“Nonostante le criticità, tra normative inadeguate, lentezze burocratiche e opposizioni dei territori, i progetti rinnovabili in Italia continuano a crescere. Seppur, rispetto agli obiettivi 2030, non nei numeri sperati. Viste le condizioni che si sono venute a creare nel nostro Paese, questo è comunque un elemento positivo da cui ripartire”. Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, introduce il quarto rapporto “Scacco matto alle rinnovabili 2025” lanciando la sfida di un bicchiere da riempire senza indugi, comunque non vuoto, con luci e ombre su cui riflettere e agire.
Presentato in occasione di KEY – The Energy Transition Expo, lo studio fotografa numeri in crescita circa lo sviluppo delle rinnovabili, ma non abbastanza per stare nei target fissati dall’Ue e dal recente Decreto Aree Idonee. Analizzando i progetti presenti al 2024 sul portale del Mase (Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica), si nota una vivacità importante. Parliamo infatti di 1.729 progetti rinnovabili alle diverse fasi dell’iter autorizzativo e di 570 nuove richieste. Segnali di fermento da mettere a terra nel breve termine e con tutti i mezzi possibili. Intervenendo su ritardi, sviluppo delle aree idonee e ostacoli innescati su vari fronti.
Nonostante i risultati parzialmente positivi dell’ultimo periodo – 17.717 MW installati tra 2021 e 2024 e media annuale di 4.429 MW – l’Italia rischia infatti di non centrare l’obiettivo di 80.001 MW di nuova potenza al 2030. Anzi, di questo passo lo raggiungerebbe con otto anni di ritardo nel 2038. I dati ci dicono che, nel 2024, siamo ancora fermi al 22% del target. Mancano all’appello 62.284 MW da realizzare nei prossimi sei anni, praticamente 10.380,6 MW all’anno. La strada è in salita, sia a livello nazionale sia a livello regionale e comunale.
Netta, in tal senso, la posizione del presidente di Legambiente Stefano Ciafani. “I principali ostacoli non tecnologici sono gli iter autorizzativi lenti, per l’ostracismo del Ministero della Cultura e l’inazione delle regioni, nonché i decreti ministeriali sbagliati e ideologici. Inoltre, le politiche miopi del Governo attuale rischiano di renderci ancora più dipendenti dagli speculatori del gas, puntando anche sul ritorno del nucleare, opzione sconfitta dal libero mercato per i suoi costi esorbitanti. Mentre altri ritardi potrebbero accumularsi con le future leggi regionali sulle aree idonee. Per rendere indipendente l’Italia e aiutare nelle bollette famiglie e imprese, occorre accelerare la diffusione dei progetti rinnovabili in Italia”.
Sempre secondo Ciafani, lo sviluppo delle reti e dei sistemi di accumulo, anche in vista del passaggio dal Prezzo Unico Nazionale dell’elettricità a quelli zonali, porteranno vantaggi proprio alle regioni che si dimostreranno virtuose in ottica FER.
Passando al concreto dei dati regionali 2024, Valle d’Aosta, Molise, Calabria, Sardegna e Umbria sono le meno performanti. Anzi, rischiano di registrare ritardi stimati tra i 45 e i 20 anni rispetto all’obiettivo 2030 del Decreto Aree Idonee.
In particolare:
La Sicilia, ottava in classifica, raggiungerà i 10.485 MW con oltre 13 anni di ritardo ed è oggi al 14% del target. Unica regione che potrebbe centrare i suoi 4.757MW è il Lazio, che nel 2024 ha toccato il 39,9% del target. Solo due anni di ritardo, invece, per Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
Altro alert arriva dal numero di progetti in stallo. Dal 2015 al 15 gennaio 2025 ci sono 2.109 progetti avviati a valutazione. Di questi, secondo le elaborazioni di Legambiente sui dati del portale Mase, 115 sono in attesa della determina da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e 85 hanno ricevuto il parere della Commissione Tecnica VIA Pnrr-Pniec, ma attendono quello del Ministero della Cultura (MIC).
1.367 progetti, il 79% del totale, sono invece in fase di istruttoria tecnica da parte del Comitato Pnrr-Pniec. Di questi, 44 risalgono al 2021, 367 al 2022, 505 al 2023 e 451 al 2024. Tra i progetti che avrebbero già dovuto concludere l’iter autorizzativo, spicca il piano di reblading in Campania per la sostituzione delle pale dei 60 aerogeneratori del parco eolico di Lacedonia (AV) e Monteverde (AV). Ad 2020 aveva ottenuto parere favorevole preliminare del MIC sulla compatibilità ambientale. Tuttavia, a quasi cinque anni di distanza, è ancora bloccato all’istruttoria tecnica presso la CTVIA.
