Decarbonizzazione e patrimonio culturale: le tegole fotovoltaiche di nuova generazione potrebbero trasformare gli edifici storici in risorse – non più ostacoli – per la transizione e la digitalizzazione delle città. Lo dimostrano le soluzioni sperimentali adottate nel parco archeologico di Pompei e nella città di Évora, in Portogallo.
Due esempi di efficientamento energetico di beni artistici ed edifici vincolati che parlano italiano, con i moduli invisibili brevettati dall’azienda Dyaqua. E si preparano a concretizzare una nuova forma di dialogo tra storia, sostenibilità e progresso tecnologico.
Partiamo dal caso di Pompei. Il focus rinnovabile, in questo caso, si rivolge ai pannelli solari invisibili installati sulla Casa di Cerere, su un thermopolium e sulla Casa dei Vettii. I visitatori del sito campano possono tranquillamente scambiare questi moduli per tegole di terracotta usate dai Romani. Proprio qui, si produce l‘elettricità necessaria per illuminare gli affreschi.
In che modo? Le soluzioni fotovoltaiche sono frutto del know-how di Dyaqua, impresa familiare e artigiana che ha brevettato questa tecnologia invisibile. Già riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBACT) come soluzione per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale. Sul fronte tecnologico, l’impianto si basa sul principio della bassa densità molecolare. Ciascun modulo, infatti, è formato con un composto polimerico atossico e riciclabile, appositamente lavorato per incentivare l’assorbimento dei fotoni. All’interno, trovano spazio delle normali celle di silicio monocristallino. La superficie risulta opaca alla vista e trasparente per i raggi solari, permettendo alla luce di alimentare le celle.
Spostandoci all’estero, nei prossimi mesi le tegole fotovoltaiche copriranno i tetti di alcuni edifici pubblici a Spalato, in Croazia, e a Évora, in Portogallo. Insieme ad Alkmaar, nei Paesi Bassi, la città portoghese è tra i siti dimostrativi del progetto europeo Pocityf. Tra i partner tecnici di questa iniziativa, un’altra azienda italiana: Tegola Canadese del Gruppo IWIS.
“L’obiettivo è aiutare le città storiche a diventare smart – racconta Marcello Bardellini, Project Manager di Pocytif, parte del team di Icons, organizzazione che guida le attività di comunicazione del progetto -. Partendo da due città faro, Alkmaar ed Evora, si replicheranno le azioni in sei Fellow City europee. Gli interventi vogliono fornire un impatto a lungo termine sulla qualità della vita dei cittadini, agendo sulla flessibilità delle aree urbane per unire mobilità elettrica e tecnologie ICT a una pianificazione partecipata”. Una volta dimostrato il successo, soluzioni come le tegole fotovoltaiche saranno dunque testate anche a Bari (Italia), Ioannina (Grecia), Granada (Spagna), Celje (Slovenia), Hvidovre (Danimarca) e Újpest (Ungheria).
Interessante, nello specifico, il progetto su misura per l’autosufficienza energetica di Évora. Poiché la città portoghese non è pianeggiante, i tetti degli edifici sono ben visibili da diversi punti del suo perimetro. La maggior parte delle coperture è rossa o in terracotta: per non danneggiare il patrimonio architettonico locale, era dunque fondamentale trovare una soluzione invisibile.
L’unica via per mascherare i classici pannelli solari di colore scuro sarebbe stata quella di dipingerli, a discapito però delle prestazioni energetiche. Così, Tegola Canadese ha chiamato Dyaqua: l’azienda ha preso in carico la copertura fotovoltaica di un palazzetto dello sport, un centro scientifico e due parcheggi, facendo leva sulla tecnologia Tegosolar. Altri modelli di tegole fotovoltaiche andranno ad alimentare invece la produzione green del Municipio di Évora.