Raffrescamento: -60% di emissioni con l’efficientamento

Lo studio ‘Global cooling watch, Keeping it Chill: How to meet cooling demands while cutting emissions’ evidenzia gli ambiti di intervento per rendere il raffrescamento più sostenibile
studio Global cooling watch su raffrescamento e riduzione delle emissioni

La transizione ecologica è un percorso virtuoso di ampio respiro, che coinvolge diversi settori e diverse tecnologie con l’obiettivo comune di ridurne al minimo l’impatto ambientale. Uno dei comparti che può dare un contributo importante a questo processo è sicuramente quello del raffrescamento che attualmente rappresenta il 20% del consumo totale di elettricità e che potrebbe arrivare, secondo le previsioni, a raddoppiare questo valore entro il 2050. Un trend, quest’ultimo, che causerebbe inoltre a un aumento rilevante delle emissioni di gas serra e delle perdite di gas refrigeranti.

È questa la fotografia scattata dallo studio ‘Global cooling watch, Keeping it Chill: How to meet cooling demands while cutting emissions’ pubblicato dal Programma delle Nazioni unite per l’ambiente, Unep.

Riduzione del 60% delle emissioni e bollette più basse

Il report sottolinea inoltre come la messa in atto di misure volte a ridurre i consumi degli impianti di raffrescamento permetterebbe di ottenere un calo del 60% delle emissioni causate dal comparto, pari a circa 3,8 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti. Il tutto garantendo un risparmio economico in bolletta pari a 17 miliardi di dollari nel periodo compreso tra il 2022 e il 2050.

Un approccio efficace all’efficientamento dei consumi energetici del settore permetterebbe inoltre un miglioramento dell’accesso all’energia e una gestione più efficace della domanda energetica in continua crescita. Un tema chiave, quest’ultimo, alla luce delle criticità generate da fenomeni come il cambiamento climatico e il continuo aumento della popolazione e dell’urbanizzazione.
Basti pensare che tra Africa e Asia circa 1,2 miliardi di persone non hanno un accesso adeguato ai servizi di raffrescamento. Questa situazione ha tutta una serie di effetti negativi a cascata tra cui, ad esempio, danni per le attività agricole che devono gestire perdite e sprechi alimentari.

I tre ambiti di intervento per efficientare il raffrescamento

Ma, nello specifico, in quali ambiti bisogna agire in modo prioritario per imprimere un’accelerazione al processo di decarbonizzazione del comparto del raffrescamento?
Secondo lo studio è necessario puntare su:

  • raffreddamento passivo,
  • standard di efficienza energetica più sfidanti,
  • una più rapida eliminazione dei gas refrigeranti inquinanti.

Entrando più in dettaglio, con il raffreddamento passivo – che comprende ad esempio isolamento, ombreggiatura e ventilazione naturale – si potrebbe far calare la domanda di energia del settore del 24% entro il 2050. Il tutto riducendo le emissioni di circa 1,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti.

Sul fronte efficienza energetica, invece la priorità è fondamentale abbinare a standard di efficienza più elevati una migliore etichettatura delle apparecchiature. In questo modo, secondo le previsioni, si potrebbe arrivare a triplicare l’efficienza media su scala mondiale.

Infine, in tema di utilizzo di refrigeranti gassosi, la sfida è – così come previsto dall’emendamento di Kigali al Protocollo di Montreal – arrivare a ridurli in modo importante per dimezzare le emissioni entro il 2050.

Pompe di calore, appello del settore per accelerare attuazione del piano UE

Fin qui il report dell’Unep che traccia un quadro del settore. Un comparto in cui tra le tecnologie a maggior potenziale per il percorso virtuoso di decarbonizzazione si possono citare sicuramente le pompe di calore, che l’Ue sta promuovendo anche grazie a un piano d’azione dedicato.

Proprio in merito all’attuazione di questo piano, a inizio febbraio gli operatori del settore hanno fatto sentire la loro voce per segnalare l’importanza di procedere in tempi rapidi all’attuazione del documento. Oltre 60 amministratori delegati del comparto delle pompe di calore hanno infatti sottolineato, in una lettera alla presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, le potenziali conseguenze sul piano economico e occupazionale di un ritardo nel concretizzare l’iter legato al piano.

Nello specifico è stato evidenziato come qualsiasi ritardo avrebbe dei risvolti negativi sugli investimenti previsti al momento, pari a circa 7 miliardi di euro nel periodo 2022-2025. Risorse destinate a promuovere la crescita e l’innovazione di un comparto industriale chiave per la transizione ecologica europea che può contare attualmente oltre 160.000 posti di lavoro in Europa.

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Monica Giambersio

Giornalista professionista e videomaker. Da anni si occupa di energia e transizione ecologica
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