La seconda parte del rapporto Scacco matto alle rinnovabili riguarda le storie dei blocchi, legate alle difficoltà delle amministrazioni comunali e regionali. 92 storie totali dal 2022 a oggi, 31 nuove, che vedono sotto attacco principalmente eolico, fotovoltaico e agrivoltaico. Gli ostacoli, in generale, arrivano da Presidenza del Consiglio dei Ministri, Sovrintendenze, Regioni, Comuni, comitati di cittadini e associazioni datoriali.
Fa discutere il caso di un impianto agrivoltaico a Mogliano Veneto (TV). Un progetto ben fatto, già approvato da Regione Veneto, che riceve forti opposizioni da parte del sindaco. In Toscana, a Capalbio e Badia Tedalda, la giunta regionale sembra aver cambiato opinione in negativo dopo il clamore generato da partiti e comitati. Ad Acri (CS) regione e comune calabresi si scontrano sulle aree disponibili per nuovi impianti eolici con pareri opposti. Ci sono infine casi di prolungamento di moratorie (bocciate dalla Corte per incostituzionalità), come Regione Lazio che ha bloccato l’autorizzazione di impianti eolici e fotovoltaici.
Storie di blocchi bipartisan, di conflitti tra maggioranze e opposizioni spesso indipendenti dal credo politico ma “invischiati” nelle problematiche locali. E di una stereotipizzazione delle motivazioni del no ai progetti rinnovabili in Italia molte volte fondata su fake news.
In seguito al Decreto Aree Idonee, del giugno 2024, Legambiente ha anche attivato un nuovo osservatorio per seguire e sollecitare le regioni verso il raggiungimento dei propri obiettivi al 2030. Dall’analisi qualitativa e quantitativa degli impianti, nessuna regione può dire di aver dato fino in fondo il suo contributo.
Solo 9 regioni hanno avviato pubblicamente o approvato l’iter per la definizione delle aree idonee. Nel dettaglio degli iter, Sardegna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo sono “bocciate”. Piemonte, Sicilia e Calabria non classificabili, poiché la proposta non è ancora finalizzata o incompleta. Rimandata la Puglia e promossa la Lombardia, anche se il suo iter non è ancora concluso. Le altre 11 regioni italiane (Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Liguria, Molise, Trentino e Alto-Adige, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto) a oggi non hanno ancora avviato, almeno pubblicamente, il processo di definizione delle aree idonee.
“Il muro che diverse regioni stanno innalzando sul tema aree idonee è preoccupante – commenta Katiuscia Eroe -. Sardegna e Toscana, per fare un esempio, renderanno rispettivamente il 99% e il 70% del territorio non idoneo alla realizzazione degli impianti FER. Il nostro Osservatorio Aree Idonee e Regioni vuole dunque fornire un’analisi dettagliata su quanto sta accadendo, tra iter normativi regionali e ritardi. Vigilando e stimolando le amministrazioni a un maggior coraggio, soprattutto considerando che le rinnovabili e l’efficienza sono risposte concrete ai problemi del Paese”. Gli errori dunque ci sono, anche tra chi sostiene la transizione energetica, ma è fondamentale compiere sforzi comuni per un confronto più sano e non bloccante.
Ecco perché soffermarsi anche sulle storie di chi ce l’ha fatta. Legambiente segnala tre buone pratiche:
Quanto alle Comunità Energetiche Rinnovabili, tassello fondamentale della transizione energetica, si ripartirà a breve con il Premio nazionale CERS 2025. Promosso da Legambiente in collaborazione con Generali, il riconoscimento nasce proprio per sensibilizzare i cittadini e presentare gli impianti già presenti sul territorio.
Uscire dallo stallo, infine, è ancora possibile. Legambiente sottopone ai decision maker ulteriori 10 proposte concrete, riassunte in 3 capisaldi, per accelerare la realizzazione di nuovi progetti.
Le linee d’intervento dovrebbero riguardare:
Senza dimenticare che non si potrà mai fare scacco matto alle rinnovabili senza avviare una rivoluzione culturale. Invitando cittadini, aziende, Pa e mondo politico a guardare questi impianti come occasione di investimento e sviluppo occupazionale per i territori.