La Commissione Europea ha pubblicato, dopo alcuni mesi di attesa, la Roadmap per porre fine alle importazioni di energia russa, che punta alla sicurezza energetica dell’Europa, alla sua capacità di diversificare le fonti e dall’attuazione della transizione energetica, oltre dalla capacità di efficientamento delle risorse.
La tabella di marcia prevede la graduale eliminazione del petrolio, del gas e dell’energia nucleare russi dai mercati dell’UE, in modo coordinato e sicuro, parallelamente alla transizione dell’UE “verso l’energia pulita”. Comporta alcuni passaggi. Uno di questi contempla, entro la fine del 2025, la preparazione di piani nazionali che definiranno arrivare allo stop dell’import. Allo stesso tempo, continueranno gli sforzi per accelerare il passaggio alle fonti energetiche rinnovabili dell’UE e per diversificare l’approvvigionamento energetico.
La tabella di marcia prevede il blocco di tutte le importazioni di gas russo entro la fine del 2027, migliorando la trasparenza, il monitoraggio e la tracciabilità del gas russo nei mercati dell’UE. Saranno vietati nuovi contratti con i fornitori di gas russo e i contratti spot (con pagamento immediato) saranno sospesi entro la fine del 2025.
Partiamo dalla progressiva diffusione delle energie rinnovabili: fotovoltaico, eolico & C, insieme agli interventi di risparmio energetico hanno consentito una riduzione di oltre 60 miliardi di metri cubi all’anno nelle importazioni di gas tra il 2022 e il 2024, ricorda la Commissione UE. Sono gli effetti tangibili del piano REPowerEU.
Tuttavia c’è ancora molto da fare se – come si legge nello stesso documento – nel 2024 l’Unione Europea ha importato ancora 52 miliardi di metri cubi di gas russo (tramite gasdotto e GNL), ovvero circa il 19% delle importazioni totali di gas dell’UE, nonché 13 milioni di tonnellate di petrolio greggio e oltre 2800 tonnellate di uranio in forma arricchita o combustibile.
La domanda è: si riuscirà davvero a tagliare i ponti con l’import dalla Russia?
Prima di motivare i dubbi, partiamo dalla Roadmap e dalla necessità di attuare una cesura dalla dipendenza dal gas russo, nonché dal petrolio e dal nucleare. La riduzione della dipendenza dai combustibili fossili rafforzerà ulteriormente la sicurezza energetica dell’UE, in linea con l’obiettivo di neutralità climatica che si persegue al 2050.
Cosa serve per raggiungere questi obiettivi? Una combinazione virtuosa tra la diffusione delle energie rinnovabili, compresi i gas rinnovabili (biogas, biometano, idrogeno verde e metano sintetico), un’ulteriore elettrificazione dei consumi, l’efficienza energetica e le fonti di approvvigionamento alternative. “L’eliminazione graduale dei combustibili russi contribuirà al raggiungimento degli obiettivi del Clean Industrial Deal e del Piano d’azione per un’energia accessibile”, evidenzia la stessa Commissione Europea.
Il passaggio dai fossili all’energia da fonti rinnovabili è il vero fulcro per rendere concreto l’obiettivo dell’UE. Lo riporta la stessa Roadmap, prevedendo che la piena attuazione della transizione energetica e il recente Piano d’azione per un’energia accessibile sostituiranno fino a 100 miliardi di metri cubi di gas naturale entro il 2030. Ciò corrisponde a un risparmio per l’UE di oltre 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ovvero a un’ulteriore riduzione della domanda di gas di 40-50 miliardi di metri cubi entro il 2027, che faciliterà anche l’eliminazione graduale dell’import di gas russo.
“Grazie all’azione coordinata tra la Commissione e gli Stati membri e al rafforzamento della diplomazia energetica dell’UE con i partner internazionali, le importazioni di gas dalla Russia sono diminuite dal 45% nel 2021 al 19% nel 2024”. Queste importazioni sono state sostituite da forniture provenienti da fonti più affidabili, energia prodotta internamente, e sono state rese possibili grazie alla riduzione dei consumi.
Le proiezioni indicano un ulteriore calo al 13% nel 2025 con la fine del transito attraverso l’Ucraina. Anche la quota delle importazioni di petrolio russo si è ridotta dal 27% all’inizio del 2022 al 3% attuale. Nonostante i progressi significativi, le forniture russe di gas, petrolio e nucleare continuano a far parte del mix energetico dell’UE, ponendo rischi per la sicurezza energetica ed economica e consentendo il sostegno finanziario all’economia di guerra russa. Da qui la necessità di ridurre ulteriormente l’import e la dipendenza dall’energia via Mosca.
Le azioni presentate in questa tabella di marcia dovrebbero essere attuate a livello UE e in modo coordinato, rileva il documento della Commissione UE, elencando le azioni necessarie perché si riesca nell’obiettivo.
Innanzitutto, serve piena trasparenza, nonché azioni di monitoraggio e tracciabilità. A oggi, infatti, non esiste un quadro UE coerente in materia sulle importazioni di gas russo nell’UE.
Servono poi piani nazionali a sostegno dell’azione dell’UE per eliminare gradualmente il combustibile da Mosca. La Commissione intende proporre una legislazione che obblighi gli Stati membri a pianificare e monitorare questa eliminazione.
