La lotta al cambiamento climatico è una sfida epocale e se si provasse a trasformarla in un’occasione? Enrico Mariutti autore del libro ‘La decarbonizzazione felice‘ pubblicato da edizioni IlSole24Ore punta su una strategia ambientale basata su energie rinnovabili e mobilità del futuro e calata nel contesto economico, sociale e politico italiano.
Per quanto riguarda le rinnovabili, l’autore mette subito in evidenza alcune prospettive: mentre i grandi impianti eolici o fotovoltaici Onshore comportano una lunga serie di problemi, anche di carattere ambientale e soprattutto in un Paese come l’Italia, l’impiego di generatori di piccole dimensioni in ambito urbano – in particolare generatori microeolici – è una soluzione win-win.
Per almeno quattro motivi:
Enrico Mariutti fa notare che, attualmente, al prezzo di mercato, un generatore eolico da 2 kW costa tra i mille e i duemila euro, e arriva a coprire un terzo del fabbisogno elettrico di una famiglia di tre persone. Si tratta di un investimento che si ripaga da solo in tre o quattro anni, lasciando al consumatore 20 anni di autoconsumo gratuito (immaginando di dover continuare a pagare gli oneri di rete). In più, rimarca l’autore, “uno schema di generazione diffusa avrebbe anche un impatto psicologico e culturale tutt’altro che trascurabile: trasformerebbe la transizione energetica da un’odiosa voce in più nella bolletta a un fenomeno tangibile e, soprattutto, Pop”.
Poi, ‘La decarbonizzazione felice’ prova a immaginare anche scenari e prospettive della mobilità Low carbon, che vanno dalle auto ibride a quelle elettriche passando per i motori a idrogeno. Su questo tema, si sbilancia l’autore, “bisogna fare un discorso molto chiaro, che però può risultare politicamente scorretto, divisivo: l’Italia è un Paese che può spendere poco e che ha un gigantesco indotto legato al motore a combustione interna”.
Non solo: “scommettere sulla mobilità elettrica comporta colossali investimenti nell’adeguamento della rete, significa prepararsi a rinunciare a quasi 40 miliardi di euro l’anno di accise, e rischia di causare un deserto occupazionale in molti distretti produttivi, dato che ai pesantissimi contraccolpi per l’industria dell’Automotive si sommerebbero quelli per il commercio e la distribuzione dei combustibili”. Come dire, cambiare troppo e troppo in fretta in realtà non conviene.
Al contrario, puntare su una transizione graduale che passi per i motori ibridi prima di un’eventuale evoluzione strutturale del settore dei trasporti, che sia il motore elettrico o quello a idrogeno, richiederebbe uno sforzo finanziario contenuto e contribuirebbe al rilancio dell’economia nazionale.
Oltretutto, dato che l’impatto ambientale della mobilità elettrica è strettamente correlato all’intensità carbonica del settore energetico (quanta CO2 viene emessa per ogni unità di energia prodotta), almeno per i prossimi 20 anni il bilancio carbonico della mobilità ibrida e di quella elettrica sarebbe pressoché analogo.
Inoltre, non va dimenticato che, anche se l’Europa decidesse di procedere in una rapida transizione verso la mobilità elettrica, gran parte del resto del mondo rimarrebbe saldamente ancorato al motore a combustione interna. In particolare, è impensabile immaginare che i Paesi in via di sviluppo, gli unici mercati dove la domanda di veicoli cresce vertiginosamente, mettano in cantiere piani d’investimento per l’adeguamento infrastrutturale necessario allo sviluppo della mobilità elettrica.
“Con tutta probabilità”, prevede quindi Mariutti, “le auto elettriche rimarranno una componente di minoranza del mercato automobilistico mondiale ancora per decenni. Un segmento di mercato, tra l’altro, ad alta intensità di capitale, a bassa intensità di lavoro, e dove la concorrenza per la leadership industriale è già molto accanita. In compenso, i crescenti costi sociali legati all’inquinamento spingeranno necessariamente molti Paesi a sostenere la mobilità Low carbon, aprendo nuove opportunità per i veicoli ibridi”.
Incentivare lo sviluppo della mobilità ibrida, perciò, può essere una strategia lungimirante per rafforzare le prospettive del settore italiano dell’Automotive e per preservare l’occupazione, oltre che una soluzione efficace per ridurre rapidamente le emissioni di anidride carbonica e di sostanze inquinanti legate al settore dei trasporti.