L’inflazione diventa un problema anche per le fonti rinnovabili

Un report di BloombergNEF segnala il forte incremento dei costi (anche dovuti all’inflazione) per le installazioni eoliche e fotovoltaiche. Ciò nonostante, aumenta la convenienza rispetto all’uso dei combustibili fossili
Le installazioni di fotovoltaico subiscono inflazione

Fra i molti mostri risvegliati dal terribile conflitto in Ucraina ce n’è uno, prettamente economico, che sta imperversando a tutte le latitudini con conseguenze già adesso pesanti e potenzialmente devastanti se non si troverà il modo di placarlo nei prossimi mesi. Stiamo parlando dell’inflazione fuori controllo, il cui effetto si sta facendo sentire anche nel mondo delle rinnovabili.

A lanciare l’allarme è un recente report di BloombergNEF (BNEF) nel quale si segnala, fra l’altro, che il costo dell’eolico onshore di nuova costruzione è aumentato del 7% su base annua, mentre per il solare ad asse fisso l’incremento del costo è stato addirittura del 14%. Un’impennata dei prezzi dovuta soprattutto all’aumento del costo dei materiali, del trasporto, del carburante e della manodopera.

Per analizzare la situazione, gli esperti di Bloomberg hanno innanzitutto rilevato l’andamento del loro benchmark globale per l’elettricità, ovvero l’indice LCOE (acronimo di Levelized Cost Of Electricity). Ebbene, le stime relative al LCOE globale per il fotovoltaico su scala industriale e l’eolico onshore indicano una risalita rispettivamente a 45 e 46 dollari per megawattora (MWh) nella prima metà del 2022.

installazioni fotovoltaiche e eoliche più convenienti delle fonti fossili - BNEF

Enorme riduzione dei costi sul 2010

Si tratta di valori che si avvicinano a quelli precedenti la pandemia, considerando che l’impatto del virus aveva invece generato una leggera discesa degli LCOE relativi a fotovoltaico ed eolico. Nonostante la risalita, appunto legata al forte aumento dell’inflazione, i due benchmark segnano sempre una forte riduzione rispetto al 2010, rispettivamente dell’86% per il solare ad asse fisso e del 46% per l’eolico onshore.

Dati che poi vanno ovviamente scomposti per aree geografiche, come opportunamente evidenziato nel report: “I benchmark globali nascondono una serie di stime a livello nazionale che variano in base alla maturità del mercato, alla disponibilità delle risorse, alle caratteristiche dei progetti, alle condizioni di finanziamento locali e al costo del lavoro”.

In particolare, il rapporto segnala che i progetti di energia rinnovabile più economici nella prima metà del 2022 sono stati in grado di raggiungere un LCOE di 19 dollari per megawattora, nel caso dei migliori parchi eolici onshore del Brasile, e di 21 dollari per gli impianti fotovoltaici in Cile. Per quanto attiene l’eolico offshore, l’esempio di realizzazione più economica arriva dalla Danimarca con un costo di 57 dollari per megawattora, che però escludendo gli oneri di trasmissione scende a 43 dollari.

l’indice LCOE (acronimo di Levelized Cost Of Electricity)

Aumenta il divario con il fossile

In generale, nonostante l’aumento dei costi delle energie rinnovabili, il divario rispetto alla produzione di energia da combustibili fossili continua ad allargarsi positivamente a causa dell’aumento ancora più rapido dei prezzi del petrolio e del carbone. Infatti, il LCOE dei progetti eolici e solari onshore di nuova costruzione risulta adesso inferiore di circa il 40% rispetto ai benchmark globali di BNEF relativi ai nuovi progetti per produrre energia con il ricorso a carbone e gas, quest’ultimi con oneri, rispettivamente, di 74 e 81 dollari per megawattora.

Ma il divaricarsi della forbice di convenienza rispetto ai combustibili fossili non cancella una situazione che per le rinnovabili si è fatta sempre più complicata, con il boom dell’inflazione che rappresenta soltanto il più recente degli eventi avversi. “Mentre la domanda di tecnologie a basse emissioni di carbonio nel settore energetico è rimbalzata fortemente nella seconda metà del 2021 – si legge nel report -, l’offerta ha faticato a tenere il passo”.

Ed ancora: “Le catene di approvvigionamento globali sono state indebolite da rinvii degli investimenti, licenziamenti del personale e lockdown. I flussi commerciali sono stati interrotti da difficoltà nella logistica e nei trasporti, barriere commerciali e il complicarsi delle relazioni internazionali in seguito all’invasione russa dell’Ucraina”.

Cauto ottimismo nonostante l’inflazione

Un periodo difficile che però non dovrebbe alterare lo sviluppo delle rinnovabili nel medio-lungo termine. “Questi aumenti dei costi – spiega Amar Vasdev, coautore del rapporto di BNEF – segnano un momento difficile per le energie rinnovabili, ma non un punto di svolta. Vediamo un ritorno alle traiettorie di declino dei costi tecnologici a lungo termine poiché la domanda continua a essere forte, le pressioni sulla catena di approvvigionamento si allentano e la capacità di produzione, in particolare in Cina, si sta riprendendo”.

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Marco Ventimiglia

Giornalista professionista ed esperto di tecnologia. Da molti anni redattore economico e finanziario de l'Unità, ha curato il Canale Tecnologia sul sito de l'Unità
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