinnovabili”.

In particolare, il rapporto dell’ONU afferma che il mantenere la possibilità di raggiungere gli obiettivi di temperatura fissati con l’Accordo di Parigi dipende dal rafforzamento significativo della decarbonizzazione in questo decennio. Lo scopo è quello di ridurre il divario fra il livello richiesto delle emissioni e quello effettivo. Inoltre, ciò faciliterà il perseguimento di obiettivi più ambiziosi per il 2035.

“Non c’è persona o economia sul pianeta che non sia stata toccata dal cambiamento climatico – afferma Inger Andersen, direttore esecutivo dell’UNEP –, quindi dobbiamo smettere di stabilire record indesiderati sulle emissioni di gas serra, sulle temperature elevate globali e sulle condizioni meteorologiche estreme. I record da stabilire sono altri: sulla riduzione delle emissioni, sulle giuste transizioni verdi e sulla finanza climatica”.

Tre quarti delle emissioni dai Paesi del G20

Riguardo l’andamento delle emissioni, abbiamo sopra riportato quanto accade nel contesto del G20. Ebbene, va detto che le nazioni più ricche del mondo escono con “le ossa rotte” dal rapporto dell’ONU. Ad esempio, i Paesi del G20 sono complessivamente responsabili del 76% delle emissioni globali di gas serra.

Dello stesso tenore il dato che indica come il 10% più ricco della popolazione mondiale è responsabile di quasi la metà delle emissioni climalteranti. Per quanto attiene le nazioni e le macro-aree nazionali che più stanno contribuendo al riscaldamento globale del pianeta, sono Stati Uniti, Cina ed Unione Europea, mentre i Paesi in via di sviluppo pesano appena per il 6% nel computo globale delle emissioni di gas serra.

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Leonardo Barbini

Copywriter ed editorialista di Elettricomagazine.it, appassionato di tecnologia. Da anni segue le tematiche della mobilità elettrica, della transizione energetica e della sostenibilità
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