Come terza azione, comprendendo che non sia così facile togliere il combustibile fossile russo, si punta a proporre misure legali per l’effettiva, graduale eliminazione. La Commissione intende garantire che le misure finalizzate allo scopo siano concepite in modo da ridurre al minimo l’impatto economico sugli attori del mercato e “siano pienamente conformi al diritto dell’UE e agli obblighi derivanti dal diritto internazionale”. Si dovranno cercare fornitori alternativi, come la Norvegia, i paesi partner in Medio Oriente e l’Africa settentrionale. In parallelo, sarà necessario aumentare la produzione in UE di biogas, biometano, idrogeno verde.
Oltre al gas, si vogliono mettere in atto piani nazionali per l’eliminazione graduale del petrolio russo e garantire forniture alternative.
Altre azioni della Roadmap riguardano il nucleare russo. Per questo l’UE intende attuare nuove restrizioni per eliminare gradualmente le importazioni russe di uranio, uranio arricchito e altri materiali nucleari, oltre a individuare fornitori alternativi. Anche in questo caso, è fondamentale per la sicurezza energetica UE, e non certo facile. Tutt’altro. Rispetto al gas, le dipendenze nel settore nucleare “sono molteplici” e “potrebbero ancora sorgere rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento nel breve e medio termine”.
Torniamo alla domanda iniziale si riuscirà davvero a “tagliare i ponti energetici” con la Russia? Sono diversi i timori che si pongono sulla strada verso la sicurezza energetica UE.
Innanzitutto, ci sono Paesi che più degli altri sono dipendenti dal gas russo. Successivamente all’uscita della Roadmap, il CSD (Center for Study of Democracy) ha pubblicato uno studio sul phase out da petrolio e gas russi nell’Europa centrale, mettendo in risalto il caso dell’Ungheria e della Slovacchia. La loro dipendenza dall’import dei combustibili fossili russi avrebbe indebolito le sanzioni dell’UE e rafforzato la potenza economica e militare della Russia.
“Nonostante le esenzioni dell’UE che consentono a questi paesi di mantenere le importazioni di petrolio russo, che hanno generato 5,4 miliardi di euro di entrate fiscali per il Cremlino, sono stati compiuti scarsi sforzi per svincolarsi dalle fonti energetiche russe”, scrive il CSD. Questa situazione ha portato a un aumento di volumi di greggio russo “di quasi il 50% dal 2021”. Inoltre, l’espansione del gasdotto TurkStream avrebbe trasformato l’Ungheria in un hub strategico del gas sostenuto dal Cremlino.
La posizione dell’Ungheria e della Slovacchia trovano conferme anche nell’analisi di Bruegel, che ha ampliato lo sguardo anche alla dipendenza dal nucleare russo.
Ember, lo scorso marzo, ha messo in evidenza che le importazioni di gas russo sono addirittura aumentate nel 2024 (del 18%), nonostante il piano di eliminazione graduale nel 2027.
I prezzi del gas nell’UE sono aumentati del 59% lo scorso anno, determinando un aumento dei prezzi dell’energia elettrica.
Inoltre, gli Stati membri dell’UE stanno investendo “in modo massiccio” nelle infrastrutture del gas, nonostante la stagnazione della domanda. Entro il 2030, una parte significativa di tale capacità potrebbe essere sottoutilizzata, distogliendo risorse finanziarie da investimenti a lungo termine come le energie rinnovabili e le misure di efficienza energetica.
C’è poi una notizia riportata da Reuters in questi giorni secondo cui funzionari di Washington e Mosca avrebbero discusso della possibilità che gli Stati Uniti contribuiscano a rilanciare le vendite di gas russo al continente europeo.
Vogliamo aggiungere al dibattito anche l’uscita di Roberto Vannacci (divenuto uno dei quattro vice segretari della Lega) sulla proposta di un «ritorno al gas russo a basso costo per sostenere la competitività delle nostre imprese».
Intervenuto al XVIII summit della Fondazione Cotec, Mario Draghi ha parlato anche di energia e della questione annosa della dipendenza UE dall’import di gas dalla Russia, che hanno continuato a crescere, “anche dopo l’invasione della Crimea, e ben dopo che l’ostilità di Putin verso l’Occidente e l’UE era stata ampiamente dichiarata”.
La conseguente interruzione, decisa a seguito dell’invasione dell’Ucraina, è stato un duro contraccolpo, e ora “stiamo cercando di accelerare la transizione verso le energie rinnovabili per rafforzare la nostra indipendenza energetica. Ma questo richiede una trasformazione radicale del nostro sistema energetico che non siamo stati in grado di realizzare”.
Ecco allora cosa c’è bisogno: innanzitutto, serve un ampio piano di investimenti a livello europeo per costruire le reti e gli interconnettori necessari a rendere una rete basata sulle energie rinnovabili adeguata alla transizione energetica auspicata. Inoltre, è necessario riformare il funzionamento del nostro mercato energetico, allentando il legame tra i prezzi del gas e quelli delle energie rinnovabili. Come terzo punto, ha evidenziato la necessità di essere pronti a utilizzare tutte le possibili fonti di energia pulita e a una neutralità nei confronti delle nuove soluzioni energetiche.