Varato ufficialmente tre anni fa, si è capito ormai da tempo che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è una sorta di creatura cangiante, le cui mutazioni avvengono a causa di diversi fattori, in primis le continue “osservazioni” dell’Unione Europea – da cui proviene la stragrande maggioranza dei fondi che lo alimentano – sulla reale fattibilità dei progetti in esso inseriti.
Gli ultimi significativi cambiamenti al PNRR sono stati varati in un recente Consiglio dei ministri nel cui ordine del giorno figuravano, appunto, le “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. A concretizzarsi è stato un decreto-legge che fra le altre cose regolamenta e finanzia, all’interno del PNRR, una strategia più specifica.
Stiamo parlando del Piano Transizione 5.0, ovvero un programma rivolto a promuovere la digitalizzazione e decarbonizzazione delle imprese. Il suo funzionamento prevede l’incentivazione finanziaria degli investimenti privati in beni e attività dedicati a questi due comparti assolutamente strategici per l’evoluzione del nostro Paese.
Il Piano Transizione 5.0, come precisa il comunicato del ministero delle Imprese e del Made in Italy, prevede risorse pari a 6,3 miliardi di euro, che si aggiungono ai 6,4 miliardi già previsti dalla legge di Bilancio, per un totale di circa 13 miliardi disponibili nel biennio 2024-2025 appunto a favore della transizione digitale e green delle imprese italiane.
Il proposito dichiarato dal ministero è quello di impegnarsi “a sostenere attivamente le imprese italiane nella transizione verso un’economia più sostenibile, favorendo l’innovazione, la competitività e la creazione di valore nel contesto europeo e globale”.
Si diceva del meccanismo di incentivazione previsto dal Piano Transizione 5.0 e disciplinato dal decreto-legge. Alle aziende che investiranno nella digitalizzazione e decarbonizzazione verrà concesso un credito d’imposta automatico, “senza alcuna valutazione preliminare, senza discriminazioni legate alle dimensioni dell’impresa, al settore di attività o alla sua localizzazione”.
In particolare, il ministero precisa che “saranno agevolati gli investimenti in beni materiali e immateriali, purché si raggiunga una riduzione dei consumi energetici dell’unità produttiva pari almeno al 3% (o al 5% se calcolata sul processo interessato dall’investimento)”.
“Il Piano Transizione 5.0 – ha affermato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso – è un’architrave della nostra politica industriale, per consentire alle nostre imprese di innovarsi per vincere la sfida della duplice transizione digitale e green, nei due anni decisivi 2024/2025, quelli in cui si ridisegnano gli assetti geoeconomici”.
Ed ancora, il responsabile del dicastero ha sottolineato come “oltre agli investimenti in beni strumentali, la misura è orientata anche alla formazione dei lavoratori, perché le competenze sono il fattore che fa la differenza soprattutto per il nostro Made in Italy”.
Tornando ai contenuti del Piano Transizione 5.0, viene precisato che “saranno ammessi anche investimenti in nuovi beni strumentali necessari all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili e spese per la formazione del personale dipendente finalizzate all’acquisizione o al consolidamento di competenze nelle tecnologie per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi”.
In relazione al credito d’imposta, è riconosciuto nella misura del 35% del costo per investimenti fino a 2,5 milioni di euro. Scende invece al 15% del costo per investimenti compresi fra 2,5 milioni e 10 milioni. Infine è pari al 5% del costo per investimenti delle imprese oltre i 10 milioni e fino al limite massimo di 50 milioni per anno.
Nello specifico, per quanto attiene l’installazione di moduli fotovoltaici, l’incentivo viene comprensibilmente limitato ai soli pannelli che vengono prodotti negli Stati membri dell’Unione europea. Inoltre, i moduli in questione devono avere un’efficienza pari ad almeno il 21,5% (almeno il 23,5% facendo invece riferimento all’efficienza di cella). Inoltre, è prevista una maggiorazione pari a:
Infine, per quanto riguarda le modalità di fruizione, la compensazione del credito spettante si ottiene presentando il modello F24 in un’unica rata. Prevista anche una forma di tutela delle imprese in quanto l’eventuale eccedenza che non viene compensata entro il 31 dicembre 2025 sarà comunque compensabile in 5 rate annuali di pari importo.