E se fosse soltanto una colossale nuvola di fumo dietro la quale si cela un piccolissimo arrosto? Di fronte ai mesi di frenetici annunci di nuovi dazi commerciali da parte di Donald Trump, spesso seguiti da frettolosi negoziati e parziali retromarcie sull’ammontare dei dazi stessi, si sta facendo strada la tesi che una volta placata la bufera la sostanza sarà quella di rapporti commerciali internazionali non troppo distanti dal precedente status quo.
Non la pensano così gli analisti di Wood Mackenzie, autori di un recente rapporto dedicato al settore energetico americano, nel quale si spiega che le recenti politiche tariffarie negli Stati Uniti sono destinate ad aumentare i costi delle tecnologie di produzione, con l’aumento maggiore che riguarderà l’accumulo di energia, a causa della sua dipendenza dalle importazioni cinesi.
Lo studio, dal titolo “All aboard the tariff coaster: implications for the US power industry”, evidenzia il clima di grande incertezza creato dall’introduzione dei dazi, con un’elevata probabilità che l’attività di sviluppo nel mercato energetico statunitense finisca con il rallentare.
“In un’azienda con cicli di pianificazione da 5 a 10 anni – spiega Chris Seiple, vicepresidente del settore Energia e Rinnovabili di Wood Mackenzie –, non sapere quanto costerà un progetto l’anno prossimo o quello dopo ancora è destabilizzante e causa un’enorme incertezza per gli operatori del settore energetico statunitense”.
Come conseguenza di questa situazione, prosegue Seiple, “potremmo assistere a potenziali ritardi nello sviluppo dei progetti e a un aumento dei prezzi dei contratti di acquisto di energia (PPA). Vedremo sicuramente ripercussioni sui progetti di investimento del settore energetico. La gravità dipenderà dagli scenari che si presenteranno”.
Wood Mackenzie ha quindi utilizzato uno strumento, il calcolatore tariffario “P&R Supply Chain Cost Hub”, per stimare l’impatto dei dazi sui costi dei progetti di investimento nel settore energetico. Nel dettaglio, gli effetti dei dazi vengono valutati utilizzando diversi input, tra cui la ripartizione dei costi di progetto e delle attrezzature, nonché i dati sulle importazioni statunitensi.
Ed ancora. L’analisi contenuta nel rapporto ha preso in esame due scenari:
1) Tensioni commerciali: entro la fine del 2026 l’aliquota tariffaria effettiva degli Stati Uniti si attesterà al 10%, con un dazio del 34% sulla Cina.
2) Guerra commerciale: gli Stati Uniti mantengono una politica tariffaria aggressiva e implementano tariffe reciproche che comportano un’aliquota tariffaria effettiva complessiva del 30% fino al 2030.
Sulla base di questi due scenari, Wood Mackenzie stima che la maggior parte delle tecnologie subirà un aumento dei costi compreso tra il 6% e l’11%, con l’eccezione negativa rappresentata dall’accumulo su scala industriale. Il perché è presto detto. Occorre infatti tener conto che nel 2024 quasi tutte le celle delle batterie utilizzate nei progetti di accumulo su scala industriale negli Stati Uniti provenivano dalla Cina.
“Considerando la combinazione di dazi elevati sulla Cina e la dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni dalla Cina – si legge nel rapporto –, il P&R Supply Chain Cost Hub di Wood Mackenzie stima che gli aumenti dei costi potrebbero variare dal 12% a oltre il 50% per i progetti di accumulo su scala industriale, a seconda dello scenario tariffario”.
A complicare la situazione americana nel settore dell’accumulo, c’è il fatto il mercato manifatturiero statunitense non sarà in grado di soddisfare in modo autonomo la domanda in tempi brevi. “Sebbene la capacità produttiva di celle per batterie negli Stati Uniti sia in espansione, non lo è a un ritmo sufficientemente rapido da soddisfare anche solo una piccola parte dei progetti di batterie negli Stati Uniti”.
In particolare, la stima contenuta nel rapporto di Wood Mackenzie indica che quest’anno la capacità produttiva statunitense è sufficiente a soddisfare soltanto il 6% della domanda di sistemi d’accumulo su scala industriale e che entro il 2030 la produzione nazionale potrebbe potenzialmente soddisfare non oltre il 40% della domanda.
Un altro effetto dei dazi indicato nel report sarà l’aumento significativo dei costi del mercato solare statunitense. “Le tariffe in vigore sui moduli solari, insieme a una politica di trasmissione inefficiente che aggrava i costi di interconnessione, hanno fatto sì che i costi di costruzione degli impianti solari fossero più elevati negli Stati Uniti rispetto alla maggior parte degli altri mercati. Un aumento dei livelli tariffari non farà che peggiorare questo sovrapprezzo che i consumatori di energia statunitensi devono pagare per accedere alle energie rinnovabili”.
Nello scenario di tensioni commerciali di Wood Mackenzie, il costo di un impianto solare su larga scala negli Stati Uniti sarà più caro del 54% rispetto a quello in Europa, addirittura dell’85% rispetto a un impianto cinese. “La nostra analisi – conclude Seiple – dimostra che le attuali politiche commerciali stanno creando sfide significative per il settore energetico statunitense. Sebbene l’impatto rimanga incerto, è chiaro che gli operatori devono prepararsi a maggiori costi e possibili interruzioni delle loro catene di approvvigionamento”.